“È difficile capire cosa potrebbe portare l’economia globale nel 2020. Ci aspettiamo più o meno le stesse cose viste sin qui: una crescita globale anemica, una politica monetaria sempre più accomodante e un aumento del rischio politico, mentre i forti driver deflazionistici caratteristici di un mondo eccessivamente indebitato, l’invecchiamento demografico e le tecnologie disruptive continuano ad agire sullo sfondo”. Così Ariel Bezalel, Head of Strategy, Fixed Income di Jupiter AM, spiega perché piccoli aggiustamenti da parte delle banche centrali non saranno probabilmente sufficienti a rilanciare la crescita globale nel 2020.
“A luglio di quest’anno – continua Bezalel – l’economia statunitense è entrata ufficialmente nella sua più lunga espansione della storia. Anche se la Federal Reserve ha identificato la crescita indolente come un rallentamento di metà ciclo che può essere sanato da piccole modifiche nella politica monetaria, vedo diversi punti di pressione che suggeriscono come l’economia globale stia raggiungendo la fine di questo ciclo, molti dei quali sono strettamente legati all’economia cinese che quest’anno ha notevolmente frenato”.
Oltre il 60% dei paesi, nota l’esperto, sono ora tecnicamente in recessione manifatturiera, inclusi gli Stati Uniti, il che non stupisce se si considera che la Cina è il principale motore della crescita totale del Pil. La guerra commerciale sta esacerbando il rallentamento, sia in Cina che a livello globale, ma le radici della debolezza sono di natura più strutturale. È la combinazione di un rallentamento dell’economia cinese con gli effetti della politica monetaria restrittiva della Federal Reserve negli ultimi due anni (dopo un decennio in cui i mercati si sono crogiolati nella noncuranza) che ora ha iniziato a filtrare nell’economia globale.
“La Cina è in grado di rilanciare l’economia globale come ha fatto più volte dopo la crisi finanziaria del 2008? Penso che sia altamente improbabile. I funzionari cinesi hanno chiarito che non è previsto un allentamento aggressivo della politica. Il Paese ha già alti livelli di debito e un mercato immobiliare surriscaldato, e ogni round di stimolo dal 2008 è stato sempre meno efficace nel rilanciare l’economia. L’incremento dell’inflazione dovuto all’aumento dei prezzi della carne di maiale quest’anno, conseguenza del perdurare dell’epidemia di influenza suina, ha ulteriormente limitato la capacità della banca centrale di allentare la politica monetaria”, nota ancora Bezalel.
Stati Uniti sulla strada della recessione degli utili
“Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il paese è sulla buona strada per un’imminente recessione degli utili: quelli del quarto trimestre, insieme al terzo trimestre, sono previsti in territorio negativo. Secondo un recente sondaggio, la metà dei Cfo del Paese prevede una recessione entro le elezioni presidenziali di novembre 2020, che probabilmente avrà un impatto significativo sulla spesa per gli investimenti. Anche i mercati del credito mostrano segni di stress, in quanto le preoccupazioni per la recessione hanno ridotto la domanda per l’high yield a basso rating a rischio di declassamento. Questa fragile dinamica è particolarmente preoccupante se si considera che il debito delle imprese ha toccato il suo massimo storico, pari a un valore di circa la metà del Pil nazionale, con migliaia di miliardi di dollari utilizzati per riacquisti improduttivi di azioni proprie. Il settore tecnologico appare particolarmente vulnerabile in questo contesto, nonché al rischio politico, dato il sostegno bipartisan per la disgregazione delle principali società tecnologiche”, avverte l’esperto di Jupiter AM.
Che conclude: “Con tutto questo in mente, ci aspettiamo che i dati macroeconomici in tutto il mondo continueranno a peggiorare nel 2020, il che dovrebbe costringere le banche centrali a continuare a ridurre i tassi di interesse, spingendo i rendimenti obbligazionari su livelli sempre più bassi. Infatti, in assenza di uno shock inflazionistico, riteniamo che i rendimenti dei Treasury Usa potrebbero addirittura scendere a zero nei prossimi 12-18 mesi, convergendo con i rendimenti negativi già visti in Giappone e in Europa. Continuiamo quindi a mettere in atto una strategia difensiva che bilancia i titoli di Stato americani e australiani liquidi, con rating AAA, con crediti di breve durata altamente selettivi e situazioni speciali. Nonostante il nostro approccio prudente, continuiamo a trovare nuove opportunità sui mercati obbligazionari globali, dalle obbligazioni sovrane greche ed egiziane ai produttori di carne bovina e pollame statunitensi e brasiliani. Guardando al futuro, resto fiducioso del fatto che il mio team abbia l’esperienza e la flessibilità per guidare la strategia nella prossima fase del ciclo, gestendo il rischio e cercando rendimenti positivi”.