Asset allocation, le banche centrali si preparano a deludere gli investitori

A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management

L’economia globale continua a subire gli effetti della guerra commerciale, ma la maggior parte degli investitori pare convinta che le banche centrali correranno in salvataggio grazie a potenti stimoli monetari. Un ottimismo che non condividiamo.

I nostri indicatori anticipatori indicano una crescita globale contenuta per i prossimi mesi, poiché l’incertezza derivante dalle tensioni commerciali impatta sulla produzione industriale e sul sentiment, soprattutto nelle economie sviluppate.

Inoltre, la crescita degli utili societari dovrebbe rallentare fino ad arrestarsi quest’anno dopo un 2018 stellare.

Sebbene prevediamo che le banche centrali allentino la loro politica monetaria per porre fine al rallentamento economico, difficilmente offriranno il tipo di stimolo che il mercato sta attualmente scontando.

Con queste premesse, rimaniamo sottopesati sulle azioni. Allo stesso tempo, abbiamo più di un motivo per mantenere una posizione prudente sulle obbligazioni, adesso che il rally di quest’anno – il più importante degli ultimi 20 anni – ha spinto in territorio negativo il rendimento di quasi un terzo dell’universo obbligazionario mondiale. Manteniamo, invece, il sovrappeso sulla liquidità.

Il rischio di recessione resta remoto

 La nostra analisi del ciclo economico indica che la crescita economica globale è destinata a rallentare quest’anno fino a un ritmo del 2% rispetto al 3,4% del 2018, con le difficoltà maggiori per le economie sviluppate. Il sentiment delle aziende, secondo il rilevamento dell’indice PMI, è sceso al di sotto della soglia critica di 50, la più bassa dal 2012, mentre la produzione industriale delle economie sviluppate si è contratta per la prima volta dal 2016.

Tuttavia, sebbene le previsioni per i settori orientati alle esportazioni siano deprimenti, i consumatori non stanno ancora stringendo i cordoni della borsa. A livello globale, il sentiment dei consumatori è ai massimi storici, sostenuto da un robusto mercato del lavoro e da tassi sui mutui in discesa. Per questi motivi, riteniamo che la probabilità di una recessione globale sia inferiore rispetto alle stime degli analisti di circa il 30-40%.

Gli indicatori di liquidità supportano la nostra posizione di cautela sulle azioni. Anche se la Fed ha tagliato i tassi d’interesse a luglio, il volume della nuova liquidità fornita dalle autorità monetarie globali si è contratto a un ritmo dello
0,5% negli ultimi sei mesi. Quest’andamento è riconducibile innanzitutto alla Cina, dove la banca centrale sta attuando misure volte a ridurre l’indebitamento delle aziende. Prevediamo un certo miglioramento delle condizioni monetarie nei prossimi mesi, dato che la Fed ha in serbo un nuovo taglio dei tassi d’interesse e la Bce è pronta ad annunciare un nuovo programma di acquisto di obbligazioni per un valore di 600 miliardi di euro nel corso del mese. Tuttavia, riteniamo eccessive le attese degli investitori, per uno stimolo monetario da parte delle banche centrali pari a 1500 miliardi di dollari nel prossimo anno.

Azionario, l’Europa recupera appeal

Il nostro modello di analisi delle valutazioni indica che alcuni mercati azionari, in particolare quello statunitense e quello svizzero, continuano a essere costosi. Il declino della spesa in conto capitale e l’incertezza sull’esito della guerra commerciale hanno gravato sugli utili societari, pertanto il Bureau of Economic Analysis statunitense ha ridotto i suoi calcoli per gli utili societari del 2018 dell’8,3%, cancellando in un sol colpo 188 miliardi di dollari dal conteggio precedente.

L’Europa, per contro, sta guadagnando interesse, grazie alla stabilizzazione degli utili societari e al crollo dei rendimenti obbligazionari. Il premio di rischio azionario – una stima del rendimento che le azioni forniscono in più rispetto a un tasso privo di rischi – in Germania è salito oltre 9 punti percentuali per la prima volta in assoluto. Anche le valutazioni per i mercati emergenti paiono interessanti, soprattutto in Asia, dove il rapporto price-earnings (P/E) è a un modesto 11. Il Giappone ha mostrato una notevole resilienza, malgrado la crescita dello yen; considerate le favorevoli valutazioni di mercato, i titoli giapponesi hanno spazio di manovra per salire del 20% nel medio termine.

I settori più sensibili all’economia, ovvero i titoli industriali e IT, a nostro avviso rimangono costosi, scambiando a un premio di oltre il 12% rispetto ai titoli difensivi quali i beni di consumo di base e i farmaceutici.

I nostri indicatori tecnici sono neutri per le azioni, ma in zona d’allarme per quegli attivi difensivi che sono cresciuti fortemente nei mesi scorsi, come lo yen e le obbligazioni di Stato.

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