Chaplin, Einstein e il Pil: la relatività in economia

A cura di Abalone Suisse

Quando Charlie Chaplin e Albert Einstein si conobbero, Einstein disse: “Quello che più ammiro della vostra arte è la sua universalità. Non dite una parola ma nonostante ciò tutto il mondo vi comprende”. Chaplin rispose: “È vero, ma la vostra gloria è ancora maggiore: il mondo intero vi ammira, anche se nessuno vi capisce”.

La formula E=mc² è una delle meno intuitive della fisica ma è anche una delle più note. Non è facile accettare che due orologi al polso di due persone che si muovono a velocità diverse scandiscano il tempo a ritmi differenti così come non è facile percepire che più ci si avvicina ad un corpo con massa elevata e tanto più il tempo scorre lentamente. Se non si tenesse conto che la terra e i satelliti Gps hanno velocità e gravità diverse i nostri navigatori registrerebbero un errore di 8 km al giorno. A quel punto sì che ce ne accorgeremmo.

In economia esiste una formula con profonde analogie a quella scritta da Einstein nella teoria della relatività. Eppure, nonostante quella economica abbia riflessi concreti molto più marcati sulla nostra vita, nessuno si sognerebbe di scriverla su una maglietta: Pil=mv.

Einstein spiegava che l’energia è uguale alla massa per la velocità della luce al quadrato. In economia il Prodotto Interno Lordo (che può essere visto come una sorta di energia prodotta da un Paese) è uguale a “m”, che stavolta indica la quantità di moneta, per la sua velocità di circolazione “v”. L’analogia tra le due formule è impressionante. In economia però tutto appare più intuitivo: più aumenta la quantità di denaro in circolazione e più aumenta il Pil o, analogamente, più velocemente circola la moneta e più prodotti e beni verranno scambiati facendo aumentare anche in questo caso il PIL. Inoltre possiamo riscontrare un’altra analogia tra fisica ed economia: nell’equazione E=mc² la velocità della luce “c” è una costante. Ebbene, anche nel settore economico la velocità di circolazione della moneta “v” tende a non subire variazioni significative e soprattutto i regolatori economici (banche centrali e stati) non hanno la capacità di indirizzarne il cambiamento nel breve periodo. Questo è il motivo per cui negli ultimi anni abbiamo assistito ad ingenti piani di allentamento quantitativo da parte delle banche centrali che nel tentativo di rilanciare una crescita boccheggiante non hanno potuto far altro che incidere sulla massa monetaria a disposizione dei mercati.

Dalla relatività al forex

Sempre la teoria della relatività ci torna utile per spiegare un altro fenomeno apparentemente incomprensibile: da alcuni anni il dollaro Usa presenta tassi d’inflazione sensibilmente più alti di quelli europei eppure il suo cambio non ha accennato ad indebolirsi contro la valuta del vecchio continente. Il risultato è stato che chi ha aumentato l’esposizione su fixed income denominato in dollari senza hedging valutario ha incassato yield e forex con buona pace di tutte le anime inquiete che pronosticavano il collasso del sistema fiscale statunitense di fronte all’incubo del tapering made in Fed.

La spiegazione di questa apparente incongruenza è semplice: l’economia Usa corre a una velocità decisamente superiore a quella europea e quindi nella formula Pil=mv a fronte di un aumento più elevato del Pil anche la massa deve subire un incremento più significativo visto che “v” resta invariata. Pertanto è un po’ come se in questi anni l’orologio di Jerome Powell avesse battuto ad una velocità diversa rispetto a quello di Mario Draghi, è come se ci fossimo mossi su due sistemi di riferimento differenti con la naturale conseguenza che la maggior inflazione statunitense è stata assorbita dalla maggior crescita del Pil e quindi non ci sono stati vistosi effetti sul forex.

Il sottile confine fra arte e scienza

Dagli esempi precedenti deduciamo che molti eventi economico finanziari sono comprensibili utilizzando ragionamenti fisici e logica matematica. A volte è sufficiente scomodare la fisica classica mentre in altri casi è necessario sconfinare nella fisica quantistica; di fronte ad uno scenario così complesso l’importanza del lavoro di gestione non risiede esclusivamente nella capacità di fare previsioni ma è anche legata all’abilità di sviluppare strategie efficienti e resilienti che sappiano funzionare indipendentemente dai singoli eventi che possono succedere. Il lascito più grande di scienziati come Albert Einstein o Enrico Fermi risiede proprio nello stimolo ad avere una visione globale della realtà e su di essa costruire teorie che abbiano la capacità di eseguire azioni specifiche in armonia l’una con l’altra. Nessun grande genio del passato ci ha lasciato una formula in grado di spiegarci come mai alcuni mesi fa sarebbe stato giusto incrementare le posizioni su Volkswagen, Daimler e Bmw nei portafogli azionari. Eppure noi lo abbiamo fatto e il merito va a strategie quantitative studiate con l’obiettivo di essere omnicomprensive e integrabili ad approfondite analisi fondamentali e macroeconomiche.

In questo senso il ruolo di gestore trascende dalla mera ricerca scientifica e sconfina in qualcosa di più grande che comprende anche emozioni, sensibilità e fantasia umana: l’arte. Quando parlo di R&D process guidelines con Roberto Colapinto, fondatore di Abalone Group, lui mi ricorda sarcasticamente (e giustamente) che non sono stato assunto per essere Picasso ma il mio ruolo è quello di apportare un contributo scientifico nel processo di ricerca e sviluppo delle strategie di gestione della società. Non è un compito semplice perché la realtà è molto complessa e a causa delle sue innumerevoli sfaccettature non è possibile realizzare strategie di gestione interamente automatizzate. Sebbene la scienza abbia già speso grandi risorse in questa direzione siamo comunque sempre costretti a sconfinare nel volubile e insidioso universo della sensibilità umana e ad oggi l’intervento dell’uomo resta un fattore imprescindibile.

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