Mercati, distinguere il sentiment dalla realtà

A cura di Sonal Desai, Chief Investment Office di Franklin Templeton Fixed Income Group

Dato il moltiplicarsi delle speculazioni sui mercati finanziari e sui media, crediamo sia più opportuno che mai per gli investitori del reddito fisso concentrarsi sui dati reali anziché sulle notizie del momento e valutare attentamente la netta discrepanza fra gli indicatori del sentiment e l’andamento effettivo dell’attività economica.

Nonostante la persistente incertezza in ambito commerciale e le criticità sul fronte politico, l’economia statunitense si conferma solida. La spesa al consumo, che rappresenta due terzi della produzione economica Usa, è aumentata grazie alla robustezza del mercato del lavoro e delle finanze delle famiglie. A settembre 2019 il tasso di disoccupazione ha infatti raggiunto i minimi in 50 anni e i nuovi posti di lavoro mensili sono rimasti ben oltre i 100mila necessari ad assorbire l’aumento della forza lavoro, che nel frattempo ha continuato a crescere. La crescita salariale aggiustata per l’inflazione, lenta ma costante, ha incrementato ulteriormente il potere di acquisto.

Per contro, gli indicatori del sentiment delle imprese hanno evidenziato una netta flessione, alla luce delle continue tensioni sul fronte commerciale e della crescente incertezza politica in vista delle presidenziali Usa del 2020. L’indice dei responsabili degli acquisti dell’Institute for Supply Management (Ism) ha segnalato una contrazione dell’attività manifatturiera nel terzo trimestre 2019 e i sondaggi regionali della Fed hanno messo in luce un calo delle attese in termini di capex. In questa fase, la debolezza del sentiment contrasta con la relativa resilienza dell’espansione economica. Il pessimismo delle aziende è simile a quello osservato nel periodo 2015-2016.

Allora i consumi delle famiglie avevano sostenuto l’economia (proprio come oggi) e a fine 2016 un netto rimbalzo della fiducia delle imprese aveva innescato una ripresa della crescita. Stavolta tutto dipenderà dall’esito di alcune situazioni incerte. Sinora la guerra commerciale è stata un “cane che abbaia ma non morde”, poiché nonostante tutte le minacce e i titoli dei giornali ha avuto un impatto modesto sull’economia Usa. Le tensioni commerciali ci sembrano ancora il rischio minore per il prossimo futuro, un ostacolo persistente ma non in grado di scatenare una recessione. Temiamo di più l’incertezza sul fronte politico interno, poiché le forti divergenze fra i programmi dei due partiti principali lasciano presagire un possibile cambiamento di rotta in termini di linee e normative, che potrebbe sfociare in un netto taglio degli investimenti previsti.

Riassumendo, esistono rischi concreti, ma per ora l’economia statunitense è decisamente più robusta di quanto suggeriscano gli indicatori. Inoltre, la crescita Usa beneficerà del recente allentamento della politica monetaria e di probabili nuovi stimoli fiscali, indipendentemente dal partito al governo nel 2021. Mantengo la mia opinione pur non prevedendo un proseguimento del ciclo espansivo della Fed.

Le nostre previsioni per l’area euro restano modeste, dato che, dopo quattro anni di crescita ben oltre il potenziale, l’attività è diminuita. Non prevediamo tuttavia una nuova marcata contrazione dell’economia della regione. La flessione del settore manifatturiero tedesco ha fatto scalpore, ma occorre ricordare che le cause risiedono essenzialmente in una temporanea battuta d’arresto del comparto auto legata alle nuove normative sull’efficienza dei carburanti; dopo il calo, infatti, la produzione di veicoli si è stabilizzata. La Bce ha già adottato nuove misure di allentamento, che probabilmente manterrà anche sotto la presidenza di Christine Lagarde, mentre l’Unione Europea sta valutando possibili interventi sul fronte fiscale. Ci teniamo inoltre a sottolineare che l’eurozona non è mai stata il primo motore dell’economia mondiale.

La Cina ha evidenziato una lieve decelerazione, in parte a causa della guerra dei dazi con gli Stati Uniti. Tuttavia, rispetto al passato l’economia cinese dipende molto meno dagli scambi commerciali e le autorità hanno ancora degli strumenti a disposizione per stimolare la crescita, per quanto meno numerosi che all’indomani della crisi finanziaria globale. In effetti Pechino è già intervenuta in modo puntuale e mirato con l’intento di sostenere l’economia senza incrementare a dismisura i livelli di indebitamento.

Nell’insieme, le prospettive per l’economia mondiale appaiono stabili e i rischi principali sono associati a pressioni populiste sulle politiche economiche in vari Paesi del mondo.

Rischi di una politica monetaria troppo invadente

Le grandi banche centrali sono riuscite ad ammortizzare gli effetti della crisi finanziaria globale e a riportare le rispettive economie alla crescita potenziale in presenza di un’inflazione stabile e prossima al target, adempiendo pienamente ai propri mandati. Tuttavia, ultimamente abbiamo osservato un notevole eccesso di zelo: diverse autorità monetarie hanno infatti espresso il desiderio di “prolungare il ciclo” giustificandolo con la necessità di incrementare ulteriormente la crescita, ridurre la disparità di reddito o persino contrastare il cambiamento climatico, tutti scopi che richiedono in ultima analisi una linea monetaria estremamente accomodante. Tale ipotesi è preoccupante sotto diversi punti di vista. Anzitutto le banche centrali non hanno strumenti sufficienti per conseguire simili obiettivi. Inoltre questo eccesso di zelo ha determinato una maggiore politicizzazione della politica monetaria, poiché le banche centrali hanno sconfinato in un territorio normalmente riservato ad apposite figure politiche e autorità fiscali.

I recenti sviluppi negli Stati Uniti illustrano bene il fenomeno. Nel 2019 la Fed ha tagliato i tassi tre volte malgrado un’economia robusta caratterizzata da un’inflazione vicina al target e da una disoccupazione ai minimi da 50 anni. L’istituto ha classificato l’allentamento come mossa “preventiva” contro la generale incertezza in ambito commerciale ed economico, ma in realtà ha agito rapidamente in seguito alle pesanti pressioni di mercati e autorità politiche. Se gli investimenti aziendali sono frenati da dubbi sul fronte commerciale e politico, difficilmente una riduzione dei tassi potrà avere qualche effetto, poiché i costi di finanziamento sono già estremamente bassi.

L’orientamento decisamente accomodante della Fed ha portato le valutazioni degli asset a livelli estremi in diversi settori; l’autorità monetaria ha semplicemente barattato la volatilità presente con una volatilità indefinita in un dato momento futuro.

Volatilità come fonte di opportunità

Per individuare le opportunità di reddito in questo contesto volatile e movimentato, ci concentriamo anzitutto sui dati. La resilienza dell’economia statunitense e una crescita globale solo in lieve rallentamento, ad esempio, ci inducono a pensare che i timori di recessione e deflazione siano eccessivi e quindi le valutazioni dei Treasury Usa spropositate.

La netta divergenza dei programmi politici e normativi dei candidati alle prossime presidenziali Usa potrebbe scatenare reazioni esagerate sul mercato con l’avvicinarsi delle elezioni, soprattutto nei settori molto sensibili alle politiche come sanità, energia e, per certi versi, tecnologia e big data. Abbiamo posizionato i nostri portafogli in modo da poter investire le risorse laddove la crescente volatilità del mercato creerà opportunità in ottica value.

Nel complesso, sulla base delle nostre previsioni sulla crescita globale crediamo che la linea estremamente morbida delle principali banche centrali abbia esacerbato le anomalie del mercato: gli strumenti a reddito fisso sono diventati un bene rifugio raggiungendo prezzi esorbitanti e sempre più investitori puntano su asset rischiosi e meno liquidi. In tale quadro un aumento dell’incertezza sul piano politico e delle politiche non può che alimentare la volatilità.

Ecco perché consigliamo di tenere in portafoglio asset liquidi in modo da poter prontamente investire in settori con fondamentali solidi laddove l’instabilità del mercato crea punti di ingresso a valutazioni più interessanti. Ribadiamo ancora una volta l’importanza di usare la massima selettività sia nei settori del reddito fisso sia nella scelta dei titoli sottostanti.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!