Avanti coi bond. Ma piano

di Andrea Arisi
 
In entrambi i casi fu un successo. In Italia, come nel resto d’Europa e del mondo, era l’inizio del boom dei corporate bond. Nei mesi successivi, società grandi e piccole, in qualche caso con rating “junk”, cioè spazzatura, hanno collocato senza problemi titoli di debito. Senza contare che nelle ultime settimane si sono riaffacciate sul mercato anche le obbligazioni “unrated” ovvero senza un giudizio sull’affidabilità creditizia dell’emittente.

Le cause di questo fenomeno sono molteplici. In primo luogo è cambiata la percezione del rischio. Immediatamente dopo il fallimento di Lehman Brothers, i Governi dei paesi del G8 e le maggiori banche centrali del pianeta hanno dichiarato che non avrebbero più permesso che un’istituzione finanziaria di un certo peso fallisse, intervenendo anche con massicci stimoli fiscali e aiuti in altri settori, come quello automobilistico. Questo ha riportato fiducia sui mercati e dato garanzie sugli investimenti. “Il ragionamento è semplice” – spiega un trader attivo sul mercato dei bond che preferisce rimanere anonimo- “se una banca o anche una grande società non può andare in defaul tutti sono disposti a prestarle soldi e questa può emettere quante obbligazioni vuole”.

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