Il settore petrolifero ancora ostaggio delle tensioni geopolitiche

A cura di Nitesh Shah, Director Research di WisdomTree

I rischi geopolitici sono qui per restare. Anche se i mercati petroliferi non sono riusciti a prezzarli, ci viene costantemente ricordato che tali rischi esistono. Questa mattina una petroliera iraniana in viaggio attraverso il Mar Rosso al largo delle coste dell’Arabia Saudita è stata colpita da due missili. Nessuno ha rivendicato l’attacco. I prezzi del Brent sono aumentati di un modesto 2% al momento in cui si scrive.

Meno di un mese fa, le strutture saudite per la produzione di petrolio sono state attaccate dai ribelli Houthi dello Yemen. L’attacco è stato diffusamente attribuito all’Iran (da Arabia Saudita, Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia) e ha inizialmente spazzato via dal mercato 5,7 milioni di barili di petrolio e ha fatto salire i prezzi del 20%. Tuttavia, tutti i profitti derivanti dai rincari si sono rapidamente dissipati, poiché l’Arabia Saudita per la fine di settembre aveva già riportato la produzione ai livelli precedenti all’attacco.

È improbabile che gli attacchi di oggi abbiano intaccato di molto l’offerta globale di petrolio. Ma non è questo il punto. Ciò che è evidente è che gli attacchi nella regione non sono isolati. Nel corso dei mesi di maggio e giugno, ci sono stati molteplici attacchi contro le navi in movimento all’interno e intorno allo Stretto di Hormuz. Riteniamo che la tensione nella regione non stia diminuendo. Pertanto, un maggior premio geopolitico dovrebbe essere prezzato nel petrolio. I prezzi del petrolio sono diminuiti nell’ultimo mese a causa del ridimensionamento delle previsioni sulla domanda. Ma crediamo che le revisioni su più piccola scala della domanda potrebbero svanire rispetto al rischio di grandi interruzioni dell’offerta se dovessimo continuare ad assistere ad escalation di tensioni nella regione.

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