Il Cfa Sentiment Index passa in negativo dopo tre mesi positivi

Gli investitori professionali italiani certificati Cfa tornano negativi sulle prospettive dell’economia domestica: il “Sentiment Index” (la cui serie storica è iniziata a gennaio 2015) registra a gennaio 2020 un valore pari a -5,6, dopo tre letture al di sopra dello zero. Nel dettaglio delle principali asset class, i tassi di interesse sono previsti in ascesa in tutte le principali aree, ed in particolare in Italia, mentre vi sono aspettative di ribassi sui listini azionari italiani. Il dollaro Usa, infine, è atteso apprezzarsi contro euro dagli attuali livelli.

Al sondaggio mensile, svolto da Cfa Society Italy in collaborazione con Il Sole 24 Ore Radiocor tra il 16 ed il 31 dicembre 2019 (prima dei recenti accadimenti in Iraq), hanno partecipato 36 professionisti con certificazione Cfa e membri dell’Associazione. Il risultante “Sentiment Index” scende a -5,6, dopo aver registrato livelli positivi tra ottobre e dicembre. Con il dato di questo mese, il sondaggio ed il relativo indice entrano nel loro sesto anno di storia.

Il commento del gestore

Per Annalisa Usardi, Cfa Global Research, Senior Economist di Amundi Asset Management, i risultati di dicembre portano all’attenzione tre temi macro-finanziari per il 2020: prospettive di crescita molto modeste per Stati Uniti ed Eurozona, almeno nel breve-medio periodo; ritorno dell’inflazione, in modo più sostenuto negli Stati Uniti, più timido in Eurozona; curve governative dai rendimenti più alti, specie su scadenze più lunghe.

Il sondaggio, condotto tra il 16 ed il 31 dicembre (prima dei recenti accadimenti in Iraq), descrive un quadro macro-finanziario abbastanza coerente: se nel brevissimo termine è lecito aspettarsi che l’ottimismo infuso dal raggiungimento di un accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina possa supportare mercati e fiducia di imprese e consumatori, il 2019, l’anno della grande incertezza geo-politica, si chiude con una nota di cautela rispetto alle prospettive economiche di Usa ed Eurozona. Aumentano infatti coloro che per entrambe le aree si attendono un rallentamento della crescita nei prossimi sei mesi; benché entrambi gli indicatori rimangano ancora in territorio positivo e compatibile con l’espansione, il deterioramento delle prospettive economiche è evidenziato dalla marcata riduzione rispetto al mese precedente.

Nonostante l’economia sia attesa in rallentamento, l’inflazione viene percepita in generale consolidamento. Negli Stati Uniti, crescita ancora al di sopra del potenziale, mercato del lavoro forte, impatto dei dazi imposti nel corso del 2019 (e non ancora totalmente trasmesso ai prezzi al dettaglio) rappresentano i principali fattori a supporto delle attese inflazionistiche.

In Eurozona, dove invece i dati restano ancora ben distanti dall’obiettivo della Bce, le attese di una crescita inflazionistica sono decisamente più timide ma restano alimentate dal protrarsi di condizioni di politica monetaria accomodanti e probabilmente dalle speranze di una politica fiscale più espansiva.

Se però l’economia rallenta mentre l’inflazione si consolida, gli analisti si attendono un aumento dei tassi a breve e a lunga su tutte le curve, in particolare sulle lunghe scadenze di Stati Uniti e Italia, fenomeno verosimilmente spiegato in questo contesto macro finanziario dalle attese di una ridefinizione del premio per il rischio inflazione, della rivalutazione del term premium e del rischio Paese.

Altro lato della medaglia rispetto all’aumento delle curve obbligazionarie è l’andamento atteso per il comparto azionario rispetto al quale gli analisti si posizionano in modo decisamente più cauto, con una netta riduzione delle attese rialziste ed un deterioramento delle prospettive sugli indici azionari nazionale, europeo ed americano.

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