Ubp: porre fine alla cultura del “take, make, waste”

A cura di Victoria Leggett, Head of Impact Investing, Union Bancaire Privée (Ubp)

I governi e i consumatori si sono resi conto della necessità di decarbonizzare l’economia. Francia, Regno Unito, Norvegia e Svezia stanno lavorando per diventare carbon neutral e altre 15 nazioni hanno iniziato discussioni approfondite sul tema. L’Unione Europea ha deciso, nel 2021, di bandire l’utilizzo di diversi articoli in plastica monouso, e di dimezzare le emissioni di Co2 generate dal trasporto delle merci entro il 2050. Per le persone e i consumatori gli scioperi studenteschi e le proteste sul cambiamento climatico, accanto alla riduzione del consumo di carne, sono segnali di un mutamento di pensiero che non può essere ignorato. Il cambiamento in corso nell’economia globale richiede una grande quantità di investimenti, da cui trarranno vantaggio le aziende che stanno lavorando per essere all’altezza delle sfide ambientali e sociali. Beneficiare dalle eccezionali potenzialità di crescita di queste aziende nei prossimi decenni è esattamente quello che fa l’impact investing: selezionare asset che abbiano un impatto sulla società positivo e misurabile, offrendo contemporaneamente agli investitori prospettive attraenti.

Ma come possiamo identificare questi potenziali asset e valutarne l’impatto? Le attuali metodologie di selezione si basano sul piano proposto dai 17 Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite (Sdgs). Ubp ha sviluppato la propria metodologia personalizzata, in partnership con il Cambridge Institute for Sustainability Leadership (Ciskl): si suddivide la Sdg in sei principali temi di investimento, quali bisogni primari, salute e benessere, economie eque e inclusive, stabilità climatica, ecosistemi sani e comunità sostenibili. Le società vengono poi analizzate a livello tematico utilizzando criteri “Imap” (intenzionalità, materialità, addizionalità, potenzialità) per misurare l’intensità dell’impatto.

L’obiettivo è quello di valutare, ad esempio, la porzione di investimenti in R&S allocati su soluzioni che generino un impatto positivo, o la porzione di ricavi proveniente esclusivamente da queste soluzioni. Inoltre, è importante determinare se una società è posizionata per diventare leader nel suo ambito.

Il caso di Aquafil

Per la categoria “ecosistemi sani”, Aquafil è un eccellente esempio di società con un potenziale attraente in termini sia di fondamentali finanziari solidi, sia per il suo significativo impatto positivo (secondo i criteri Impa di Ubp raggiunge un punteggio di 15/20). Aquafil è una società italiana, quotata sul segmento Star, che opera a livello internazionale producendo fibre sintetiche (nylon) per pavimentazione tessile e per il settore dell’abbigliamento ed è leader industriale nello sviluppo di tecnologie che contribuiscono a un’economia circolare.

“Econyl” è il processo proprietario di Aquafil che recupera i rifiuti di nylon, come le reti da pesca dagli oceani o scarti di tessuti e tappeti, e li trasforma in filo di nylon di alta qualità, e ha già convinto diversi marchi della moda, anche di alta gamma, come Adidas, H&M, Stella McCartney e Prada. Con ogni milione di dollari investito la società recupera 1,3 tonnellate di reti da pesca e rigenera 1,02 tonnellate di rifiuti di pavimentazione tessile all’anno.

Aziende a impatto positivo come Aquafil stanno aiutando a costruire le fondamenta per una crescita sostenibile e per un’economia circolare in netto contrasto con quella lineare del “take, make, waste” (“prendi, fai, butta”), che consuma le risorse naturali. In un’economia circolare, infatti, i prodotti e i materiali alla fine del loro ciclo di vita vengono riciclati e rigenerati. Tuttavia, la strada per diffondere queste pratiche è ancora lunga. Oggi, solo il 9,1% dell’economia globale è veramente circolare. È qui che l’Impact investing gioca un ruolo di primo piano, sia per la salvaguardia del paese sia per ottenere performance sostenibili sugli investimenti.

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