Neuberger Berman: i trend pessimisti dei mercati sono terminati. Ma non è iniziata la ripresa

“Se aprissimo il blog di oggi annunciando che i mercati azionari hanno registrato una modesta crescita nel terzo trimestre, la notizia potrebbe lasciarvi piuttosto indifferenti. E se invece vi dicessimo che dalla fine di agosto le azioni bancarie hanno messo a segno un rally superiore al 10%? O che la settimana scorsa gli indici di momentum, costruiti attribuendo pesi maggiori alle azioni che recentemente hanno generato le performance migliori, hanno registrato il crollo più pesante dopo la crisi finanziaria? E, mentre tutti questi fattori si sono equilibrati a livello di indici di mercato, negli ultimi giorni abbiamo assistito a una drastica inversione di alcuni trend consolidati. Avevamo descritto alcuni di questi trend, ad esempio la diversa performance delle azioni delle large cap e delle small cap, la differenza tra settori difensivi e settori ciclici e la diversità tra le azioni a basso beta e beta elevato, nell’ultimo numero dell’Asset Allocation Committee Outlook, suggerendo che potessero essere pronti per il tipo di inversione poi osservato in questo mese. Stiamo assistendo semplicemente agli effetti della mean reversion? Oppure a un errore di tempistica da parte dei momentum trader nel coprire posizioni corte? O ancora, è un segno che investitori sono ora meno preoccupati nei confronti dell’economia?”. Se lo chiede Erik Knutzen, Chief Investment Officer Multi-Asset Class di Neuberger Berman. Di seguito la sua analisi.

Il crollo del momentum

Come prova di quello che è stato battezzato “il massacro del momentum” basta dare uno sguardo alla sottoperformance delle azioni growth rispetto a quelle value da inizio mese. È stata estremamente marcata, come non vedevamo da un decennio, dopo mesi di permanenza dei titoli growth in testa ai mercati. Le azioni difensive, come quelle del settore immobiliare e delle utility, si sono scambiate con le azioni cicliche, le azioni delle small cap con le large cap. A settembre l’azionario giapponese ha lasciato al palo l’azionario statunitense dopo che per tutto l’anno lo aveva rincorso e a notevole distanza.

È possibile spiegare simili rotazioni in termini semplici. Gli investitori sono disposti a pagare un prezzo maggiore per i titoli growth se temono un rallentamento generalizzato dell’economia. Viceversa, saranno disposti a pagare di più per ottenere flussi di reddito costanti dalle azioni difensive se temono che un rallentamento dell’economia sia destinato a spingere al ribasso i rendimenti obbligazionari. Un’inversione di queste tendenze sarebbe coerente con l’aspettativa di un’accelerazione della crescita, un aumento dell’inflazione e un calo dei rischi geopolitici.

È incoraggiante osservare che le stesse dinamiche sono in atto anche nei mercati obbligazionari: il mese si era aperto con la flessione più forte dei Treasury Usa degli ultimi tre anni. L’inversione della curva dei rendimenti a 2 e 10 anni, che ad agosto aveva generato fortissime preoccupazioni, è rientrata in territorio positivo. I rendimenti dei Bund tedeschi a 30 anni, che ai primi di agosto erano diventati negativi, la settimana scorsa sono ritornati sopra lo zero.

Misure di stimolo in arrivo

“La leggera virata positiva delle ultime notizie economiche e geopolitiche non giustifica del tutto simili inversioni dei mercati, a nostro avviso”, sottolinea Knutzen. Nuovi negoziati commerciali tra Cina e Stati Uniti sono stati messi in programma, l’imposizione di nuovi dazi è stata posticipata e la Brexit rischia di essere di nuovo rimandata. Sebbene i dati sull’occupazione negli Stati Uniti siano risultati a dir poco modesti, osserviamo un aumento delle assunzioni nonché un inaspettato aumento dei salari, due fattori che costituiscono indicatori anticipatori di un’accelerazione dell’inflazione. La settimana scorsa, sia gli Stati Uniti che la Cina hanno diffuso dati sull’inflazione superiori alle attese. Dietro alle palesi difficoltà del settore manifatturiero a livello globale, gli indici PMI vanno stabilizzandosi.

E sono imminenti nuove misure di stimolo. La Banca Popolare Cinese ha aggiunto un ulteriore taglio dei tassi alle misure già attuate da inizio anno. Anche le Banca Centrale Europea ha tagliato i tassi. L’istituto di Francoforte ha fatto inoltre ripartire il programma di acquisto di titoli, accompagnandolo con misure volte a mitigare gli effetti avversi dei tassi negativi sul settore bancario e prevedendo la permanenza dei tassi a livelli minimi per un periodo prolungato. Si è addirittura parlato di una manovra finanziaria “ombra” in Germania, dedicata alle infrastrutture e alla protezione del clima e strutturata in modo da aggirare i rigidi vincoli di bilancio.

Per sostenere i nuovi trend di mercato dovrà accadere molto di più. Due settimane non bastano per decretare che una ripresa è in atto. Anzi, le probabilità di una recessione sono oggi più elevate rispetto a tre o sei mesi fa. Ma i trader sembrano aver capito che la prospettiva di un atterraggio morbido non è poi così remota, come sembravano scontare durante i pessimisti e illiquidi mercati estivi. E a prescindere dagli sviluppi che i dati evidenzieranno nei mesi a venire, le recenti inversioni rammentano agli asset allocator di lungo termine la necessità di usare sempre il buonsenso durante gli eccessi di momentum, nelle valutazioni e consenso di mercato”, conclude Knutzen.

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