Azioni europee, le uniche attraenti in un mercato poco interessante

A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management

Gli utili societari registrano una crescita molto ridotta. Quasi 15mila miliardi di dollari di titoli di debito scambiano oggi a rendimenti negativi. E le dispute commerciali continuano a rumoreggiare. Quindi per gli investitori non c’è granché di cui essere felici. Almeno non nel breve termine.

Il nostro indicatore anticipatore mondiale mostra che le condizioni economiche rimarranno stagnanti per i prossimi mesi. Le nostre previsioni di crescita del Pil mondiale sono calate a partire dall’estate; adesso ci aspettiamo un’espansione dell’economia globale ad un ritmo inferiore al 3%, rispetto a poco più del 3% di fine giugno. Dati economici così deboli compensano i segnali positivi che emergono dalla nostra analisi della liquidità e degli sviluppi tecnici. Alla luce di quanto detto, rimaniamo sottopesati sulle obbligazioni e sulle azioni e sovrappesati sulla liquidità.

I dati sul nostro ciclo economico non lasciano molto spazio all’ottimismo. La crescita economica rallenterà ancora un po’ prima di appiattirsi: i nostri indicatori anticipatori suggeriscono un’espansione del Pil di circa il 2% all’inizio del 2020, rispetto all’attuale 2,7%.

Il commercio è il principale problema dell’economia. Sebbene la domanda al consumo tenga, le esportazioni sono in contrazione per via degli aumenti dei dazi e di altre misure di carattere protezionistico.

L’impatto è particolarmente visibile nei due Paesi teatro della disputa. Negli Stati Uniti, una manifattura debole ha spinto l’indice Ism al livello minimo degli ultimi tre anni e anche il tasso di occupazione è leggermente calato. In Cina, la crescita della produzione industriale è rallentata al livello più basso di sempre.

Un’area interessante è l’Europa. Il nostro indice anticipatore per l’eurozona è stato positivo per tre mesi di seguito, sostenuto da una robusta spesa al consumo. La domanda delle famiglie è particolarmente forte. Anche se le vendite al dettaglio sono leggermente calate, la fiducia dei consumatori è ancora molto alta e le condizioni del mercato del lavoro sono migliorate. E il finanziamento al settore privato, una sorta di spauracchio per la regione, continua ad aumentare.

Le condizioni di liquidità sono passate da neutre a positive per le classi di attivi più rischiosi. La situazione in Europa è incoraggiante, grazie al recente taglio dei tassi d’interesse della Banca Centrale Europea e al riavvio del suo programma di acquisti di attivi, con il quale acquisterà 20 miliardi di euro al mese di titoli. In Cina, tuttavia, i rubinetti della politica monetaria non si sono aperti quanto speravano molti investitori.

I nostri modelli di valutazione indicano che le azioni globali sono valutate in modo equo. Eppure, ciò nasconde le ampie divergenze tra le regioni.

Gli Stati Uniti sono uno dei mercati azionari più costosi. Con un rapporto price-to-earnings rettificato per il ciclo di 29 volte, le azioni statunitensi non presentano buone valutazioni in termini sia assoluti che relativi rispetto alle omologhe. A livello globale, i titoli value sono più interessanti rispetto a quelli growth. Per quanto riguarda il reddito fisso, il debito governativo e il credito sono scambiati ai massimi livelli degli ultimi due decenni.

Un segnale positivo per le azioni proviene dagli indicatori tecnici. Man mano che l’anno entra nell’ultimo trimestre, le azioni dovrebbero beneficiare degli effetti stagionali – gli ultimi tre mesi dell’anno sono generalmente benevoli con i mercati azionari. Un altro dato positivo è il posizionamento estremamente prudente degli investitori, che limita la portata di un eventuale crollo delle azioni. Al momento, il posizionamento di mercato è molto cauto, come evidenziato dalla nostra analisi delle posizioni lunghe nette sulle valute rifugio (franco svizzero, yen giapponese e oro) rispetto a quelle di un paniere di valute tradizionalmente più rischiose.

Settori e regioni azionari: un passo indietro sui mercati emergenti

I mercati azionari stanno indubbiamente godendo di uno supporto di breve termine da parte della politica monetaria. La Bce ha recentemente lanciato una serie di misure di allentamento, la Fed statunitense sta tagliando i tassi e le autorità cinesi stanno allentando le briglie della politica monetaria. Ma crediamo che i recenti guadagni dei mercati non siano altro che un rally di mercato ribassista.

Per un verso, l’espansione statunitense, già la più lunga della storia, sta iniziando a mostrare i suoi limiti. Non solo per i segnali di avvertimento, come l’inversione della curva dei rendimenti delle obbligazioni statunitensi, che indicano una recessione da un po’ di tempo ormai, ma anche per il rallentamento della crescita degli utili societari. Contemporaneamente, la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina continua a produrre effetti deleteri.

Anche i cambiamenti delle dinamiche di mercato ci invitano alla cautela. Dopo essere rimasti indietro per anni rispetto alle controparti growth, i titoli value sono saliti nel mese di settembre (si veda il grafico). Che i titoli growth potessero restare indietro non dovrebbe però sorprendere, data la recente ripresa dei rendimenti obbligazionari – rendimenti in risalita abbassano il valore presente dei guadagni futuri attesi.

Tutto ciò ci induce a una visione più cauta sulle regioni e i settori azionari. Da qui la nostra decisione di ridurre la posizione sulle azioni dei mercati emergenti – che in tempi recenti hanno dato buoni risultati – portandola da sovrappeso a neutra, di ridurre i titoli finanziari anch’essi da sovrappeso a una posizione neutra e di aumentare l’esposizione dei tecnologici da sottopeso a neutra.

Tuttavia, nel mercato azionario ci sono aree interessanti. Manteniamo la posizione di sovrappeso sull’eurozona e sul Regno Unito, soprattutto per le valutazioni interessanti. Anche se la flessione nel commercio mondiale minaccia di spingere l’economia tedesca in recessione, questa possibilità si è già riflessa nel suo mercato azionario. La crescente probabilità di uno stimolo fiscale – tagli delle imposte societarie e spesa per le infrastrutture – rende concreta la possibilità che si inverta l’umore degli investitori, e lo faccia in modo deciso.

Il contesto è analogo per il Regno Unito. La Brexit ha reso le azioni britanniche le più convenienti di tutti i mercati azionari globali, mentre anche la sterlina è sottovalutata. Quando ormai sono state scontate molte cattive notizie, è probabile che un’eventuale risoluzione delle turbolenze politiche del Paese possa sfociare in una forte ripresa. Prevediamo una possibile ripresa del 20% del mercato.

Reddito fisso e valute: difficile trovare valore in un contesto di rendimenti negativi

Le obbligazioni sono diventate un investimento poco interessante, con un record di titoli con rendimenti negativi di 17mila miliardi di dollari1. Il rendimento reale sul debito globale, misurato dall’indice JP Morgan Government Bond, è sceso al minimo storico del -1,5%.

Ma non significa che sia giunto il momento di abbandonare le obbligazioni. Il compito degli investitori è quello di distinguere ciò che è caro da ciò che è eccessivamente caro. Non siamo attratti dalle obbligazioni societarie e sovrane europee. L’Europa ha una percentuale maggiore di obbligazioni con rendimento negativo rispetto a qualsiasi altra regione. Oltre il 60% del debito societario investment grade in euro ha rendimenti negativi, ai livelli massimi di sempre. Siamo anche sottopesati sulle obbligazioni di Stato giapponesi, gran parte delle quali offre pure rendimenti negativi.

Nel complesso, manteniamo un’esposizione neutra sul debito in valuta locale dei mercati emergenti. Anche se i loro rendimenti sono, nel complesso, al livello minimo degli ultimi cinque anni al 5,2%, le obbligazioni dei mercati emergenti dovrebbero beneficiare di un apprezzamento delle valute emergenti. Il nostro modello indica che le valute emergenti sono sottovalutate di circa il 25% rispetto al dollaro Usa, uno sconto difficile da giustificare considerata la più robusta crescita economica del mondo emergente.

Per quanto riguarda le valute, le prospettive della sterlina paiono luminose; abbiamo aumentato l’esposizione portandola al sovrappeso. L’incertezza politica ed economica causata dalla Brexit ha già spinto la sterlina al suo livello più basso degli ultimi 34 anni rispetto al dollaro. Tuttavia, riteniamo che molte cattive notizie siano già riflesse nel prezzo. La nostra analisi indica che la sterlina è scambiata adesso a circa il 12% in meno rispetto al valore equo suggerito dal nostro modello di parità del potere d’acquisto (si veda il grafico). Di conseguenza, ogni sorpresa positiva relativa alla Brexit è in grado di scatenare un rally della valuta.

Nel complesso, manteniamo il sovrappeso sul franco svizzero e sull’oro, in quanto la loro caratteristica di bene rifugio dovrebbe aiutarli a sovraperformare in periodi di maggiore volatilità ed elevata incertezza.

Panoramica sui mercati globali: una rotazione di stile

I mercati azionari globali hanno chiuso in rialzo in un movimento trainato dai titoli value, società con crescita dei profitti robusta anche se non spettacolare. La storia insegna che i titoli value sovraperformano le molto più affascinanti controparti “growth”, quando l’economia entra nella fase finale della sua espansione. I titoli value hanno perso buona parte della crescita dei titoli growth dal 2008. Ma un persistente rallentamento del commercio mondiale e la recente risalita dei rendimenti dei Treasury Usa paiono aver incoraggiato gli investitori a puntare su titoli più difensivi.

L’indice Msci Acwi value ha chiuso il mese in rialzo di oltre il 5% in dollari Usa, superando la controparte growth di oltre 2 punti percentuali. Nel mese abbiamo anche assistito a un’ampia dispersione tra regioni e settori. Il Giappone ha riportato la migliore performance, con un guadagno del 6% in valuta locale, beneficiando di uno yen più debole che ha perso oltre l’1% (si veda il grafico). I titoli finanziari ed energetici sono cresciuti di oltre il 4%. L’area asiatica emergente è stata la regione peggiore, lasciando sul tappeto l’1%.

I prezzi del petrolio sono stati volatili, mentre il benchmark del Brent ha riportato il miglior balzo degli ultimi 30 anni, dopo che gli attacchi ai pozzi petroliferi in Arabia Saudita hanno seminato i timori di scarsità dell’offerta. Il mercato da allora si è stabilizzato, con prezzi del petrolio che hanno chiuso il mese in rialzo dell’1,7%. Nei mercati obbligazionari, il debito in valuta locale dei Paesi emergenti è stato l’unica classe di attivi del debito sovrano che ha registrato rendimenti positivi nel mese. Le obbligazioni sovrane e societarie europee hanno perso terreno a livello complessivo. L’euro ha perso oltre l’1% sul dollaro. L’oro ha perso oltre il 3%.

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