Oro resiliente anche nel 2020?

A cura di Oro Villa

L’anno che va a concludersi è senza dubbio da considerarsi speciale per l’oro che mette a segno un aumento di valore del 15% in dollari, che con la debolezza dell’euro supera il 20% per gli investitori italiani. Quindi se le Borse sono andate bene, anche l’oro ha fatto la sua parte nel portafoglio dell’investitore a6ento che ha inserito nel suo patrimonio il metallo giallo. Viene così sfatata la leggenda metropolitana che se le borse vanno bene i metalli preziosi soffrono, visto che nel 2019 è proprio accaduto il contrario.

Un anno in tre fasi per l’oro

Interessante l’andamento dei prezzi che possiamo osservare nel grafico qui sopra espresso in dollari per oncia (ricordiamo che l’oncia troy equivale a 31,1 grammi). Le quotazioni nel 2019 hanno sviluppato un movimento in tre fasi, l’ultima delle quali è ancora in corso:

  1. Un andamento laterale e leggermente discendente per i primi cinque mesi dell’anno. Le quotazioni provenivano da un rialzo di poco più di qua6ro mesi che aveva portato i prezzi a invertire un trend discendente dopo aver raggiunto un minimo di 1.150 dollari l’oncia.
  2. Un poderoso rialzo di tre mesi che, con due ondate interro6e da una breve pausa, hanno spinto i prezzi da 1.275 a 1.550 dollari l’oncia.
  3. Un andamento declinante che ha riportato le quotazioni poco sopra i 1.450 dollari l’oncia, da dove stanno costruendo una base che lascerebbe pensare a futuri rialzi.

L’importanza delle pause

Più volte nelle precedenti uscite del Report abbiamo indicato l’importanza delle pause nel movimento dei prezzi. Queste consentono un giusto raffreddamento degli animi, con prese di beneficio da parte degli investitori più deboli che si sentono soddisfatti del guadagno ed evitano di ado6are visioni di lungo termine. Se non vi fossero queste pause di consolidamento, le quotazioni assumerebbero un progresso parabolico che le porterebbe a livelli insperati nel breve termine, ma effimeri nella loro durata dato che presto lascerebbero spazio a rovinose cadute. Il progresso dei prezzi per essere sostenibile necessita certamente di spinte rialziste che, al tempo stesso, devono essere intervallate da altre6anto importanti fasi di consolidamento.

Il giusto atteggiamento

Quindi che fare? Hanno torto coloro che agguantano i veloci guadagni e lasciano il campo ad altri compratori? Oppure, sono poco accorti coloro che praticano il “Buy & Hold” (compra e mantieni)? Negli investimenti non è questione di chi ha ragione e chi ha torto: visioni opposte possono essere entrambe vincenti. Ma è questione di chiarezza della propria visione e di coerenza con i propri obiettivi di investimento. Coloro che operano nell’oro considerandolo uno dei tanti cavalli del mercato, da sfruttare con oca speculativa, fanno bene a prendere profitto quando maturano i guadagni; più difficile sarà per loro ritornarci quando per acquistare trovassero prezzi più elevati.

Quanti invece guardano al proprio patrimonio come un giardino da preservare dai rischi del nostro tempo, fanno bene a spingere lo sguardo un po’ più in là del veloce guadagno, considerando l’oro come un asset importante che non ha mai tradito l’investitore accorto. Troviamo conferma di ciò anche nella tabella di fondo pagina (Fonte Goldprice.org) che riporta la performance dell’oro in diverse valute dal 2004 al 13 dicembre 2019. La prevalenza di segni verdi indica che ogni investitore, indipendentemente dalla zona geografica di residenza, ha tratto beneficio dalla detenzione dell’oro. Solo un anno, il 2013, può veramente definirsi catastrofico, ma anche quel ribasso è stato ampiamente assorbito da un guadagno medio annuo nell’arco degli ultimi 15 anni che per gli investitori in euro ammonta al 10,4%. Questo è ciò che si intende per porto sicuro quando si parla di oro.

Le banche centrali aumentano gli acquisti di oro

A 11 anni dalla peggiore crisi del sistema economico-finanziario globale, le banche centrali, vera forza trainante nella creazione di liquidità, restano compratrici nette di oro. Lo vediamo dal grafico qui sopra che presenta gli acquisti netti delle banche centrali negli anni dal 2009 ad oggi. Ma ciò che balza all’occhio nel grafico è come il 2019 sia stato un anno di forte convinzione nel far crescere le riserve di metallo prezioso. Infatti, pur essendo l’anno in corso non ancora completato, i primi 10 mesi vedono acquis? neU per 630 tonnellate, quasi il 20% dell’intera produzione di oro e con un balzo del 44% rispe6o alle 437 tonnellate del 2018.

Sottolineiamo ancora che siamo di fronte a dati parziali e quindi quelli a consuntivo mostreranno una spinta agli acquisti delle banche centrali ancora più consistente. Questo dato va letto come un riconoscimento di status di bene rifugio nell’oro anche da parte delle banche centrali, che ricordiamo hanno il potere di stampare denaro e di indirizzare le politiche economiche.

Se davvero ci trovassimo di fronte a un pezzo di latta, il cui valore è stato attribuito per ragioni arcaiche, certamente non ci troveremmo di fronte a un fenomeno così ampio nella dimensione degli acquisti e così convinto in termini di tendenza. Naturalmente non tutte le banche centrali sentono il bisogno di rimpinguare di oro i propri forzieri, ma il fenomeno è certamente in crescita, con alcune new entry nella rosa dei maggiori acquirenti (si veda il grafico alla pagina seguente). Fra questi troviamo la sempre presente Russia, che con 139 tonnellate acquistate nei primi 10 mesi dell’anno è ora la quinta detentrice mondiale appena dietro a Italia e Francia. La Turchia si guadagna il primato, con quasi 145 tonnellate; continua a sorprendere la Polonia con 100 tonnellate, seguita dalla Cina con quasi 96 tonnellate. Molto più arretrate Kazakistan e India rispettivamente con 26,9 e 17,7 tonnellate.

Oro, l’outlook per il 2020

Dal punto di vista delle quotazioni ci aspettamo che il progresso dei prezzi continui con fasi di spinta rialzista e fasi di pausa come quella presente. Come è facilmente intuibile, questa tendenza di lungo termine potrà essere talvolta spinta da forti accelerazioni in funzione di una serie di rischi. Già oggi, infaU, i grandi investitori istituzionali prestano grande attenzione alle sfide macroeconomiche e hanno inserito l’ORO nei portafogli.

Aspetti geopolitici

La vittoria elettorale di Boris Johnson non va vista come la fine del tormentato percorso della Brexit, ma come l’inizio di nuovi equilibri geopolitici. Il Regno Unito vede avvicinarsi la possibilità di restaurazione dell’Anglosfera e delle relative zone di influenza. I rapporti fra USA e UK saranno ancora più stretti, dove il continente americano assumerà il ruolo di protagonista. L’Unione Europea del dopo separazione diventerà sempre più un’antagonista a cui sottrarre quote di mercato e sfere di influenza. Ed è così che una sigla più o meno parziale degli accordi commerciali con la Cina, darà a Trump lo spazio per rivolgere le sue attenzioni agli sbilanci commerciali con l’Europa e, in primis, Germania e Italia. Non ci stupiremmo di vedere una riedizione delle schermaglie, già iniziate peraltro, che avevano visto la Cina come obiettivo e ora, in un prossimo futuro, dirette verso Germania e Italia. Le ragioni per giustificare tutto ciò sono già nel cilindro di Trump e vedono in primo piano i rapporti fra Germania e Russia da un lato e fra Italia e Cina dall’altro. Proseguiranno le sanzioni verso l’Iran, un paese che deve essere costantemente monitorato per il ruolo nel quadrante medio-orientale. Sorvegliato speciale nel nostro teleobiettivo lo Stretto di Hormuz da cui transita il 20% della produzione globale di petrolio; eventuali scaramucce avrebbero conseguenze notevoli sul prezzo dei carburanti e indirettamente sull’oro. Tizzoni ardenti sotto la cenere covano anche da parte della Corea del Nord, con provocazioni che di tanto in tanto guadagneranno le prime pagine dei giornali. Presto, inoltre, entreremo nel vivo della campagna presidenziale americana, con un Trump che ancor di più giocherà a tutto campo sparigliando le carte.

Aspetti Economico-Finanziari

Anche l’economia statunitense ha iniziato a presentare alcuni dati divergenti che confermano il rallentamento in atto. A questo si accompagna il calo degli utili aziendali. In tale contesto, i livelli di borsa appaiono elevati con valorizzazioni delle aziende che potrebbero implicare un ripiegamento del 15-20% dei corsi azionari. Le banche centrali sono tornate ad iniettare liquidità; anche la FED lo sta facendo senza aver lanciato alcun Quantitative Easing. Nel frattempo strati sempre più ampi del settore finanziario iniziano a fare i conti con gli effetti del prolungato periodo di tassi negativi. Compressione dei margini bancari e difficoltà delle gestioni pensionistiche gettano ombre spettrali sulla tenuta del comparto bancario-assicurativo. Ritornano i fallimenti bancari in Germania con NordLB e in Italia con la Banca Popolare di Bari. Inoltre, le fragili condizioni di Deutsche Bank hanno portato il governo tedesco a rivedere in termini favorevoli l’Unione Bancaria e ad ammorbidire le procedure di salvataggio UE, che oggi sembra approvare un maggior intervento di supporto statale.

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