Persi 200 miliardi di sterline

  E’ quanto emerge dall’ultima analisi di Goldman Sachs. Anche le previsioni più pessimiste del Fondo Monetario Internazionale, così come riportate in uno studio di sei mesi fa su un periodo di quattro anni, delineano perdite aggregate, per 215 miliardi di sterline. L’agenzia di rating Fitch, invece, a giugno ha stimato che il costo della presenza del governo britannico nelle banche inglesi pesa per complessivi 145 miliardi di pound. Le nuove stime del FMI di ottobre, però, configurano un quadro ancora più negativo. Nel triennio 2007-10, difatti, le banche UK a partecipazione statale potrebbero soffrire perdite per 360 miliardi di sterline, stima di due terzi maggiore della precedente. La revisione in negativo, ha spiegato l’istituzione sovrannazionale, è dovuta a migliori informazioni sulla dimensione dei dati di bilancio aggregati delle banche britanniche. Secondo Goldman Sachs, però, tali stime sarebbero leggermente eccessive. Esaminando il settore dei mutui, ad esempio, nei primi due trimestri dell’anno il tasso annualizzato di perdite delle banche inglesi è stato di 125 punti base, in rialzo di 28 punti nel 2007 e di 52 pb rispetto all’anno scorso. Tale tasso crescerà sensibilmente nel 2010, circa del 20%. La banca americana si attende che le perdite cumulative sui mutui ed i writedown siano più bassi nell’attuale recessione che nei primi anni ‘90. La differenza tra le rispettive previsioni per le perdite sui prestiti societari è persino più piccola (il 5,6% per il FMI ed il 4,1% per Goldman Sachs). Secondo alcuni responsabili del settore, le banche UK avrebbero già raggiunto i loro picchi nelle perdite, affermazione che, a livello aggregato, non è condivisa da Goldman Sachs. Nell’ultima recessione le perdite sui prestiti sono aumentate sino ad un anno dopo la fine del rallentamento. In conclusione, sebbene la crisi abbia allentato la morsa, con le borse in recupero dal terreno perso negli ultimi 18 mesi, i tassi di perdita continueranno a crescere ancora per qualche tempo. In definitiva, la differenza tra le stime del Fondo e dell’ente creditizio americano risiederebbe nel fatto che l’istituzione internazionale ha sottostimato la quota di prestiti UK detenuta dalle banche all’estero, rispetto ai prestiti registrati a livello domestico. Le diverse stime nei writedown sui prestiti domestici contano per meno della metà dei 150 punti base di gap tra gli scenari disegnati dai due istituti; il FMI sembra esser stato più pessimista sulla performance dei prestiti esteri.

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