Il coronavirus non mette i mercati in quarantena: “Fondamentali solidi”

“Il coronavirus ha creato un’emergenza sanitaria e ha allarmato i mercati finanziari di tutto il mondo, ma non c’è bisogno di mettere le azioni in quarantena. Permangono infatti molti fattori positivi per le azioni, nonostante l’epidemia del virus letale che si sta diffondendo nel resto del mondo”. Le parole di Jeroen Blokland, Senior Portfolio Manager del team Multi Asset di Robeco, sintetizzano le visioni rassicuranti contenute in diversi report che, negli ultimi giorni, analizzano l’impatto del coronavirus sui mercati finanziari. Rassicurazioni che hanno riportato i listini azionari ai livelli precedenti l’inizio del contagio.

Secondo l’esperto di Robeco, il fatto che la ripresa della crescita fosse appena cominciata rende la dinamica di espansione relativamente vulnerabile agli shock negativi. Inoltre, il livello significativo di incertezza associato al contenimento del virus e al suo impatto economico richiede un atteggiamento adeguatamente prudente sugli asset rischiosi. “Adeguatamente”, tuttavia, non significa cedere a un pessimismo prematuro, poiché permangono altri fattori positivi per gli asset rischiosi e per le azioni in particolare.

Inoltre, specifica Blokland, i paragoni con l’epidemia Sars del 2003 sono inutili. Da allora la quota cinese del Pil globale è più che triplicata e la Cina è diventata l’acquirente marginale di pressoché tutte le materie prime. A causa delle sue enormi dimensioni, anche altre economie emergenti nella regione andranno incontro a almeno una battuta d’arresto temporanea della crescita.

Spiega l’esperto: “Si possono individuare tre motivi per i quali stare positivi sull’azionario. In primo luogo, a confronto con eventi analoghi, l’attività economica che va perduta durante un’epidemia virale viene recuperata una volta che il problema viene contenuto. Ad esempio, nel periodo della Sars la crescita delle vendite al dettaglio in Cina si dimezzò per un breve periodo, per poi registrare una forte accelerazione una volta che il virus fu riportato sotto controllo, recuperando la maggior parte del calo precedente”.

In secondo luogo, “l’economia mondiale aveva mostrato numerosi segni di miglioramento prima dell’epidemia. Un esempio è quello del Pmi manifatturiero globale, che in gennaio era salito a 50,4, il livello più elevato dall’aprile 2019. Anche l’Ism Manufacturing Index è risalito sopra quota 50 a seguito di un aumento molto più ampio del previsto a gennaio”.

Inoltre, arrivati più o meno a metà della quarta stagione delle trimestrali del 2019 negli Stati Uniti, “le sorprese sugli utili sono state le più numerose degli ultimi tre trimestri, e quelle sul fatturato le più pronunciate degli ultimi quattro trimestri. Le revisioni delle stime sugli utili hanno evidenziato un deciso miglioramento grazie alle prospettive di un rafforzamento della crescita globale. E nei mercati emergenti sono ora superiori rispetto agli Stati Uniti, segno che il dinamismo degli utili si sta ampliando”.

Infine, “gli investitori non dovrebbero dimenticare le politiche accomodanti delle banche centrali. I tassi d’interesse a breve termine rimangono estremamente bassi o negativi, con i bilanci delle banche centrali di nuovo in espansione. Inoltre, gli istituti centrali hanno dichiarato chiaramente che l’ostacolo a un inasprimento della politica monetaria è piuttosto consistente”.

Nel complesso, quindi, “un eccessivo pessimismo sulle azioni in questa fase è prematuro. Una certa cautela riguardo al coronavirus è giustificata; ovviamente il fatto che l’epidemia abbia avuto origine in Cina – di gran lunga il principale motore di crescita mondiale – è importante in questo caso”. Tuttavia “sono in gioco anche altre forze più favorevoli per le azioni. Dato che eventi come il coronavirus tendono ad avere un impatto temporaneo anziché strutturale sulla crescita e sugli utili, evitiamo di assumere un orientamento espressamente negativo sui mercati azionari”.

Sulla stessa linea Jian Shi Cortesi, portfolio manager per l’azionario asiatico e cinese di Gam Investments, secondo la quale “pur riconoscendo la tragedia umanitaria che questi eventi rappresentano, simili fonti di tensione per il mercato possono mettere in luce delle opportunità dal punto di vista degli investimenti.

Cortesi aggiunge che, “come osservato in passato, prevediamo un movimento a forma di V – un forte calo seguito da una rapida ripresa – come si è visto durante la Sars nel 2003. Questi movimenti tendono a essere guidati dal comportamento degli investitori, che reagiscono a tali momenti di incertezza piuttosto che basarsi su un qualsiasi fondamentale, e quindi lasciano intendere che si verificheranno anomalie di prezzo. Nel complesso, i nostri temi principali continuano a concentrarsi sul consumatore e sull’innovazione: difficilmente subiranno un impatto a lungo termine a causa del virus”.

A livello operativo, “finché il virus è in azione – dice l’esperta di Gam – crediamo che le entrate delle aziende legate ai viaggi o all’intrattenimento offline (come i casinò o i cinema) saranno negativamente influenzate. Al contrario, il settore online potrebbe trarne vantaggio, dato che i cittadini rimangono a casa e quindi è probabile che passino più tempo al telefono e al laptop. In definitiva, riteniamo che il virus non dovrebbe influire sulla capacità di un’azienda di generare utili a lungo termine. Ci aspettiamo che la ripresa in Cina si diffonda prima nel resto dell’Asia e poi nel resto del mondo. Alcuni segnali indicano che questo processo è già partito. I prezzi dei metalli sono aumentati, e i prezzi delle memorie dinamiche ad accesso casuale (Dram) aumentano da metà dicembre. Questo ha dato impulso alla crescita delle esportazioni nelle economie dell’Asia orientale, come Taiwan e la Corea del Sud”.

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