Scudo, no a società di capitali. Sì a trust e… yacht

Lo scudo-ter non ha subito alcun allargamento verso le società di capitali, soltanto le società estere riconducibili ad una persona fisica, come i trust o le fiduciarie potranno beneficiarne.

Questo è un altro dettaglio emerso dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate, che getta un fascio di luce sull’ipotesi che anche le società di capitali potessero aderire alla normativa, trasformando di fatto lo scudo in un vero e proprio condono.
Ma non è questo il caso, perché appunto le uniche società che potranno presentare delle richieste sono le società controllate estere costituite in paradisi fiscali, che si sono trovate a ricoprire la funzione di schermo dei beni di un evasore. Sono le cosiddette Cfc, ovvero controller foreign companies, che avranno accesso allo scudo ammesso che siano prodotti i relativi effetti in capo all’interponente che ha il reale controllo delle attività oggetto dell’emersione. La situazione non è molto differente dalla detenzione di attività estere per tramite di un trust.

Situazione più semplice invece per i possessori di barche o beni di lusso, preziosi e opere d’arte. Queste attività sono considerate infatti non finanziarie, e quindi dovranno essere indicate nel modulo RW soltanto nel periodo d’imposta in cui hanno prodotto redditi imponibili in Italia, per esempio nel caso siano state affittate. Gli yacht per esempio, considerati beni di lusso, possono essere regolarizzati lasciandoli nel paese in cui sono, purché fossero già in possesso del contribuente alla data del 31 dicembre 2008. Ovviamente la situazione vale per le 36 nazioni che collaborano con il Fisco, diversamente sarà necessario ricorrere al rimpatrio fisico.

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