Recessione all’orizzonte, il sentiment guiderà i mercati

Agosto è stato finora un mese difficile per gli asset rischiosi. In termini di rendimento totale, l’indice MSCI All Country World è sceso del 4%, mentre l’Emerging Market index del 6%. L’indice Bloomberg Commodity è sceso di quasi il 3% e il Barclays Global High Yield del 2%. Gli asset a copertura hanno fornito una certa sicurezza, con il Barclays Global Aggregate index in crescita del 2%, l’oro del 7% e lo yen giapponese del 3%, mentre il franco svizzero è salito di circa il 2% sull’euro. “Gli investitori sono chiaramente preoccupati per la possibilità di una recessione imminente – commentano gli analisti del Cross Asset Solutions (CAS) team di Unigestion – e, con le banche centrali che difficilmente annunceranno nuove misure nelle prossime settimane, sarà il sentiment a guidare i mercati. Fino a quando questa dinamica non cambierà e vedremo la politica delle banche centrali o i fondamentali macro riaffermarsi, attenderemo”.

Le cattive notizie sono, finalmente, davvero tali?

Per la maggior parte dell’anno, notano gli esperti, gli investitori hanno in gran parte ignorato un quadro macroeconomico in deterioramento, tranquillizzandosi a seguito delle politiche accomodanti della maggioranza delle banche centrali. Le cattive notizie sono diventate buone notizie in quanto sono state rese più chiare le argomentazioni a favore di una politica monetaria più accomodante. Il mese di agosto tuttavia ha visto parte di questa estremamente elevata fiducia nella capacità delle banche centrali di invertire la recessione tornare su livelli più ragionevoli. Una pletora di evidenze indica che il sentiment degli investitori sulle prospettive di crescita globale sta diventando più scettico:
il debito sovrano e quello investment grade delle imprese hanno registrato un ulteriore rialzo, con un ammontare che ora offre rendimenti negativi senza precedenti;
le curve dei rendimenti sovrani si sono ulteriormente appiattite, con le curve di Stati Uniti e Regno Unito che si sono invertite la scorsa settimana;
– sempre la settimana scorsa, il tasso reale a 10 anni negli Stati Uniti è entrato in territorio negativo per la prima volta da quando nel 2016 i mercati finanziari sono stati scossi dalla svalutazione dello yuan;
l’analisi delle componenti principali dei rendimenti cross-asset indica un forte calo della componente primaria di crescita, mentre la seconda componente corrispondente alla politica monetaria è rimasta sostanzialmente invariata;
– a livello globale, le ricerche del termine “recessione” su Google sono salite a livelli mai visti dal picco della crisi dell’eurozona nel 2011.

Quali sono le prospettive di crescita globale?

“Come abbiamo già comunicato in precedenza, la crescita globale è in costante calo dall’inizio del 2018. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una stabilizzazione intorno ai livelli potenziali, ma con importanti divergenze: i Paesi sviluppati hanno registrato un piccolo rimbalzo (trainato soprattutto dagli Stati Uniti), mentre i Paesi emergenti hanno registrato un modesto calo (dovuto soprattutto alla Cina). In genere, l’economia non rimane a lungo ai livelli potenziali, soprattutto dopo un forte deterioramento, in quanto la pressione a supporto dell’espansione porta a stimoli fiscali e/o monetari oppure la tendenza al ribasso è troppo forte e porta alla recessione”, aggiungono gli analisti di Unigestion.

“Oggi c’è una chiara tensione tra l’economia statunitense e il resto del mondo – proseguono – e il percorso futuro dell’economia globale dipenderà da come questa verrà risolta. I nostri Nowcaster – che incorporano centinaia di serie di dati economici – indicano che la crescita negli Stati Uniti è, tutto sommato, in buona salute. Sebbene non si stia espandendo con la stessa rapidità di un anno fa, sembra comunque crescere al di sopra dei livelli potenziali, sostenuta da investimenti, occupazione e consumi. Le condizioni di finanziamento non sembrano restrittive, nonostante l’aumento del tasso obiettivo dei fondi Fed. Pertanto, a nostro avviso, la probabilità di una recessione imminente negli Stati Uniti rimane piuttosto bassa, malgrado l’inversione della curva dei rendimenti”.

L’eurozona è però molto più a rischio. “Abbiamo evidenziato da tempo che la regione è vicina ai livelli recessivi – stando al nostro Nowcaster – trascinata al ribasso da occupazione, consumi e produzione. Dato il forte legame della zona euro con la crescita globale attraverso il commercio estero, l’ampio rallentamento della crescita, così come l’incertezza commerciale, ha colpito duramente queste economie. È importante sottolineare che le condizioni di finanziamento non sono un ostacolo e, a nostro avviso, l’offerta di credito nella regione non è un problema. Questo è uno dei motivi per cui siamo scettici sul fatto che un tasso sui depositi più basso, oltre ad operazioni di rifinanziamento o di quantitative easing potranno essere sufficienti a scuotere l’economia reale dell’area euro (sebbene l’impatto sui mercati finanziari potrebbe essere abbastanza positivo)”.

Anche l’economia cinese sembra essere a rischio: è stata colpita sia dall’indebolimento della domanda estera che da una domanda del settore immobiliare più debole, conseguenza naturale dell’incertezza del commercio mondiale. “Se da una parte i decisori politici hanno a disposizione molti strumenti per stimolare la domanda interna, dall’altra hanno scarso controllo sull’incertezza che proviene dalla Casa Bianca, come dimostrano la settimana e l’anno scorso. In effetti, negli ultimi mesi abbiamo assistito a un forte deterioramento del nostro Chinese Growth Nowcaster, che è sceso da un livello attorno al potenziale a livelli che indicavano un significativo rallentamento, alla fine del mese scorso”. Nota positiva: consumi, produzione e condizioni di finanziamento sono ancora discreti.

Dove andremo?

Il tema macro centrale è se una politica monetaria più accomodante della Fed e un’economia statunitense resiliente saranno in grado di sostenere l’economia globale o se l’incertezza commerciale e la debole domanda del resto del mondo trascineranno gli Stati Uniti in recessione insieme agli altri paesi. “È difficile stabilire quale di queste ipotesi si possa verificare – spigano gli analisti – e, con una serie di meeting delle banche centrali alle spalle, il ritmo e il flusso del sentiment degli investitori guiderà i mercati. Le valutazioni hanno in qualche modo recuperato, ma ci sono poche opportunità evidenti e gli asset a copertura rimangono costosi”.

Concludono gli esperti di Unigestion: “Riteniamo che le banche centrali continueranno a rispondere al rallentamento dell’economia con politiche accomodanti, rassicurando così i mercati, ma siamo più cauti sulle nostre esposizioni. I mercati si concentreranno probabilmente sul sentiment, che rimane sfidante per molti asset. In particolare, siamo ampiamente neutrali sui mercati azionari, sottopesiamo il credito e sovrappesiamo leggermente le obbligazioni sovrane. Continuiamo inoltre a implementare strategie di opzione che beneficeranno da un’ampia correzione azionaria. Fino a quando non percepiremo che il mercato è pronto a spostare il proprio focus da un sentiment piuttosto negativo verso un momentum positivo sostenuto dalle politiche delle banche centrali, rimarremo prudenti”.

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