Big Risk, Big Return, la Finanza affronta i cambiamenti verso la sostenibilità

Nei primi sei mesi del 2019 sono stati emessi green bond per 117 miliardi di dollari, l’85% dei quali denominati in euro, da parte di 625 emittenti. “Basterebbero questi numeri a spiegare perché i temi legati alla sostenibilità stanno ricevendo un’attenzione sempre maggiore da parte dei regolatori e degli operatori dei mercati finanziari” ha così esordito Massimo Mocio, Presidente di Assiom Forex, l’associazione degli operatori dei mercati finanziari, aprendo i lavori del  XVII Pan European Banking Meeting .

Il primo workshop dal titolo “Action Plan 2019 per un’Unione dei mercati dei capitali sostenibile e responsabile”, ha riunito alcuni degli interlocutori più coinvolti sulla sostenibilità economica e finanziaria per provare a fare il punto della situazione a pochi mesi dalla probabile introduzione del “pacchetto” di regolamenti unitari che disciplineranno soprattutto la tassonomia, ovvero la classificazione degli investimenti secondo la loro capacità di essere più o meno sostenibili.

A parlarne in primo luogo Mario Nava, Direttore generale del Financial Institution and Stabiity Markets (FISMA) secondo il quale “C’è una grande pressione civile e politica per espandere il tema della sostenibilità a tutto campo. Per la finanza laddove esistono dei rischi esiste la possibilità di ottenere dei profitti. Ma non è solo questo: l’ammontare degli investimenti necessari per coprirsi dai rischi che vengono del cambiamento climatico è di circa 250-300 mld all’anno ed è chiaro che le finanze pubbliche da sole non ce la possono fare. La domanda che le aziende si devono porre non è “Cosa posso fare di sostenibile?” ma “Che impatto sta avendo il cambiamento climatico sul mio business?”

E’ questa la strada da percorrere se si vogliono perseguire investimenti che siano profittevoli nel lungo periodo. Sui green bond, che rappresentano la punta più avanzata della finanza sostenibile, Nava sostiene che “Bisogna armonizzare gli standard dei green bond affinchè abbiano più liquidità senza ridurre la loro capacità di finanziare progetti spesso di respiro locale”.

I regolatori europei, che hanno portato a termine l’Unione bancaria con la creazione di un meccanismo unico di supervisione ma ancora non sono riusciti a implementare l’Unione dei mercati dei capitali, stanno accelerando anche su questo fronte. Al passo con i tempi e le nuove esigenze di sostenibilità, secondo Nava si arriverà ad una Unione dei Mercati dei Capitali 2.0 attraverso il passaggio da una prima ad una seconda fase di lavoro per discutere i punti più ostici come la questione della tassazione, dell’insolvenza e della supervisione e ci sono buone possibilità affinchè si arrivi ad una prima conclusione entro fine anno.

Tra i relatori, Gianfranco Torriero, Vicedirettore generale di ABI, ha illustrato l’attività dell’Associazione delle banche italiane sul tema entrando nello specifico delle analisi funzionali che vengono condotte per declinare questi nuovi modelli a livello di governance bancaria e per delineare  nuovi prototipi organizzativi. “E’ molto importante comprendere come inserire i temi ESG all’interno dei piani industriali e della pianificazione strategica. Innanzitutto, la valutazione dei rischi associati al tema del cambiamento ambientale non possono essere considerati dei rischi aggiuntivi ma devono ormai essere considerati come rientranti nell’attività bancaria.”

Un’attività può essere considerata sostenibile ma deve pur sempre generare un rendimento e una remunerazione del capitale. Occorre pertanto creare condizioni per la valorizzazione delle tematiche di adattamento. Da parte degli operatori dei mercati finanziari emerge l’esigenza di imparare ad utilizzare velocemente gli strumenti messi a disposizione dalla tassonomia, di cui ancora non si dispongono informazioni sufficienti. Il rischio che la nuova regolamentazione possa creare effetti distorsivi non può essere escluso per cui occorre creare le condizioni affinchè la normativa europea trovi adeguata declinazione a livello nazionale soprattutto attraverso l’adozione di metriche certe. Si cerca di allontanare anche lo spettro delle penalizzazioni in quanto l’attuale fase economica avrebbe tutte le caratteristiche per poter essere considerata un’economia in transizione e come tale richiedere garanzie a sostegno degli investimenti.

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