Trump affossa Wall Street: chi di dazi ferisce…

A cura di Giordano Beani, head of Multi-Asset Fund Solutions Italy di Amundi SGR

Il tentativo di rimbalzo dei mercati azionari dai minimi della prima metà di agosto è in parte abortito sul finire di settimana scorsa. A farne le spese soprattutto, sulla scorta della locuzione latina “qui gladio ferit gladio perit”, cioè chi di spada ferisce di spada perisce, è stato in particolare il mercato statunitense. Infatti, alla notizia che la Cina ha deciso di rispondere alle nuove tariffe annunciate da Trump nei confronti dei restanti 300 miliardi di importazioni dalla Cina non ancora soggetti a dazi tramite l’imposizione di dazi su 75 miliardi di importazioni dagli Stati Uniti, il mercato Usa ha improvvisamente e violentemente invertito la rotta per chiudere la settimana in negativo del -1,44% (indice S&P 500). I riflessi negativi si sono propagati anche all’Europa, che comunque riesce a chiudere la settimana in positivo. Particolarmente sorprendente e al tempo stesso confortante la reazione del nostro mercato domestico all’improvvisa crisi di governo ferragostana. In un concitato dibattito parlamentare il premier Conte ha infatti preso atto della volontà della Lega di porre termine all’esperienza del governo giallo verde ed è salito al Colle per rassegnare le dimissioni nelle mani del Presidente Mattarella, nonostante un tentativo in extremis da parte della Lega che ha ritirato senza successo la mozione di sfiducia. Non solo il mercato azionario italiano è riuscito a chiudere in positivo la settimana (+0,74%), ma ancor più sorprendente si è rivelato il comportamento dello “spread”, che ha chiuso la settimana al di sotto dei 200 punti base.

Positiva anche l’Asia che al momento dell’annuncio delle nuove tariffe cinesi era già chiusa, con il Giappone che sale dell’1,43% (indice Nikkei 225) ed i mercati emergenti che chiudono la settimana in frazionale rialzo (+0,35%). Sul fronte dei mercati obbligazionari governativi i rendimenti rimangono pressoché stabili vicino ai minimi di periodo, schiacciati dai timori di una possibile fase recessiva delle economie e dalla politica ultra espansiva delle banche centrali Proprio venerdì, infatti, nell’ambito del tradizionale forum di fine estate dei banchieri centrali a Jackson Hole Wyoming, il Presidente della Fed Jerome Powell ha ribadito che la banca centrale Usa resta pronta ad agire in modo appropriato alla luce dei segnali di rallentamento causati principalmente dalle tensioni commerciali internazionali. Per quanto riguarda le commodity il petrolio nonostante il tonfo di venerdì riesce a chiudere la settimana in lieve rialzo e l’oro continua la sua salita sulla scorta delle forti incertezze sulla crescita economica globale In conclusione, durante il fine settimana si è tenuto l’incontro del G 7 a Biarritz, sulla costa basca francese Come ormai spesso ci ha abituato, il Presidente Usa Donald Trump dopo aver twittato fuoco e fiamme venerdì scorso in risposta alla reazione cinese sulle tariffe, ha in modo inatteso riaperto il dialogo con le autorità cinesi. Vedremo fino a quando e con che risultati. Nel frattempo parafrasiamo come monito la locuzione latina chi di dazi ferisce di dazi perisce.

Azioni

I mercati azionari si sono ripresi all’inizio della settimana grazie all’ammorbidimento delle sanzioni nei confronti di Huawei e alle insolite dichiarazioni rilasciate domenica scorsa dal ministro delle finanze tedesco, Scholz, secondo cui, se necessario, il Paese metterà in campo le risorse utili a far fronte a eventuali rallentamenti. Giovedì però hanno perso slancio dopo che diversi membri della Fed, alla viglia del tanto atteso vertice dei banchieri centrali a Jackson Hole, hanno manifestato delle perplessità riguardo ad altri tagli dei tassi di interesse. Questa settimana i mercati azionari hanno riguadagnato leggermente terreno. Il bilancio del mese rimane però ampiamente negativo, in particolare per la zona Euro, il Giappone e i Paesi emergenti e questo dato riflette i timori sempre più diffusi riguardo alla crescita mondiale (rallentamento in Germania e in Cina, inversione della curva dei rendimenti americana) e alle incertezze geopolitiche (Brexit, Hong Kong, Stretto di Ormuz). In questo contesto mutevole, tutti i riflettori saranno puntati sul vertice dei banchieri centrali che si terrà a Jackson Holee su quello dei G7 a Biarritz.

Obbligazioni governative

Dopo il forte calo dei rendimenti delle obbligazioni nelle prime settimane di agosto, i mercati obbligazionari si sono finalmente stabilizzati, con delle prese di beneficio e un indebolimento della volatilità. Il rendimento dei Treasury decennali Usa è risalito dai minimi del 15 agosto, mentre il rendimento del Bund tedesco è risalito leggermente rispetto ai minimi recenti. Gli spread dei Btp italiani hanno mantenuto l’orientamento recente verso un inasprimento, e a fine settimana sono scesi al di sotto dei 200 punti base, ovvero il livello che segnavano all’inizio della recente e improvvisa crisi politica. I titoli di Stato sicuri verosimilmente si consolideranno dopo il forte calo dei loro rendimenti perché le aspettative riguardo ai tassi delle banche centrali sono state probabilmente esagerate. I verbali delle ultime riunioni della Fed e della Bce hanno confermato le indicazioni fornite in precedenza riguardo a una politica accomodante. Gli sviluppi della crisi politica italiana risulteranno più chiari settimana prossima, e quindi si dovrebbero avere delle indicazioni sulle tendenze degli spread dei titoli di Stato.

Obbligazioni corporate

I mercati del credito hanno dato prova di buona tenuta e nel corso della settimana gli spread delle obbligazioni denominate in dollari e in euro si sono ristretti in modo piuttosto simile in Europa e negli Stati Uniti, con un restringimento di 30 punti base delle obbligazioni di grado speculativo rispetto ai picchi di agosto e un riavvicinamento ai minimi di luglio. La maggior parte dei flussi d’investimento continua a privilegiare gli strumenti di grado elevato, ovvero quelli con i rating migliori, soprattutto nella zona Euro, per via della caccia al rendimento e delle attese di un pacchetto di misure da parte della Bce. Tra le obbligazioni societarie, la nostra preferenza continua ad andare ai mercati del credito europei: le obbligazioni con rating BBB e i titoli di Stato dei Paesi periferici sono tra le poche oasi rimaste nell’attuale deserto dei rendimenti e pertanto continuano ad attrarre flussi di investimento. La riapertura degli acquisti di attivi netti da parte della Bce, unitamente all’aumento dei reinvestimenti nel 2020, dovrebbe continuare a sostenere la politica monetaria favorevole a questa classe di attivi.

Tassi di cambio

Oltre alla correzione parziale dei mercati obbligazionari e alla ripresa delle obbligazioni societarie e delle azioni, c’è da notare la leggera debolezza dello yen giapponese e del franco svizzero nelle ultime sedute borsistiche. Al contempo, il cambio euro/dollaro si è mosso verso quota 1,10, vicino ai minimi di fine luglio, mentre la sterlina britannica si è leggermente ripresa dopo il forte calo accusato alla fine del mese scorso. Anche il tasso di cambio effettivo del dollaro è stato relativamente stabile. Le aspettative in materia di politica monetaria e i rischi geopolitici sono ancora degli elementi importanti in questa fase: i sondaggi continuano a evidenziare un calo generalizzato del livello di fiducia delle aziende manifatturiere, un fenomeno che alimenta ancora di più le attese di un accomodamento significativo da parte della Bce e che indica che il cambio euro/dollaro si muoverà maggiormente all’interno di un range di contrattazione.

Materie prime

Questa settimana le quotazioni del petrolio hanno segnato un rialzo dell’1,2%. Il Brent è salito a 59 dollari al barile a causa delle crescenti tensioni in Medio Oriente e dell’attività dell’Opec. Ad agosto l’oro ha continuato a correre e ha raggiunto i 1.527 dollari l’oncia per via del ciclo accomodante delle banche centrali e della decisione della Fed di anticipare la fine della normalizzazione del Qe. I metalli di base hanno accusato una flessione dell’1% per via dei timori riguardo alla crescita mondiale. I prezzi delle materie prime risentono del rallentamento dell’economia mondiale e della debolezza dei dati in Cina. I metalli di base, per poter riprendersi, devono poter contare su una stabilizzazione dell’industria manifatturiera su scala mondiale. Il ciclo di allentamento delle principali banche centrali sosterrà in futuro l’oro. La domanda mondiale, le decisioni dell’Opec e le questioni geopolitiche influenzeranno le quotazioni del petrolio. Il nostro target rimane un range di 55-65 dollari per il WTI e di 60-70 dollari per il Brent. Il quadro rimane decisamente favorevole all’oro, le cui quotazioni dovrebbero continuare a salire anche nei prossimi mesi.

Stati Uniti

La stima preliminare di agosto dell’indice sul sentiment dei consumatori dell’Università del Michigan è scesa dal 98,4 di luglio al 92,1 di agosto, tra le aspettative di una correzione meno marcata. Sia la componente sulla situazione attuale, sia quella sulle attese hanno registrato una flessione, sebbene il calo di quest’ultima sia stato più accentuato (da 90,5 a 82,3). Le politiche monetarie e commerciali hanno accresciuto i timori dei consumatori riguardo alle future condizioni finanziarie nel sondaggio di agosto. L’aumento proposto dei dazi sulle importazioni cinesi e il rischio di futuri aumenti dei prezzi sono stati citati come fonte di preoccupazione dal 33% degli intervistati. Inoltre, il taglio dei tassi di interessi da parte della Fed ha aumentato i timori dei consumatori riguardo a una possibile recessione negli Stati Uniti.

Zona Euro

Leggero miglioramento del clima di fiducia delle imprese. La stima flash sull’indice PMI composito della zona Euro ha evidenziato una ripresa ad agosto (51,8 rispetto al 51,2 atteso e al 51,5 di luglio). Il miglioramento si è verificato sia nel settore manifatturiero (dove l’attività rimane comunque in area di contrazione) sia in quello dei servizi (dove rimane in area di espansione). L’indice PMI composito ha fatto segnare dei progressi sia in Germania, sia in Francia. Ad agosto l’inflazione si è confermata all’1% su base annua (0,9% nel caso dell’inflazione sottostante). La ripresa dell’indice PMI composito offre un po’ di conforto in un contesto di crescente pessimismo sulle prospettive dell’economia nella zona Euro (a causa degli indicatori molto deludenti a luglio e della conferma di una lieve contrazione dell’economia tedesca nel secondo trimestre) e conferma inoltre che la debolezza del settore manifatturiero ha contagiato solo in misura modesta il settore dei servizi. Tuttavia, ci vorrebbero notizie ben più positive per dissipare i timori di una recessione, soprattutto in Germania.

Mercati emergenti

Il 16 agosto Fitch e S&P hanno declassato il rating sovrano dell’Argentina. Fitch ha declassato il rating dei titoli di Stato argentino di tre gradini, da B a CCC, mentre S&P da B a B-con outlook negativo, ovvero una possibilità su tre di declassamento nel prossimo anno. Entrambe le agenzie hanno citato il peggioramento del contesto macroeconomico come una delle cause principali del declassamento. Secondo Fitch, il peggioramento del contesto macroeconomico aumenta “la probabilità di un default sovrano o di una ristrutturazione del debito”, nonché il rischio di solvibilità. S&P ha dichiarato che chiunque vincerà le elezioni si troverà ad affrontare delle sfide ancora più complesse. Concordiamo con la tesi di un aumento della probabilità di default per l’Argentina e prevediamo che anche Moody’s taglierà il rating B2.

Giappone

A luglio le esportazioni sono scese dell’1,6%; si tratta dell’ottavo calo mensile consecutivo. La flessione è stata causata soprattutto dal settore dell’acciaio e dalla componentistica auto. Le esportazioni verso l’Asia fanno fatica a stabilizzarsi perché la domanda da parte della Cina rimane debole. Per contro, le esportazioni verso gli Usa stanno accelerando e quelle verso l’Ue sono in ripresa. Nel frattempo i visitatori stranieri sono cresciuti del 5,6% annuo nel corso del mese grazie soprattutto ai turisti provenienti dalla Cina e dagli Usa, mentre c’è stato un forte calo dei visitatori provenienti dalla Corea del Sud e da Taiwan. Il rafforzamento dello yen sta gradualmente minando la domanda esterna. I prezzi delle esportazioni sono scesi del 3,1% a luglio e hanno annullato l’aumento dell’1,6% dei volumi delle esportazioni. Le esportazioni verso la Corea sono diminuite del 6,9% nel corso del mese perché il governo giapponese ha inasprito le restrizioni sulle esportazioni verso la Corea del Sud di tre prodotti cruciali per l’elettronica di consumo avanzata. Il rafforzamento dello yen sul won coreano (11% su base annua), unitamente all’ostilità nei confronti del Giappone, hanno causato a luglio una flessione del 7,6% dei turisti provenienti dalla Corea.

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