I dati del recente passato, sottolinea l’esperto, dimostrano che società particolarmente attente ai principi Esg, tra cui troviamo le aziende legate all’economia circolare, sono in grado di fornire ritorni mediamente più stabili e quindi, di sovraperformare i normali indici azionari. Se guardiamo a multipli quali il P/E o l’Ev/Ebitda, gli indici “circolari” che rappresentano l’universo investibile dei prodotti sono in media più “cari”, principalmente perché non includono società del settore finanziario, mentre il peso della tecnologia è normalmente elevato.
“Tuttavia, all’atto pratico, attraverso un investimento in un prodotto circolare si acquisisce esposizione in società a larga capitalizzazione la cui mission è la sostenibilità del loro business (e quindi dei ritorni) a lungo termine. Tutto ciò è certificato dall’elevato rating Esg, quindi da considerazioni legate non solo all’impatto ambientale ma anche alle prestazioni sociali e di governance dell’azienda. Queste soluzioni offrono un’esposizione geografica globale ma concentrata nei mercati sviluppati (Usa, Giappone e Francia i Paesi più rappresentati)”, spiega Re.
Che conclude: “Attualmente, nell’ambito degli investimenti nell’economia circolare, crediamo che sia l’azionario a offrire maggiori opportunità. Dal punto di vista settoriale preferiamo la tecnologia, i beni di prima necessità e le utilities mentre tra quelli meno interessanti troviamo i consumi discrezionali, in particolare quelli legati al settore auto. A livello di paesi abbiamo una preferenza per l’Europa e gli Stati Uniti, mentre vediamo meno opportunità in Giappone”.