Le banche centrali guadagnano tempo in attesa dei consumi. E dei governi

A cura di Erik Knutzen, Chief Investment Officer Multi-Asset Class di Neuberger Berman

La settimana scorsa sono stati diffusi i dati sulla crescita del Pil statunitense per il terzo trimestre 2019 che, attestandosi all’1,9%, ha battuto le attese della maggior parte degli economisti. Anche sul fronte dell’occupazione l’America ha proseguito la sua corsa, creando decine di migliaia di nuovi posti di lavoro nel solo mese di ottobre. Davanti al rallentamento del settore manifatturiero, gli Stati Uniti hanno dato prova di una maggiore resilienza rispetto alla maggior parte degli altri Paesi. Il merito va riconosciuto sia ai tagli fiscali che hanno contribuito a sostenere l’economia a stelle e strisce nel 2018, sia alla politica di riduzione dei tassi adottata da una fortissima banca centrale, sia al fatto che il Pil del Paese viene generato principalmente dai settori dei servizi e dei consumi.

Sono le politiche monetarie e i consumi che stanno tenendo in piedi la crescita americana. E che stanno impedendo all’Europa e al Giappone di sprofondare. Ciò che i consumatori di tutto il mondo stanno facendo con la loro spesa è estremamente importante: stanno guadagnando tempo per le imprese e per i governi, in attesa che le une e gli altri trovino il coraggio di investire.
Ma per quanto ancora il peso dell’economia potrà gravare sulle spalle dei consumatori?

Discorso d’addio

La settimana scorsa, Brad Tank ha rilevato una crescente opposizione nei confronti dei tassi negativi e di altri strumenti aggressivi di politica monetaria. Nei giorni successivi, la Banca Centrale Europea e la Federal Reserve hanno entrambe lasciato intendere che le politiche monetarie potrebbero aver raggiunto il limite, nell’ambito del ciclo in corso. Nel suo discorso d’addio, il presidente uscente della Bce Mario Draghi ha lanciato un altro appello ai governi dell’Eurozona esortandoli a fare la propria parte. Christine Lagarde, che prenderà il posto di Draghi alla guida dell’istituto di Francoforte, ha già dichiarato che i tassi negativi hanno raggiunto il limite.

Mercoledì la Fed ha tagliato i nuovamente i tassi, ma le dichiarazioni del suo presidente Jerome Powell, sull’atteggiamento attendista che la banca centrale assumerà d’ora in poi, salvo necessità di un “approfondito riesame della situazione”, sono state sufficienti a cancellare dai mercati dei futures qualunque prospettiva di ulteriori tagli a dicembre. L’inflazione è ancora sotto al livello obiettivo, il settore manifatturiero è in crisi e sull’intesa commerciale tra Stati Uniti e Cina continuano ad aleggiare incertezze. Ciò nonostante, la Fed vuole fare un passo indietro. Si ha l’impressione che anche le banche centrali puntino sui consumi per superare il momento critico.

Bilanci

Tutto sommato, la scommessa pare ragionevole. Stando ai dati diffusi venerdì sull’occupazione non agricola e sui salari, il mercato del lavoro ha ancora una volta battuto le attese. Guardando ciò che sta alla base del sensazionale Pil statunitense della settimana scorsa, emerge un quadro che riassume perfettamente la situazione attuale. La spesa per beni strumentali è scesa del 3%, vale a dire il minimo da quattro anni a questa parte, ma è quasi interamente compensata dalla crescita del 2,9% dei consumi personali, una cifra ampiamente superiore alle previsioni. E non stiamo assistendo a un’insostenibile epidemia di credito al consumo: sebbene l’indebitamento delle famiglie statunitensi sia in aumento, l’apprezzamento degli immobili implica che i bilanci dei proprietari di abitazioni sono ancora in buone condizioni.

Contrariamente a quanto potrebbe sembrare, le cifre relative alla spesa in conto capitale rientrano perfettamente in questo quadro. Venerdì, l’indice del settore manifatturiero statunitense diffuso dall’Institute for Supply Management (Ism) ha evidenziato un ulteriore calo della fiducia delle imprese. Il Ceo Confidence Index di Conference Board ha toccato i minimi dalla crisi finanziaria di settembre. Gli ultimi indici Pmi hanno evidenziato che il manifatturiero continua a languire nella maggior parte dei Paesi europei dove, per di più, anche la crescita del credito sta arretrando.
Il pessimismo delle imprese potrebbe proseguire se i governi non adotteranno misure di sostegno. Un accordo tra Washington e Pechino potrebbe contribuire in modo positivo. Ma tra i Paesi del Nord Europa i segnali favorevoli alle misure di stimolo non si sono ancora tradotti in nulla di concreto e negli Stati Uniti difficilmente assisteremo a interventi fiscali coordinati nell’anno delle presidenziali.

Negli Stati Uniti i consumatori spendono

Ma quando la disoccupazione è ai minimi, la crescita dei salari supera l’inflazione del 3% e i consumatori spendono, non stupisce che l’economia statunitense cresca a un ritmo prossimo al 2%, offrendo tra l’altro un significativo sostegno al resto del mondo. Come abbiamo detto, si tratta di una scommessa ragionevole… ma una scommessa non è una strategia. I consumi ci sono e sono innegabili, ma gli indicatori di fiducia, negli Stati Uniti come in Europa, sembrano evidenziare un’incipiente inquietudine per il futuro. Un motivo non trascurabile sta nel fatto che molti consumatori lavorano nel settore manifatturiero o nel ramo del terziario che fornisce servizi al manifatturiero. E un numero ancor maggiore teme le incertezze che accompagneranno il lancio della campagna elettorale statunitense.

La settimana scorsa l’S&P 500 ha raggiunto un nuovo record. Il mercato è influenzato da chi compra, sotto più di un aspetto. Tuttavia prima di dichiarare che nell’azionario i rischi di rialzo sono superiori a quelli di ribasso, vorremmo poter constatare che l’economia può contare sul sostegno di qualcun altro, oltre che dei consumatori.

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