Il peggio non è mai certo. E se ripartisse la crescita?

A cura di Olivier De Berranger, Chief Investment Officer di La Financière de l’Echiquier

È opportuno ricordare un rischio che tutti gli investitori oggi hanno ben presente: quello di una recessione globale che verrebbe scatenata tra qualche trimestre da una repentina battuta d’arresto nella crescita a livello mondiale.

Molte sono le argomentazioni, per forza di cose ansiogene, che alimentano questa ipotesi: uno stallo o un’escalation nel conflitto tra la Cina e gli Stati Uniti, una recessione dell’attività manifatturiera che impatterebbe anche i servizi, un rallentamento degli aumenti di produttività nonostante l’ondata di innovazioni tecnologiche o ancora le bolle dovute ai tassi negativi. Poiché il peggio non è mai certo – se lo fosse lo vedremmo già nelle quotazioni in borsa – stiamo esplorando l’ipotesi di un rimbalzo della crescita. Anziché vedere il bicchiere mezzo vuoto, cerchiamo di considerare i prerequisiti di una crescita globale che riparta rapidamente e relative ripercussioni sulle grandi asset class finanziarie.

In primo luogo, un esito positivo del conflitto commerciale tra la Cina e gli Stati Uniti potrebbe contribuire a ridare fiducia alle aziende. Se un accordo più o meno ampio venisse firmato, si sbloccherebbero non pochi investimenti: le imprese avrebbero maggior visibilità, necessaria per definire gli impegni di spesa a lungo termine.

In secondo luogo, l’inflazione potrebbe iniziare a materializzarsi per via dell’abbondante liquidità iniettata dalle banche centrali. Le imprese dotate di pricing power avrebbero così la possibilità di aumentare i loro prezzi e quindi i loro profitti, rafforzando i loro margini.

In questo scenario, l’esposizione azionaria sarebbe probabilmente una mossa vincente: il premio di rischio si apprezzerebbe all’improvviso rispetto agli asset sensibili ai tassi governativi. Infatti, i titoli di Stato, considerati i più sicuri, hanno spesso un rendimento nullo o addirittura negativo. In tal caso, le imprese sensibili al ciclo sarebbero da preferire ai titoli “di qualità”, alla luce della ripresa dell’economia ma anche della loro valorizzazione relativa ad oggi particolarmente deprezzata.

Anche se questo scenario rimane per ora del tutto ipotetico non va però scartato vista l’imprevedibilità dell’uomo oggi più potente del mondo, Donald Trump. Mentre il Presidente americano ha spesso sorpreso il mercato in modo poco gradevole, un’improvvisa inversione di tendenza nei suoi rapporti con la Cina sta diventando, sullo sfondo della campagna presidenziale e della procedura di impeachment, un po’ più probabile ogni giorno.

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