Da Google ad Amazon, la corsa dei colossi del web dovrebbe rallentare?

A cura di Johan Van Der Biest, Senior Fund Manager di Candriam

Milioni di persone utilizzano Google Maps, Instagram, Netflix o Amazon almeno una volta al giorno (se non una volta al minuto). Queste aziende hanno suscitato l’interesse di numerosi investitori, risultando essere top investment negli ultimi anni, soprattutto per via della crescita sostenuta dei ricavi e delle prospettive attraenti sulla profittabilità.

L’impatto di queste aziende sulla società e sulle nostre vite quotidiane è stato enorme nel passato decennio. Grazie a loro ci sentiamo più vicini e connessi a chiunque desideriamo. Seduti in poltrona, possiamo ordinare praticamente tutto da qualsiasi parte del mondo a prezzi veramente competitivi.

Più connessioni, meno privacy

Un piccolo strumento chiamato smartphone è diventato la nostra finestra sul mondo. Questa evoluzione, generalmente percepita come un arricchimento della qualità delle nostre vite (qualcuno lo chiama “consumismo confortevole”) porta però con sé alcuni effetti collaterali, di cui il più importante è sicuramente la mancanza di privacy.

Possiamo star certi che la ricerca su internet di una destinazione per le vacanze di Natale sarà seguita da una valanga di pubblicità mirata su potenziali destinazioni per le vacanze di Natale su tutti i nostri dispositivi connessi a internet.

Su una scala molto più ampia va ricordato il caso, ben documentato, di Facebook-Cambridge Analytica. Nel 2018, Cambridge Analytica aveva raccolto i dati personali di milioni di utenti di Facebook senza il loro consenso e li aveva utilizzati per scopi di pubblicità politica. Ovviamente, aziende come Alphabet e Facebook stanno subendo pressioni e si è aperto un vivace dibattito sulla raccolta e l’uso dei dati personali. I regolatori di tutto il mondo hanno iniziato a controllare le aziende che stavano raccogliendo dati privati e li utilizzavano senza il consenso esplicito.

Riguardo questo problema di privacy l’Europa è stata in prima linea, reagendo adeguatamente con il Gdpr (regolamento generale sulla protezione dei dati), il regolamento nella legislazione dell’Ue sulla protezione e la privacy dei dati per tutti i singoli cittadini dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo. Le organizzazioni non conformi al Gdpr ora possono ricevere pesanti multe. Abbastanza per mettere a repentaglio l’egemonia e la competitività del nostro mega-quartetto nel 2020? Noi non la pensiamo così.

Auto abuso di dati?

In primo luogo, nonostante gli scandali sulla privacy dei dati, non sembra che le persone abbiano intenzione di cambiare le proprie abitudini. Parliamoci chiaro: quanti di noi sono attenti al proprio profilo Google o Facebook e ne hanno cambiato le impostazioni per tenere privati i dati? La maggior parte delle volte noi clicchiamo su “accetta” senza nemmeno sapere cos’è che stiamo accettando.

In secondo luogo, se da un lato siamo tutti d’accordo sul fatto che ogni individuo debba poter tenere i propri dati riservati e decidere come e da chi vengono usati, e che ciò debba essere regolamentato e controllato da istanze governative, non crediamo che molti utenti dei “Fang” tollererebbero le conseguenze di un accesso ai dati personali totalmente sbarrato.

Se possiamo utilizzare Google Maps o Instagram gratuitamente, ciò è dovuto alla pubblicità online che le supporta, e che si basa principalmente su ciò che queste app conoscono dei loro utenti. Se chi le usa non consentirà più a queste applicazioni di raccogliere e utilizzare (almeno in parte) i propri dati, i costi saranno presto addebitati agli utenti. Non è affatto certo che tutti siano pronti a pagare per utilizzare le app o a rinunciare ai servizi offerti dall’uso dei dati: Amazon ad esempio propone ai suoi utenti libri che molto probabilmente faranno loro piacere, suggeriti in base alla loro storia e alla storia di altri clienti che hanno un profilo comparabile. Lo stesso vale per Netflix, Youtube, Pinterest

Pratiche discutibili

Oltre ai regolamenti sulla privacy e sull’utilizzo dei dati, molti giganti di internet sono sotto i riflettori per le loro pratiche competitive. Le pratiche competitive di Facebook sono sotto inchiesta da parte del Congresso degli Stati Uniti, del Dipartimento di Giustizia, della Federal Trade Commission e di 47 procuratori generali dello stato. Google è sotto inchiesta antitrust da parte del Dipartimento di Giustizia, del Comitato Giudiziario della Camera dei Rappresentanti e di dozzine di procuratori generali dello Stato. Google e Facebook stanno affrontando anche indagini da parte dell’antitrust Ue.

Queste indagini sono molto complesse e probabilmente richiederanno molto tempo. I giganti di internet si difenderanno affermando che la concorrenza è molto forte e si sta intensificando a un ritmo accelerato, e spiegandone le ragioni. Concorrenza tra loro ovviamente, ma non solo.

Facciamo l’esempio della ricerca: Google è il motore di ricerca più utilizzato sul web, ma il 54% delle ricerche di prodotti (che sono certamente solo una parte minore del mercato di ricerca totale), vengono ora eseguite su Amazon. L’altro lato della medaglia: i clienti possono acquistare beni direttamente dal proprio account Instagram (Facebook) o direttamente da YouTube (Google). Amazon, Facebook e Google offrono inoltre servizi di pagamento concorrenti tra loro.

La più grande minaccia può venire dall’estero. Nella tecnologia vocale, nella guida autonoma, nel commercio elettronico e nei sistemi di pagamento, i giganti cinesi di Internet come Tencent, Alibaba o Baidu hanno già colmato il divario tecnologico, grazie agli enormi progressi in Intelligenza Artificiale e Machine Learning. Ora stanno iniziando a competere con i magnati di internet occidentali sul loro stesso territorio… e senza gli stessi vincoli sull’uso dei dati privati, un disallineamento che può portare a un grave svantaggio competitivo con la Cina.

I regolatori continueranno a controllare le aziende Fang. Dal punto di vista della protezione e del corretto utilizzo dei dati privati questo sembra appropriato, e queste aziende sono in grado di adattare il proprio comportamento – Alphabet che dedica a questo scopo il 20% delle enormi risorse per ricerca e sviluppo – senza troppe implicazioni per il futuro a lungo termine dei loro modelli di business.

Per quanto riguarda le indagini sulle pratiche concorrenziali, l’autorità di regolamentazione potrebbe decidere di imporre multe pesanti o perfino costringere le società a dividersi a seconda delle linee di business. Ciò avrebbe sicuramente un impatto sulle prospettive a lungo termine delle società interessate, ma data la natura complessa di queste indagini, il 2020 non dovrebbe assistere a eventi significativi.

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