Proiezioni macroeconomiche per l’Italia – Quadriennio 2019-22

Banca d’Italia ha pubblicato una nota con cui presenta le Proiezioni macroeconomiche per l’Economia italiana nel quadriennio 2019-22 elaborate da propri esperti nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema. Le proiezioni per l’area dell’euro sono state rese note dopo la riunione del Consiglio direttivo della BCE; quelle per i singoli Paesi saranno rese disponibili sul sito della BCE successivamente.

Le proiezioni, come concordato nell’ambito dell’esercizio dell’Eurosistema, sono basate sulle informazioni disponibili al 19 novembre (per la formulazione delle ipotesi tecniche) e al 25 novembre (per i dati congiunturali). Le proiezioni non tengono pertanto conto delle informazioni contenute nei conti nazionali relativi al terzo trimestre di quest’anno, diffusi dall’Istat il 29 novembre, che hanno peraltro confermato la stima preliminare di crescita del PIL nel terzo trimestre (0,1 per cento sul trimestre precedente), diffusa lo scorso 31 ottobre.

Il quadro macroeconomico presentato si basa sull’ipotesi di un rafforzamento molto graduale del commercio mondiale, dopo la battuta di arresto osservata nel corso di quest’anno. Il profilo dei tassi di interesse e del prezzo del greggio è quello implicito nelle quotazioni dei mercati nelle dieci giornate lavorative terminanti il 19 novembre; esso incorpora un rendimento dei titoli di Stato decennali più basso che nell’esercizio previsivo di luglio (di circa 50 punti base nel 2019 e 90 punti base nel biennio 2020-21), grazie alla politica monetaria più espansiva e alla riduzione dei premi per il rischio sovrano. In accordo con le linee guida dell’Eurosistema lo scenario non incorpora gli effetti dell’aumento delle imposte indirette previsto dalle clausole di salvaguardia ancora attive per il biennio 2021-2022.

In questo scenario la proiezione centrale prefigura una crescita del PIL in Italia pari allo 0,2 per cento nella media di quest’anno, che si rafforzerebbe gradualmente nei tre anni successivi, portandosi allo 0,5 per cento nel 2020, allo 0,9 nel 2021 e all’1,1 nel 2022. Rispetto alle precedenti proiezioni, pubblicate nel Bollettino economico di luglio, la stima è marginalmente più elevata per il 2019, riflettendo le informazioni più favorevoli disponibili per i primi nove mesi dell’anno, e lievemente inferiore nel 2020 e nel 2021, a seguito degli effetti della più accentuata debolezza del quadro internazionale, in larga parte, ma non interamente, compensati dallo stimolo proveniente dai più bassi tassi di interesse.

Alla crescita del prodotto contribuirebbero sia i consumi delle famiglie sia gli investimenti in beni strumentali, sospinti da condizioni di finanziamento favorevoli; la crescita dell’accumulazione resterebbe tuttavia più moderata rispetto a quella osservata nell’ultimo triennio, riflettendo l’accresciuta incertezza sulle prospettive della domanda. Le esportazioni aumenterebbero in linea con la crescita moderata della domanda estera per i prodotti italiani. L’occupazione si espanderebbe in media a tassi lievemente inferiori a quelli del prodotto.

L’inflazione recupererebbe gradualmente nel prossimo triennio. I prezzi al consumo aumenterebbero dello 0,6 per cento nella media di quest’anno, dello 0,7 nel 2020, dell’1,1 nel 2021 e dell’1,3 nel 2022. L’inflazione di fondo rimarrebbe contenuta quest’anno e il prossimo, per poi aumentare progressivamente nel biennio successivo, spinta da un graduale rafforzamento della crescita dei salari e aumento dei margini di profitto. Rispetto alle nostre precedenti proiezioni pubblicate in luglio, l’inflazione è stata rivista al ribasso di 0,1 punti percentuali nel 2019, 0,2 nel 2020 e 0,3 nel 2021, principalmente per effetto dei minori prezzi delle materie prime.

I rischi principali che circondano queste proiezioni di crescita restano legati all’incertezza globale, alle tensioni commerciali e all’andamento dell’attività economica dei nostri principali partner europei, che potrebbero ripercuotersi sulle nostre esportazioni e sulla propensione a investire delle imprese, nonché alla possibilità che nuovi episodi di volatilità finanziaria si riflettano sui costi di finanziamento di famiglie e imprese.

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