Dollaro e yen non sono uguali

di Marcella Persola
 
…non subirà il tracollo che portò il Giappone in recessione per quasi 20 anni. Anzi il paragone per alcuni operatori è azzardato visto che stiamo parlando di due paesi con economie completamente differenti.
Seppure è innegabile che la situazione attuale vissuta dagli Stati Uniti abbia elementi di similarità con quanto accaduto nel Giappone negli anni novanta, ossia i bassi tassi di interesse e la debolezza della moneta. È vero come sottolinea Coleman Kendall, economista americano e fondatore della società Understanding the Market, che “entrambe le crisi hanno avuto origine con il boom del settore immobiliare e commerciale e che la crisi ha portato al crollo del mercato azionario e le banche centrali a tagliare i tassi a zero” precisa Kendall. Ma rispetto al Giappone, gli Stati Uniti si sono comportati in modo differente.
In primis rispetto al Giappone nel quale ci fu riluttanza a far fallire le società, in America si è deciso di salvarne soltanto alcune e la pressione del governo verso queste ultime è molto forte.
“Ci sono pressioni perché le società riducano i costi, altrimenti le lasceranno cadere in default” conferma Kendall. E anche il comportamento nei confronti della moneta non presenta elementi di contatto. Nel senso che mentre la BoJ era molto interessata al livello dello yen, la Fed ha favorito anche il deprezzamento della moneta. “Nel 1989 il cambio yen/dollaro era molto basso a 144 e salì a 83 yen/dollaro nel 1995” spiega Kendall. Questo perché “il carry trade a leva sullo yen era molto forte” precisa Sergio Cola responsabile gestioni patrimoniali di Lemanik “Ma non vedo la stessa focalizzazione sul dollaro” continua Cola. Infatti, nonostante attualmente la moneta presentidei livelli molto deboli, l’idea di fondo è che la debolezza permarrà nel medio periodo, seppure nel breve si potrebbe assistere a un riequilibrio. “Anche il consensum degli analisti è di un non ulteriore indebolimento della moneta. Anzi l’attesa è che il dollaro arriva a 1,45 contro euro” continua Cola. Quindi un rafforzamento rispetto al livello attuale. “La chiave di tutto è rappresentata dalla fiducia delle imprese. Nel momento in cui esse avranno maggiore fiducia nel contesto economico, inizieranno ad assumere e quindi il tasso di disoccupazione inizierà ad abbassarsi e di conseguenza si stimoleranno i consumi, che faranno partire l’economia” spiega Matteo Paganini, analista di Salex.
A questo punto la Fed dovrà agire sui tassi di interesse. E questo porterà il dollaro a riapprezzarsi.
È previsto infatti che la Federal Reserve agirà sui tassi già a partire dal 2010. “Le politiche monetarie attuali trovano il loro fondamento nell’andamento delle economie reali. Bisogna tenere in considerazione il fatto che, nonostante i profitti aziendali si siano rivelati quasi sempre superiori alle attese in tutto il mondo, di fatto però sono stati raggiunti prevalentemente grazie a forti riduzioni di costi. Ciò di cui ci sarebbe realmente bisogno, e che crediamo che in prospettiva potrà verificarsi in maniera sempre più diffusa, è una crescita dei volumi d’affari delle aziende, vero indice di un’economia globale in salute. In questa fase, il rischio è che si tolga liquidità dal sistema troppo presto, vale a dire prima che si verifichi questa auspicabile crescita dei fatturati aziendali. Riteniamo però che i governi siano perfettamente consapevoli del ruolo fondamentale che la liquidità gioca per la crescita delle aziende. Non crediamo quindi che sottrarranno risorse preziose prematuramente” commentano gli analisti di Henderson. “Se da un lato è vero che la liquidità sta creando una bolla, è anche vero che molti governi oggi controllano numerose aziende, in particolare le banche. Sanno quindi che nella gestione di queste aziende devono mettere in atto aumenti di capitale, ripagare il debito e riordinare i bilanci. Al tempo stesso, devono giustificare agli occhi dei contribuenti l’immissione di liquidità nel mercato. Questa situazione richiede necessariamente che i mercati si mantengano su livelli elevati, altrimenti una corretta e sana gestione delle aziende a controllo statale diventa insostenibile. Per questo motivo, una politica monetaria espansiva è probabilmente la migliore soluzione, almeno fino a quando non si assisterà ad una solida ripresa dell’economia” continuano da Henderson. È vero che il dollaro pagherà l’immissione di liquidità ma siamo ancora lontani da una temuta bolla. O perlomeno da quello che accadde in Giappone negli anni ‘90.

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