S&P500, gli investitori ne attendono l’evoluzione

Gli investitori americani non sembrano voler ancora puntare sul mercato azionario domestico, restando anzi piuttosto ancorati al mondo obbligazionario (quindi non solo bond, ma anche fondi ed etf a reddito fisso). E questo nonostante rispetto ad un anno fa, i rendimenti legati a tali strumenti si siano sostanzialmente dimezzati. Secondo gli ultimi studi di Credit Suisse, il mercato azionario US conoscerà una moderata crescita nei prossimi mesi, sebbene la volatilità rimarrà elevata. In sostanza, ai risparmiatori la scelta di investire in un’attività ad alta incertezza, ossia domandarsi se i rendimenti giustifichino il rischio presente. Del resto, perché un investitore di lungo periodo dovrebbe muovere le proprie risorse a favore di un mercato con prospettive potenziali di sviluppo deboli? In poche parole e semplici ragionamenti, si intuisce subito però come mai difficilmente il mondo dell’equity statunitense assisterà sul finire dell’anno, a notevoli afflussi e spostamenti di risorse a proprio favore.

In questo senso, allora, bisognerà capire verso quale futuro andrà in contro l’indice più rappresentativo americano, ossia lo S&P500. Il periodo è stato caratterizzato da utili delle società comprese nel paniere, in generale più forti delle attese degli analisti, che quindi si sono dimostrati molto più pessimisti di quanto occorresse. Oltre il 40% delle società comprese nel S&P500, infatti, hanno registrato uno spread tra gli utili sopra le attese, che si è attestato attorno al 68%. Un record, che ha battuto il precedente del 58%, conosciuto nel primo trimestre 2004. Certamente, gli utili sono stati mediamente inferiori a quelli conseguiti un anno fa. Una distinzione all’interno dell’indice, però, è necessaria in termini settoriali. Se si considerano gli utili per azione, nel terzo trimestre, i finanziari hanno registrato un incremento anno su anno del 31%, a discapito di un calo generalizzato dell’indice S&P500 dell’11%. Il periodo è stato caratterizzato da una lunga fase di riduzione dei costi, operazioni a dir la verità, che hanno inciso già a partire dal secondo trimestre. Non bene sinora molti altri settori, tra i quali gli industriali (-40%), l’energia (-50%) e quello dei materiali (-36%).

La situazione, però, non è necessariamente così negativa. Infatti, le società appartenenti all’indice azionario a stelle e strisce, potrebbero beneficiare di diverse dinamiche. A partire dai segnali positivi provenienti dalla ripresa delle vendite e dalla debolezza del dollaro (quasi giunto a 1,50 contro l’euro), che potrebbe favorire le imprese che importano in valuta USD dall’estero. Ottimi segnali anche sul fronte commodities, forte quanto mai, e dalle economie emergenti. Nel primo caso, a beneficiare del rialzo dei prezzi delle materie prime, saranno proprio le società operanti nel comparto energetico, dei beni capitali e gli industriali, mentre la delocalizzazione nelle economie meno industrializzate favorirà le imprese ivi operanti. Basti prendere, ad esempio, l’emergente numero uno al mondo, semmai di economia emergente si possa ancora parlare. La Cina, il cui Pil nel terzo trimestre è giunto all’8,9%, industria in espansione che, grazie alla spinta della propria domanda di metalli industriali, sosterrà i prezzi di tali commodities. Inoltre, si attendono le politiche di exit strategy da parte della Fed, sebbene la disoccupazione resti a livelli record e permangano timori sul rialzo dell’inflazione. In sostanza, sono in vista ed in atto politiche monetarie e fiscali senza precedenti, che certamente impatteranno positivamente sulle società americane, quindi sulle quotazioni dei loro titoli.

Il 20 novembre, il presidente Obama ha, difatti, firmato un nuovo pacchetto di stimoli all’economia da 24 miliardi di dollari, che va così a sommarsi ai 787 miliardi già intrapresi durante il corso dell’anno. Le migliorate condizioni sul mercato del credito, però, rappresentano sicuramente un fattore determinante per una crescita dell’indice S&P500. Storicamente, infatti, il credito è un valido strumento di previsione della crescita dell’indice statunitense. Gli aumenti di capitale recentemente effettuati dalle banche, a tal proposito, uniti ad una curva dei rendimenti ripida, stanno conducendo gli istituti creditizi a prestare con meno vincoli. Gli elementi considerati unitariamente, potrebbero quindi rilanciare le società americane e causare un ritorno della fiducia degli investitori sull’equity, fenomeno che, in Europa, appare al contrario già in corso.

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