Il settore dei servizi finanziari non sa rispondere alle esigenze delle donne

Le società del mondo dei servizi finanziari potrebbero realizzare oltre 700 miliardi di dollari di ricavi annuali addizionali se riuscissero a servire meglio la loro clientela femminile. A dirlo è il report “Women in Financial Services 2020” della società di consulenza globale Oliver Wyman, che evidenzia come la cifra stimata sia maggiore dei ricavi annuali delle maggiori istituzioni finanziarie globali.

“Le donne sono il più grande segmento di clientela sottoservita nell’ambito dei servizi finanziari. Nonostante abbiano un ruolo sempre più importante come acquirenti di servizi finanziari, le loro esigenze non trovano riscontro in maniera adeguata,” spiega Jessica Clempner, Principal e autrice di riferimento del report. “Non ascoltando e non comprendendo la loro clientela femminile, le società stanno lasciando sul piatto potenziali entrate”.

Per cogliere questi ricavi, le aziende dovrebbero capire i bisogni delle loro clienti donne e creare prodotti e servizi specifici per loro, migliorando di conseguenza l’offerta anche per il resto della clientela. Ad esempio, gli autori del report spiegano come i prodotti retail e di wealth management non siano progettati in maniera coerente con le esigenze finanziarie delle donne, e come altri prodotti apparentemente ‘neutrali’ in realtà siano orientati verso gli uomini.

Oltre a guardare alle donne in quanto clienti, il report Women in Financial Services esamina la loro posizione come lavoratrici, supervisori e azioniste: ne emerge che per raggiungere progressi significativi le società devono approcciare in maniera più ampia la diversità di genere. In questo senso la pressione per arrivare a generare più utili tramite la diversità e l’inclusione, si legge nello studio, sta crescendo.

Donne nelle posizioni di leadership: Italia in ritardo

La percentuale globale di donne nei comitati esecutivi è cresciuta, passando dal 16% del 2016 al 20% attuale, e quella relativa alle donne nei consigli di amministrazione ha raggiunto il 23%, con un aumento del 4% rispetto a tre anni fa. Tuttavia, il settore deve ancora fare molta strada. La rappresentanza tra i Ceo e nei ruoli di presidenza è decisamente troppo bassa, rispettivamente al 6% e al 9%. Il 19% dei comitati esecutivi e il 15% dei Cda delle società di servizi finanziari sono ancora composti interamente da uomini.

Guardando alle differenze tra stati, Israele eccelle con il 38% di rappresentanza nei comitati esecutivi, seguito da Australia, Svezia, Finlandia, Thailandia, Norvegia, Canada e Sud Africa. La percentuale più bassa si riscontra in Arabia Saudita; male anche la Cina, il Giappone e la Corea del Sud.

L’Italia è decisamente sotto la media, con appena il 13% di donne nei comitati esecutivi, addirittura in rallentamento rispetto al 2016 (quando il dato si attestava al 14%). Il nostro paese va meglio se si guarda alla presenza di donne nei Cda – 35%, dato sopra la media europea – ma il divario rispetto alla quota femminile nei comitati esecutivi è il più ampio in Europa, il che suggerisce come gli interventi legislativi abbiano risolto la questione solo a livello formale, e non culturale.

“Il settore dei servizi finanziari si trova a dover affrontare le stesse sfide del passato, compresi i preconcetti inconsci e il gap di metà carriera che frena tante donne”, commenta Claudio Torcellan, Partner responsabile Financial Services per il Sud Est Europa. “All’orizzonte ci sono poi fattori importanti che potrebbero rallentare potenziali progressi, come la minaccia di una recessione, questioni culturali mai così difficili da risolvere, e la digitalizzazione del settore”.

Clicca qui per leggere il report Women in Financial Services 2020.

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