Mercati, la svolta su Brexit e guerra commerciale rilancia l’ottimismo

A cura di Wings Partners Sim

Finale di settimana che si annuncia pirotecnico a seguito delle significative svolte sul fronte geopolitico arrivate ieri; in Uk infatti Boris Johnson porta i conservatori alla vittoria con il più ampio margine di seggi a far data dal 1987 (era Thatcher) apparentemente sbloccando l’impasse sulla Brexit che ha tenuto ostaggio il Regno Unito per quasi 4 anni. I passi successivi non sono ancora chiari tuttavia, con la probabile uscita formale dell’Inghilterra dall’Europa a gennaio ed 11 mesi per ratificare un accordo omnicomprensivo che in altri casi storicamente ha richiesto diversi anni per essere completato, come ben evidenziato nel grafico sotto (se non altro entro il primo luglio c’è sempre una scappatoia che consentirebbe, previo accordo bilaterale, di estendere il periodo transitorio per un altro biennio).

Vedremo nei prossimi giorni come si andrà a delineare il quadro di questo complicato divorzio ma nel frattempo arriva già la prima tegola con l’Snp che ha già annunciato di voler indire un secondo referendum sull’indipendenza della Scozia.

Inattesa (o forse meglio dire insperata) svolta anche sul fronte sinoamericano, con l’annuncio del deal (la cosiddetta Fase 1) tra Cina e Usa sebbene questo debba ancora essere formalizzato per iscritto; i cinesi si impegnano a comprare circa 50 miliardi di dollari di prodotti agricoli statunitensi mentre dal canto suo Washington oltre a sospendere l’implementazione dei nuovi dazi su 160 miliardi di dollari di importazioni cinesi prevista per il 15 dicembre (che avrebbe comunque danneggiato più gli Usa che la Cina, dato che si tratta di prodotti a largo consumo quali laptop e cellulari nel periodo di massima domanda) sembra propensa a ridiscutere, in qualche misura, i dazi esistenti.

Neanche a dirlo una ventata di ottimismo si abbatte sui mercati azionari tra ieri sera e questa mattina, con i mercati asiatici particolarmente tonici (Nikkei +2,55%, Shanghai +1,78%) mentre il dollaro retrocede visibilmente contro il paniere di riferimento con la sterlina che mette a segno il progresso più significativo a far data dal 2017.

Materie prime, quotazioni in rialzo

Il petrolio si porta sui massimi da tre mesi a questa parte in predicato di rompere sul Wti la soglia psicologica dei 60 dollari al barile mentre di contro, se il venire meno delle incertezze geopolitiche penalizza inizialmente le quotazioni dell’oro, il metallo prezioso mostra comunque in chiusura di giornata una buona tenuta grazie al contestuale indebolimento del biglietto verde.

Metalli non ferrosi in generale rialzo guidati da un rame sempre tonico e ora a ridosso di quota 6.200 dollari (a contribuire al rialzo le difficoltà finanziarie segnalate dallo smelter cinese Dongyng Fangyuang che ha prodotto nel 2018 748mila tonnellate di rame raffinato) e il nickel che sorprendentemente si lascia alle spalle un nuovo e consistente incremento delle giacenze Lme (il più corposo afflusso giornaliero dal 2016) per svettare sopra quota 14mila dollari a tonnellata.

Buoni progressi, anche se meno incisivi, da parte di zinco (2.280 dollari), piombo (1.950 dollari) e alluminio che si porta questa mattina nuovamente a portata di quota 1.800 dollari malgrado i prezzi dell’allumina continuino a mostrare debolezza, registrando in Cina questa settimana il nuovo minimo da 31 mesi a questa parte.

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