Fomc verso una nuova azione preventiva?

“Ormai da diversi mesi i mercati finanziari reagiscono sostanzialmente a tre elementi: gli sviluppi della guerra commerciale, le prospettive di crescita economica e la politica della banca centrale. Essendo questi tre fattori interdipendenti e a velocità variabile, essi costituiscono fonte di incertezza nei mercati finanziari. I cambiamenti nelle aspettative sono quindi frequenti e l’attenzione degli investitori alle pubblicazioni di dati economici, discorsi dei governatori della Fed o tweet presidenziali è grande. In questo contesto, il FOMC del 17-18 settembre è di grande importanza”. L’avvertimento arriva da Gilles Prince, Chief Investment Officer di Edmond de Rothschild (Suisse), che di seguito spiega nel dettaglio la propria visione.

Le aspettative per una seconda riduzione dei tassi di interesse di riferimento, dopo un primo allentamento a luglio, sono elevate. La probabilità stimata dai futures di una riduzione dello 0,25% è del 99,9% al momento della stesura di queste righe, un fatto quasi compiuto. Secondo i calcoli di Bloomberg, il mercato prevede anche uno o due ulteriori tagli dei tassi entro la fine dell’anno. Se un taglio dei tassi a settembre può apparire come un’azione preventiva, le seguenti corrisponderebbero piuttosto a una reazione della Fed volta a contrastare una recessione. Detto questo, le aspettative di ulteriori riduzioni dei tassi sono diventate più ragionevoli dalla fine di agosto, quando erano previsti fino a quattro tagli.

Numerosi segnali indicano un rallentamento dell’economia statunitense, che tende a sostenere il caso di una Fed più “accomodante” e a giustificare le aspettative del mercato. Ciò dimostra che gli investimenti delle imprese e la produzione industriale hanno rallentato per quasi tre quarti. Dall’ottobre 2018 i principali indicatori sono in contrazione rispetto all’anno precedente e non mostrano segni di apparente ripresa. Anche i servizi potrebbero iniziare a risentire del rallentamento, a giudicare dall’andamento negativo degli indicatori di acquisto. In particolare, notiamo che la crescita del PIL degli ultimi trimestri è stata rivista al ribasso, il che mostra un cambiamento di tendenza e un punto di svolta nella dinamica di crescita dal terzo trimestre del 2018 in poi. Infine, sui mercati obbligazionari, i tassi di interesse a 10 anni sono fortemente diminuiti nell’ultimo anno, passando da quasi il 3,0% all’1,8%. Anche la curva dei tassi di interesse si è invertita, un segnale generalmente percepito come l’inizio di una futura recessione.

Tuttavia, ci sono altri segnali che in qualche modo chiariscono la congettura economica attuale. In primo luogo, il principale contribuente al PIL degli Stati Uniti, il consumatore, non abdica e la resilienza dei suoi acquisti sorprende positivamente. Il calo dei tassi di interesse, in particolare per i mutui, sostiene il suo potere d’acquisto e il differimento delle tariffe potrebbe comportare l’anticipazione degli aumenti dei prezzi e l’aumento della spesa durante le festività. Questo elemento positivo a breve termine potrebbe tuttavia essere avvertito nel primo trimestre del 2020. L’occupazione rimane su una tendenza positiva, sia che si considerino i tassi di disoccupazione estremamente bassi, la crescita dei salari o l’assenza di segni di deterioramento del mercato del lavoro.

E’ vero che l’economia americana si trova in una fase di rallentamento, il che è innegabile, ma non ci sembra essere al suo punto di rottura. Stando così le cose, si pone la questione di quali potrebbero essere i fattori che potrebbero inclinare l’equilibrio o verso una ripresa o verso un rallentamento economico più marcato, o addirittura una recessione. In primo luogo, poiché la controversia tra Cina e Stati Uniti è strutturale e non si limita alle tariffe, è a lungo termine e comporta un rischio. Sono quindi possibili ulteriori aumenti fiscali anche nei confronti dell’Europa. Questa situazione di incertezza continuerà a influenzare le decisioni commerciali e di investimento delle imprese e, di conseguenza, sulle prospettive di crescita. Uno shock esterno è un’altra possibilità, sebbene meno prevedibile. Questo fine settimana abbiamo avuto un assaggio degli attacchi alle strutture petrolifere saudite che stanno facendo rivivere il rischio geopolitico in Medio Oriente.

Questi elementi saranno necessariamente discussi in sede durante il FOMC, che potrebbe decidere, e dovrebbe decidere, di ridurre il suo tasso di riferimento dello 0,25% al fine di prevenire piuttosto che reagire. Tuttavia, è improbabile che ciò sia sufficiente per rappresentare il catalizzatore necessario per accelerare la crescita. Per quanto riguarda l’Europa, lo stimolo della politica fiscale sarebbe benvenuto sia per lo sviluppo che per le aspettative di inflazione oggi ben al di sotto dell’obiettivo del 2%. Se un taglio preventivo dello 0,25% è giustificabile, le speranze del mercato per ulteriori cali sembrano più difficili da spiegare in questa fase senza un ulteriore deterioramento dei fattori di crescita come il consumo, un’escalation della guerra commerciale o uno shock esterno.

Poiché il taglio dei tassi del -0,25% è totalmente scontato dagli investitori, non prevediamo una forte reazione del mercato. Jerome Powell ha parlato pubblicamente diverse volte nelle ultime settimane, tra cui Jackson Hole e Zurigo, saremmo sorpresi se il suo discorso fosse improvvisamente molto diverso. I tassi di interesse statunitensi sono tornati ai minimi, le aspettative sono più ragionevoli, l’incontro della Fed potrebbe essere un non-evento dal punto di vista dei mercati finanziari. Quando sarà il prossimo tweet?

 

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