Archiviato il “caso” Usa-Iran, mercati già pronti a passare oltre

A cura di Wings Partners Sim

Corale sospiro di sollievo sui mercati ieri pomeriggio in concomitanza alle prime dichiarazioni del presidente americano in seguito all’attacco missilistico portato dall’Iran su basi irachene con personale americano; contrariamente ai rumours della mattinata, nessuna vittima, né americana né di altra nazionalità dall’incursione e anzi la sensazione che per la natura dell’attacco la mossa sia stata appositamente pre-allertata e studiata per non causare vittime. Insomma essenzialmente un grande show pirotecnico per salvare la faccia ma nessuna intenzione di aprire ostilità dirette ne dare avvio a un conflitto su vasta scala.

Un Trump insolitamente compiacente ieri segnala chiaramente come le prossime mosse americane saranno quelle tracciate dalla diplomazia, con nuove sanzioni all’Iran ma senza altre incursioni militari americane ed anzi una non troppo velata offerta di pace all’apertura di un possibile nuovo accordo sul nucleare con il paese medio orientale.

Reazione positiva dei listini azionari ieri che si trasla su quelli asiatici questa mattina, difficile dire se si tratti di un eccesso di compiacenza o al contrario una attenta analisi dello scenario geopolitico (bisogna ammettere che già ieri mattina i listini asiatici avevano consistentemente ridotto le perdite sul finale alle dichiarazioni iraniane di non voler proseguire sulla strada dell’escalation militare), e sebbene rimanga in sospeso un grande punto di domanda su quanto sia effettivamente successo al Boeing ucraino precipitato ieri in Iran (di sicuro il Canada vorrà spiegazioni, dato che tra le vittime dell’incidente si contano 63 connazionali) gli addetti ai lavori sembrano già pronti a voltare pagina e passare ad altri temi.

Tra questi indubbiamente quelli di carattere macro, in attesa del nodale dato sul mercato del lavoro di domani che sembra ben promettere alla luce della rilevazione effettuata sul settore privato ieri (Adp Report) che mostra una crescita di occupati superiore alle attese e pari a 202mila unità; un raggio di luce anche dalla Germania questa mattina che dopo aver nuovamente deluso le aspettative ieri in tema di factory order oggi mostra una produzione industriale a novembre in salita del 1,1% (miglior risultato in 18 mesi) rafforzata da una revisione migliorativa del dato del mese precedente.

Si torna a parlare anche di Brexit in vista dell’incontro tra il premier britannico Johnson ed il presidente della Commissione Europea Von der Leyen per tracciare alcuni punti fermi nel primo caso di divorzio europeo; nessuno tuttavia è rimasto stupito dal fatto che la nostra Ursula abbia già messo le mani avanti affermando l’impossibilità di un accordo esasustivo entro la fine del 2020, come già anticipato molte altre volte, la telenovela anglossassone è destinata a protrarsi ancora per anni tra tratative, minacce di rottura e ultimatum spostati in avanti di anno in anno, d’altra parte è lo standard europeo.

Valute e materie prime

Se il dollaro sembra beneficiare della subitanea tregua tra Usa e Iran, accogliendo positivamente anche la conferma che il vicepresidente cinese è effettivamente atteso in Usa per la firma del trattato commerciale (ed è significativo sotto molti aspetti che questo avvenga in territorio americano), portandosi a ridosso di quota 1,11 contro euro, i due campioni dell’avversione al rischio nelle giornate passate appendono i guantoni al chiodo, con il petrolio Wti che si riporta in area 60 dollari al barile dopo il picco di ieri a 65 dollari complice anche la salita delle giacenze settimanali Usa pubblicata ieri per 1,2 milioni di barili (ma il greggio, come si evince dal grafico sopra rimane atteso come il miglior perfomer nel 2020, e sarebbe il secondo anno consecutivo) e l’oro che precipita letteralmente in area 1.550 dollari l’oncia.

Di trade deal e de-escalation beneficiano anche il comparto dei metalli ieri, con uno zinco che continua a brillare su tutti con una nuova chiusura al rialzo del 2% che ne trascina le quotazioni sopra quota 2.400 dollari per la prima volta dal 13 novembre e su volumi oltrettutto robusti (i più elvati dallo scorso settembre), malgrado dalla Cina pervengano correnti avverse con la conferma di un incremento della produzione nel 2019 pari al 9,6% a ben 5,84 milioni di tonnellate. In ascesa anche le quotazioni del rame che svettano questa mattina sopra quota 6.200 dollari così come quelle del nickel che si reimpossessano di quota 14mila dollari; decisamente meno vivaci l’alluminio che torna a negoziare sotto quota 1.800 dollari questa mattina e il piombo ancorato dispearatamente al supporto in area 1.900 dollari.

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