Eni aggiusta il tiro, punta su gas e rinnovabili: basterà?

L’hype mediatico del contagio da coronavirus continua a martellare i mercati finanziari, a partire dalle materie prime, stante le previsioni (ancora molto aleatorie) sull’impatto, sicuramente negativo, che la vicenda avrà sulla crescita economica cinese e mondiale. Ne fa le spese il petrolio, il cui prezzo in una settimana è calato dai 53,8 a 45,6 dollari al barile nel caso del Wti, ovvero da 59,1 a 50,7 dollari nel caso del Brent, in entrambi i casi perdendo oltre il 15% in cinque sedute.

Un simile crollo delle quotazioni si è trascinato con sé anche i titoli delle maggiori società del settore, anche se con un differente andamento legato al flusso di notizie sulle diverse aziende e alla sensibilità dei singoli titoli all’andamento degli indici. Così Eni ha finora limitato i danni (-8,85%) rispetto al – 9,58% di Saipem e al -14,2% di Tenaris, storicamente titoli dal beta più elevato, cosa che ha portato alcuni broker a suggerire, con un’inversione a U, di chiudere le strategie rialziste sui titoli e aprirne di ribassiste, vista la rapidità e l’ampiezza dei movimenti registrati anche nell’arco delle singole sedute.

Per Saipem, ad esempio, si suggerisce di accumulare su debolezza, prevedendo obiettivi ribassisti di breve periodo a 3,47 euro ed eventualmente a 3,33 euro (con stop loss in caso di rimbalzo a 3,74 euro), mentre su si suggerisce cautela dato che il titolo resta in trend fortemente ribassista, con obiettivi a 12,17-11,37 euro (stop loss in caso di ulteriori ribassi sotto i 12,7 euro) e su Tenaris si suggerisce di iniziare ad acquistare su debolezza in caso di ulteriori ribassi, con target di breve a 8,9 e poi a 8,1 euro (stop loss in caso di rimbalzo oltre i 9,3 euro).

Tutti e tre i titoli sono anche stamane in calo (tra il -1,4% di Saipem e il -3,1% di Tenaris) oltre che ampiamente in rosso anche rispetto a 12 mesi fa (-20,5% Saipem, -22,7% Eni, -29,2% Tenaris), complice il mutamento di umore del mercato nei confronti delle “brown companies” già da qualche mese, sulla spinta dell’emergere sempre più netto di una richiesta di maggiore tutela ambientale che peraltro in questi prossimi mesi dovrà fare i conti con la richiesta che già inizia a manifestarsi da parte di alcune imprese e parti politiche di evitare provvedimenti che vadano ad appesantire eccessivamente gli obblighi normativi delle aziende (compresi i provvedimenti anti inquinamento).

Il “cigno nero” della crisi da coronavirus, se di questo si tratterà, può dunque rimescolare le carte anche se altre variabili potranno entrare in gioco a partire dal probabile varo di ulteriori misure di contenimento della produzione da parte dell’Opec (e probabilmente della Russia) a sostegno dei prezzi, al possibile, ma non a tempi brevissimi, intervento delle banche centrali dei maggiori paesi sviluppati (Federal Reserve e Bce in testa) per stabilizzare i mercati e garantire l’accesso alla liquidità onde evitare il ripetersi di uno scenario simil-2008.

I risultati di Eni

Eni (42,7 miliardi di capitalizzazione alla chiusura di ieri a Piazza Affari) in particolare ha comunicato oggi i risultati del quarto trimestre (utile netto adjusted -62% a 546 milioni di euro, Ebit adjusted -40% a 1,8 miliardi) e dell’intero 2019 (utile netto di 0,15 miliardi, debito netto che escludendo l’applicazione del Ifrs sale a 11,5 miliardi, +38%, dopo l’acquisizione del 20% di Adnoc Refining) apparsi leggermente sotto le attese per quanto riguarda gli utili del quarto trimestre, ma migliori per l’andamento del debito.

La società proporrà di distribuire un dividendo complessivo di 0,86 euro per azione (di cui 0,43 euro già pagati come acconto), in linea con le attese, ed ha annunciato il riavvio del programma di buy-back sui propri titoli per 18 mesi e un controvalore massimo di 1,2 miliardi (ovvero per un 5% massimo del capitale), dopo l’annullamento delle azioni proprie acquistate nel 2019 (28.590.482 azioni in tutto, pari a circa lo 0,8% del capitale). Prevista inoltre la crescita della cedola il prossimo anno, a valere sui risultati 2020, a 89 centesimi per azione.

Eni ha anche varato il nuovo piano strategico 2020-2023 focalizzato su progetti E&P (esplorazione e produzione) ad alto valore e rapido ritorno, attraverso maggiori investimenti sul gas, sui biocarburanti oltre che in energie rinnovabili (con un incremento di produzione per queste ultime di 3 gigawatt, rispetto agli 1,6 gigawatt del precedente piano). Si prevede inoltre un ulteriore abbassamento del punto di pareggio sui nuovi progetti a 23 dollari al barile (dai precedenti 25 dollari al barile) e il miglioramento della cash neutrality del gruppo (a 45 dollari al barile al 2023, contro i 50 dollari al barile finora indicati al 2022). Il tutto a fronte di investimenti in lieve calo (32 miliardi nel triennio dai 33 miliardi del precedente piano).

Il giudizio degli analisti su Eni

Nel complesso gli annunci del cane a sei zampe rispettano le previsioni del mercato e dovrebbero portare gli analisti a confermare sostanzialmente, al netto dell’impatto della crisi da coronavirus, stime e giudizi che al momento sono favorevoli (14 report positivi, 7 neutrali e 5 negativi, per un prezzo obiettivo medio di 16,1 euro per azione). Sul fronte tecnico la raccomandazione resta come detto neutrale a brevissimo/breve termine, ma salvo cadute al di sotto della stop loss a 10 euro per azione il trend rialzista di medio/lungo periodo dovrebbe rimanere intatto e consentire eventuali operazioni in acquisto già attorno ai livelli attuali e fino almeno agli 11,5 euro, in vista di un rimbalzo a 12,5-13 euro per azione.

Se poi, passato l’hype mediatico del coronavirus e a fronte di stime più consistenti sull’andamento della domanda e dell’offerta di petrolio, il titolo Eni vedesse nuovi flussi d’acquisto e superasse anche i 14-14,5 euro, potrebbero scattare nuovi target rialzisti a 15,5-16 euro. In questo caso la stop loss suggerita è fissata a 13,8 euro per azione. Livelli che per un titolo che stamane offre un dividend yield prospettico, per l’anno venturo, del 7,8% sarebbero sicuramente importanti consentendo di ritornare sui massimi degli ultimi 12 mesi visti tra metà marzo e metà aprile 2019.

L’andamento di Eni a Piazza Affari negli ultimi 12 mesi

A cura di Luca Spoldi, Cefa, 6 In Rete Consulting Ceo (www.6inrete.it)

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