La farsa del fallimento degli Emirati Arabi

di Marco Malvicini

Premesso che nessuno fra gli addetti ai lavori poteva ignorare che uno degli effetti collaterali, sicuramente tra i più insignificanti, della gravissima crisi finanziaria da cui stiamo faticosamente uscendo è il sostanziale ridimensionamento dei flussi di investimenti occidentali in attività immobiliari nei paesi emergenti; è ben noto il tentativo di Dubai, unico fra gli Emirati a non disporre di risorse petrolifere, di diventare un polo di riferimento commerciale turistico e finanziario, attraverso un programma di investimenti infrastrutturali e immobiliari estremamente aggressivo e, guarda caso, finanziato principalmente da banche europee e assai meno dai ricchi cugini petrolieri. In ogni caso, da almeno sei mesi, anche un semplice turista privo di alcuna familiarità con questioni economiche, avrebbe potuto constatare che le attività dei principali cantieri sono ferme e che vi è una enorme quantità di realizzazioni immobiliari incompiute e invendute.
A prescindere da tutto questo, rimangono alcune sostanziali questioni tecniche:
– quanto accaduto la scorsa settimana non è un default ma semplicemente la richiesta di un rinvio di alcune scadenze di fine anno da parte della più importante società di investimento controllata dal governo;
– se anche questa situazione di difficoltà a rispettare le imminenti scadenze sul debito, si trasformasse in insolvenza, stiamo parlando di cifre del tutto insignificanti a livello del sistema finanziario globale;
– la perdita di credibilità dei paesi dell’area, a fronte di un danno economico per gli investitori occidentali, sarebbe di estrema gravità. Di conseguenza è ragionevole pensare che gli altri Emirati e la loro banca centrale possano entrare in gioco per gestire questa situazione di difficoltà. A tal proposito giova ricordare che Abu Dhabi, l’Emirato più ricco e importante, dispone di un fondo sovrano con risorse pari a dieci volte l’ipotetico passivo del Dubai.
Resterebbero numerose precisazioni di dettaglio che non possono trovare spazio in questa breve sintesi, superate in ogni caso dalla sconcertante incongruenza del comportamento degli investitori (leggasi la maggior parte dei gestori ). Lo spettacolo offerto lo scorso giovedì dai mercati, ci ha bruscamente riportati al delirio dello scorso marzo, quando il meglio delle aziende americane ed europee venne svenduto da operatori ignoranti e inadeguati. Nel profondo sconforto derivante dall’osservazione di questi comportamenti, non tralascerei un sentito apprezzamento per coloro che hanno organizzato il timing di questi comunicati alla vigilia di una chiusura dei mercati dell’area orientale per festività religiose e di quelli americani per il giorno del ringraziamento, facendo in modo che l’unico scarico per il panico dell’investitore idiota fossero i mercati europei. Mi conforta il pensiero che gli organizzatori della festicciola si ritroveranno un bel gruzzolo da destinare, almeno in parte, allo shopping natalizio, con un effetto speriamo non trascurabile sui prossimi dati relativi ai comportamenti di spesa dei consumatori.

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