Mercati azionari, resilienti o scriteriati?

A cura di Joseph V. Amato, President and Chief Investment Officer, Equities di Neuberger Berman

I mercati sono bombardati da eventi straordinari, ma gli indici azionari proseguono indisturbati. Dopo la settimana più difficile degli ultimi tre anni per i Treasury, la rotazione più brusca degli ultimi dieci anni per i mercati azionari e il controverso riavvio del programma di acquisto titoli della Banca Centrale Europea, gli operatori di mercato hanno trascorso l’ultimo weekend sperando in una tregua.

Niente da fare. Il secondo taglio dei tassi operato dalla Federal Reserve è passato in secondo piano quando un attacco ai pozzi sauditi ha causato la peggiore interruzione della storia alle forniture petrolifere e l’inaspettata crisi di liquidità del mercato dei repo overnight ha risvegliato l’inquietante ricordo della crisi finanziaria di 11 anni fa. Ciò nonostante, proprio come era accaduto la settimana precedente, la risposta degli investitori azionari è stata un’alzata di spalle e la spinta dell’S&P 500 sopra quota 3000.

Calma totale

Vale la pena soffermarsi un momento a riflettere su tutto questo. Solo alcuni mesi fa, la decisione stessa della Fed, accompagnata da dichiarazioni e “dot plot” leggermente meno accomodanti, avrebbe potuto fare inciampare i mercati. Oggi, l’azionario si è scrollato di dosso i timori nel giro di poche ore.

Gli attacchi di sabato non hanno solo causato un’interruzione senza precedenti delle forniture petrolifere, ma hanno anche sollevato un vespaio sul fronte geopolitico. All’apertura di lunedì, i future del Brent hanno registrato la più ripida impennata infragiornaliera da 31 anni a questa parte. I contratti sul Wti hanno registrato un incremento superiore al 15%. Se una simile tendenza fosse proseguita, avrebbe svuotato il portafoglio dei consumatori di diversi miliardi di dollari in un colpo solo, in un momento in cui l’economia mondiale dipende quasi del tutto dai consumi.

Anche l’impennata dei tassi dei repo overnight, balzati in doppia cifra nella giornata di martedì, ci ha portato in territori praticamente inesplorati. Nella prima operazione sui repo overnight dallo scoppio della crisi finanziaria, la Fed è intervenuta per riportare la calma, con un’iniezione di oltre 200 miliardi di dollari di liquidità nell’arco di tre giorni.

In qualunque altro momento degli ultimi 40 anni, l’uno o l’altro di questi eventi avrebbe profondamente scosso i mercati azionari. E invece gli indici segnalano una relativa calma, nonché – sotto la superficie – una rotazione verso le società di piccole dimensioni, le azioni value e i settori ciclici.

Gli investitori stanno dimostrando una sbalorditiva resilienza? Oppure una scriteriata imprudenza?

Clamore

Chi volesse sostenere la tesi della resilienza farebbe notare sia la velocità con cui sono state ristabilite le forniture di petrolio sia la capacità di una Fed post crisi di espandere il proprio bilancio qualora le tensioni dovessero persistere nei mercati di finanziamento overnight.
Farebbe notare anche il quadro stabilizzante dell’economia statunitense, evidenziato dall’andamento delle vendite al dettaglio nei mesi di luglio e agosto, nonché le cifre positive sul fronte della disoccupazione e dei prestiti al consumo. Potrebbe anche sostenere che le opinioni discordanti sulle azioni della Bce non sono altro che il preludio di un improrogabile ammorbidimento delle politiche di bilancio nei Paesi core dell’Eurozona, su cui hanno iniziato a circolare voci sia in Germania che nei Paesi Bassi.

Tutto sommato, condividiamo queste argomentazioni. Ma consigliamo anche di non permettere che la resilienza scivoli nella compiacenza. A ben guardare, fuori degli Stati Uniti le difficoltà permangono per le economie di buona parte del mondo. Gli stessi Stati Uniti non sono rimasti immuni dalla frenata del settore manifatturiero a livello globale.

Allo stesso tempo, iniziamo a udire il clamore che normalmente accompagna le presidenziali Usa. Prima ancora che si scateni la battaglia per la Casa Bianca e per le due camere del Congresso, assisteremo al tormentato processo di selezione del candidato democratico.
Le vicende elettorali potrebbero penalizzare i settori considerati esposti al rischio normativo, ad esempio quello della sanità e della tecnologia, e scoraggiare un settore industriale già restio a investire. Dopo 150 anni di storia ormai sappiamo che, dopo l’elezione del presidente degli Stati Uniti, le probabilità di recessione sono quasi doppie rispetto a quelle di un ciclo economico non collegato al ciclo politico.

La resilienza degli investitori davanti ai sussulti delle ultime settimane e degli ultimi mesi ha un suo fondamento. Come ha un fondamento prevedere ulteriori sussulti di qui a 2020 inoltrato.

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