Cosa frena le blue chips

di Patrizio Pazzaglia

  Al momento nulla di particolarmente preoccupante, ma un sintomo di leggero nervosismo che potrebbe preludere a scenari di maggiore agitazione. L’approssimarsi della chiusura d’anno è stata spesso caratterizzata da uno strappo delle quotazioni, ma le perplessità attuali nascono da un quadro macroeconomico la cui ripresa sembra sia stata già ben metabolizzata attraverso il significativo rimbalzo degli indici, che prosegue pressoché ininterrotto da circa otto mesi. In questo particolare momento è quindi in atto un confronto serrato tra gli ottimisti che enfatizzano i punti di forza costituiti dalla grande liquidità, dalle fin qui premianti strategie di carry trade, dai dati incoraggianti rappresentati dal Pil del terzo trimestre delle principali economie, Italia compresa, e i pessimisti e cioè coloro che dipingono uno scenario di ripresa fatua e di breve respiro. Ciò motivato dal troppo flebile contributo rappresentato dai consumi, indeboliti dalla perdurante perdita di posti di lavoro, e da risultati aziendali fondati, a loro avviso, quasi esclusivamente su politiche di razionalizzazione dei costi piuttosto che su un miglioramento a livello di fatturato. Il risultato di questa vivace dialettica si traduce in un andamento altalenante delle borse, grazie anche al contributo di dati economici spesso contrastanti, la cui frequente diffusione, in special modo oltreoceano, amplifica le reazioni degli investitori e favorisce le oscillazioni delle quotazioni. Questo spiega la forza di gravità che zavorra l’indice delle Blue Chips di Piazza Affari al di sotto della soglia psicologica rappresentata dai 24.000 punti, livello che, se superato, aprirebbe la strada verso il raggiungimento dei massimi di metà ottobre e magari consentirebbe anche di superarli. D’altro canto questo quadro spiega al contrario anche la sostanziale tenuta dell’indice, la sua tenacia nel mantenersi al di sopra di quei livelli di supporto considerati determinanti dagli analisti tecnici per la continuazione del trend rialzista. A fronte di questi elementi divergenti, Il principale suggerimento di questa settimana rimane quello di privilegiare una politica di rotazione settoriale dei temi operativi con un occhio, in una logica intermarket, necessariamente interessato all’evoluzione del cambio dollaro/euro, il cui eventuale recupero va interpretato come un segnale negativo che deve spingere a salutari alleggerimenti dell’esposizione azionaria. Nel frattempo ancora  spazio al settore energetico con le compagnie di produzione, quali Eni, e con quelle che offrono servizi quali Saipem e Tenaris, a scapito delle società di raffinazione quali Erg e Saras. Ed ancora, più peso al comparto assicurativo che alle banche con Fondiaria, dopo la recente brusca correzione, e Generali tra le nostre preferite.
E per gli amanti dei titoli caratterizzati da un buon dividend yield le classiche utilities quali Enel e Terna. Relativamente ai titoli ciclici,  considerando la latitanza dei consumi “spontanei”, meglio puntare su quelli che possono beneficiare degli aiuti di Stato diretti o indiretti e, se quelli automobilistici saranno prorogati, Fiat è pronta per la pole position.

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