La Fed taglierà ancora i tassi e l’euro continuerà a scendere?

A cura di Ipek Ozkardeskaya, Senior Analyst di Swissquote Bank

Le minute della Fed ci hanno confermato che se da un lato i rischi relativi al commercio globale e alla crescita sono diminuiti a seguito dell’accordo di prima fase siglato tra Usa e Cina, dall’altro sono emersi nuovi pericoli all’orizzonte come lo scoppio del coronavirus.

La banca centrale americana ha sottolineato l’esigenza di monitorarne da vicino gli sviluppi anche se, con l’economia che cresce a passo moderato e il mercato del lavoro che rimane robusto, l’outlook di politica monetaria già espresso è destinato a rimanere convalidato nella misura di una riduzione degli acquisti delle emissioni a partire dal mese di aprile. Pur tuttavia, l’attività registrata sul mercato dei titoli governativi suggerirebbe che gli investitori rimangano in attesa di almeno un taglio in più nella seconda parte del 2020.

Ciononostante, considerando i livelli record raggiunti dai listini e l’impressione che gli sforzi messi in campo dall’IT cinese per contrastare il coronavirus stiano iniziando a dare i primi frutti, anche il Fmi si mostra ottimista sulla crescita per quest’anno, nonostante tutte le preoccupazioni. Il rendimento sul decennale Usa è di circa 1,55% mentre il Dollar Index avanza verso quota 100 mandando il cambio con lo yen sopra i 111, livello abbandonato più di un anno fa. A beneficiarne, sono i prezzi dei titoli giapponesi quotati a Tokio e quelli cinesi dopo che la PBoC ha tagliato rispettivamente di 10 e 5 punti base i tassi sul denaro preso a prestito a 1 o 5 anni.

Sul mercato valutario, le vendite di euro hanno ripreso ad accelerare a seguito degli ultimi dati negativi sul mercato tedesco che hanno conclamato un sentiment in netto peggioramento senza che al momento si intravedano spiragli. Si tratta di una situazione che teoricamente offre nutrimento continuo agli euro-ribassisti dal momento che ad ogni dato deludente proveniente dalla Germania si concretizza una nuova ondata di vendite con un primo obiettivo a 1.0777 contro il dollaro.

Nel Regno Unito la sterlina ha tentato un primo rally sulla scia di un rialzo dell’inflazione (1,8%) più veloce del previsto a gennaio che, come prevedibile, da un lato ha l’effetto di disperdere le “colombe” in seno alla Bank of England, dall’altro però porta con sé l’ansia che il potere di acquisto dei britannici possa diminuire, se si fa il paio con il calo dei salari già archiviato. Oltre a questo fattore, sul contenimento del rimbalzo della valuta inglese incide la forte ripresa del dollaro sulla scia dell’aumento dei prezzi alla produzione negli Usa.

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