Confidi maggiori, migliora la rischiosità nel triennio 2016-2018

Secondo Crif Ratings, il sistema dei confidi maggiori ha riportato nel periodo 2016-2018 un graduale miglioramento nel profilo di rischio: sulla base degli ultimi bilanci disponibili, a fine 2018 oltre l’83% dei soggetti analizzati presentava infatti una classe di rischio medio-basso. Inoltre, i confidi che nel biennio precedente riportavano un livello di rischio alto hanno progressivamente realizzato un processo di migrazione verso classi di rischio più basso. Qualità degli asset e solidità sono gli ambiti in cui si sono registrati i più significativi miglioramenti. Di contro, le aree della liquidità e della redditività non hanno riportato cambiamenti rilevanti.

Crif Ratings, tramite un modello di valutazione proprietario, ha potuto analizzare l’evoluzione nel grado di rischio di 33 confidi maggiori, rappresentante la quasi totalità delle garanzie rilasciate dai confidi iscritti all’albo unico. Nello specifico, dalla ricerca emerge come nel corso degli ultimi anni il sistema dei confidi maggiori abbia lentamente cambiato aspetto, grazie soprattutto alle operazioni di fusione realizzate tra i consorzi iscritti all’albo unico. Le aggregazioni hanno, da un lato, determinato l’uscita dal sistema di soggetti caratterizzati da una precaria condizione economica e finanziaria e, dall’altro, rafforzato la posizione dei confidi incorporanti che sempre più assumono le caratteristiche di enti extra-regionali: a gennaio 2020, i soggetti sottoposti alla vigilanza da parte di Banca d’Italia sono 34 e, complessivamente, nel 2018 hanno rilasciato un volume di garanzie pari a 7,3 miliardi di euro.

“L’operatività dei consorzi di garanzia, che nel periodo di analisi ha segnato un’ulteriore contrazione, è connessa principalmente all’andamento del credito bancario nel settore delle micro e piccole imprese, caratterizzato da sempre dalla contenuta propensione degli istituti di credito a concedere finanziamenti“, spiega Angela Condoluci, Associate di Crif Ratings. “L’elevata complessità nel valutare il merito creditizio e la bassa profittabilità del target di clientela sono stati i fattori che hanno influenzato le scelte allocative degli istituti di credito. In tale contesto, tuttavia, il crescente ricorso alla controgaranzia del Fondo Centrale di Garanzia (Fgc) ha rivitalizzato l’operatività dei confidi maggiori, generando effetti positivi anche sul grado di rischiosità dell’intero comparto”.

Lo studio evidenzia una rilevante crescita delle forme di riassicurazione: a fine 2018 le controgaranzie (1.948 milioni di euro) hanno rappresentato in media il 33% delle garanzie rilasciate al sistema bancario dai confidi maggiori, registrando una crescita di circa 9 punti percentuali rispetto al 2016. Il principale strumento di mitigazione del rischio di credito è la controgaranzia del Fondo Centrale di Garanzia, pari complessivamente a 1.737 milioni a fine 2018 (+60% rispetto a quanto ottenuto dai confidi nel 2016). La crescente propensione dei confidi maggiori ad operare con tale strumento e, al contempo, la minore rischiosità delle imprese garantite hanno prodotto importanti benefici anche in termini di requisiti patrimoniali.

A tal proposito, nell’area della solidità, Crif Ratings ha stimato le perdite attese ed inattese connesse alle esposizioni dei confidi maggiori e ne ha valutato la relativa sostenibilità. I risultati evidenziano la presenza di surplus patrimoniali aggiunti rispetto a quanto richiesto dalla normativa di vigilanza, stimati in media pari a 16 milioni di euro a fine 2018. Sul fronte della liquidità non si ravvisano criticità: l’entità delle attività finanziarie disponibili assicura la completa copertura delle posizioni deteriorate di maggiore gravità per l’intero periodo analizzato.

L’area della redditività riporta ancora rilevanti carenze: la marginalità media dell’attività di garanzia è pari all’1,7% e non risulta sufficiente alla copertura dei costi operativi (2,3% delle garanzie). I conti economici, nel 2018, hanno inoltre risentito del minor contributo della gestione finanziaria; sebbene lo stesso sia stato, in parte, controbilanciato dalle più contenute rettifiche di valore delle garanzie. L’entità cumulata dei risultati economici conseguiti dai confidi maggiori è positiva, ma fortemente dipendente dai contributi pubblici ottenuti in alcune regioni.

“Questa situazione – conclude Condoluci – impone importanti considerazioni sulla necessità di sviluppare e consolidare nuove leve di business, sfruttando i surplus patrimoniali conseguiti, al fine di generare impatti positivi sugli introiti e favorire la progressiva indipendenza della contribuzione pubblica nonché ridare vitalità a un sistema che ha esercitato un ruolo cruciale nel favorire l’accesso al credito delle Pmi”.

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