Coronavirus e mercati, il peggio deve ancora arrivare

A cura di Mark Dowding, Cio di BlueBay

Nell’ultima settimana i mercati hanno visto una corsa verso gli asset più sicuri, con la diffusione globale del coronavirus e per la prima volta la registrazione di più casi fuori dalla Cina che all’interno di essa. Si ha sempre più la sensazione che la diffusione del virus stia diventando in un certo senso inevitabile, proprio quando gli sforzi per contenerla nella Provincia di Hubei sembravano funzionare.

Da molti punti di vista, nei prossimi mesi e anni, il Covid-19 potrebbe essere ricordato solo come un altro virus influenzale, che è di per sé spiacevole, ma che rappresenta una minaccia significativa soltanto per gli anziani e i malati. Tuttavia, al momento, i timori legati a questa nuova malattia implicano che l’attività economica sta subendo un impatto negativo, sia a livello di domanda che di offerta.

I tentativi di contenere la diffusione attraverso la quarantena hanno portato a chiusura di aziende, limitazione dei viaggi già pianificati e chiusura delle scuole, anche se in alcuni casi ciò è basato soltanto sul timore che gli individui possano incontrare altre persone che potrebbero aver viaggiato in aree considerate “a rischio”. Senza dubbio, alcune misure rappresentano una reazione esagerata, ma la realtà è che nella fase attuale il timore di per sé basta per creare uno shock economico negativo a livello globale.

L’impatto sui mercati

In questo contesto, un calo dei rendimenti dei titoli di Stato, mercati azionari più deboli e spread creditizi più ampi sono comprensibili. Al momento sembra che i timori abbiano rimpiazzato l’avidità e se la paura del virus dovesse continuare a crescere nelle prossime settimane, potrebbe essere complicato immaginarsi un miglioramento in questo senso nel breve periodo, anche se la normalizzazione dell’attività in Cina dovrebbe rassicurare i mercati, almeno in parte.

Nel frattempo, prevediamo che il focus si sposterà su cosa può e deve essere fatto in termini di politiche. In questo contesto, riteniamo che gran parte del lavoro riguarderà le politiche fiscali, soprattutto in Europa, dove i tassi di interesse sono già molto bassi e un ulteriore taglio sarebbe discutibile in termini di benefici futuri.

Detto ciò, siamo stati colpiti dagli step intrapresi ad Hong Kong per garantire a tutti i cittadini di età superiore ai 18 anni una somma di 10mila dollari di Hong Kong. In parte, ciò potrebbe essere visto come una versione fiscale dell’helicopter money, che da molti punti di vista sembrerebbe essere una politica costruttiva, designata per alleviare la temporanea carenza di domanda aggregata.

Politica preistorica in Europa

Continuiamo ad avere una stima sempre più bassa per i policymaker europei, e in particolare per quelli tedeschi. Scholz del Partito Socialdemocratico ha avanzato l’ipotesi di un easing fiscale in Germania questa settimana, ma i dinosauri che circondano Merkel hanno subito bocciato la proposta. La Germania continua a essere paranoica nei confronti dell’eccessiva spesa dei Paesi dell’Europa meridionale, tuttavia ai nostri occhi un eccessivo conservatorismo da parte di Berlino potrebbe rappresentare il maggiore rischio per l’unità monetaria nei prossimi mesi e anni.

Dal punto di vista della Bce, sosteniamo un aumento degli acquisti di obbligazioni periferiche e di quelle societarie per evitare un inasprimento delle condizioni di credito. Tuttavia, è improbabile che Lagarde sarà in grado di discostarsi da quanto stabilito dal programma di acquisti. Un aumento del quantitative easing sembra impensabile per gran parte del Consiglio direttivo e ciò potrebbe portare a nuove discussioni riguardo a un ulteriore riduzione dei tassi. Tuttavia, impattando su banche, assicurazioni e risparmiatori, tale mossa potrebbe fare tanto male quanto bene.

Ci aspettiamo invece un easing fiscale molto più consistente nel Regno Unito. In questo contesto, ci auguriamo che l’economia britannica possa resistere meglio del Continente alla tempesta in corso.

Il “Brexit bump” è sempre più forte nel Regno Unito

Nel frattempo, ci sembra sbagliato escludere la possibilità di un taglio dei tassi da parte della Bank of England, soprattutto in uno scenario in cui la Fed e le altre banche centrali hanno spazio per ulteriori allentamenti e tagli dei tassi.

Al tempo stesso, sembra che le negoziazioni commerciali con l’Ue siano partite con il piede sbagliato, in linea con quanto ci aspettavamo. Nel corso dell’ultima settimana, abbiamo riequilibrato lo short sui Gilt (dopo la sottoperformance dei Gilt rispetto ad altri mercati) e continuiamo ad avere una posizione corta sulla sterlina rispetto all’euro.

Nell’Eurozona, l’angoscia e l’invidia per la sovraperformance del Regno Unito dopo Brexit potrebbero rendere difficile trovare un compromesso nel breve termine e con l’opinione pubblica britannica che è sempre più arrabbiata all’idea che l’Ue non concederà gli stessi termini garantiti al Canada, i prossimi mesi potrebbe fornire delle novità complesse. Detto ciò, se i timori per una hard Brexit porteranno a una sterlina più debole, dubitiamo che ciò preoccuperà particolarmente Westminster.

Guardando avanti…

Il contesto resta molto incerto. Per ora sembra che con il coronavirus le cose debbano ancora peggiorare prima di migliorare. Allo stesso tempo, a nostro avviso uno shock sul fronte dell’offerta sommato a uno shock della domanda non determinerà necessariamente un calo dell’inflazione. Al contrario, alcuni prezzi potrebbero salire (a causa della scarsità), mentre altri scenderanno.

Sui mercati finanziari, l’abbandono di alcune posizioni potrebbe condurre a opportunità di dislocazione dei prezzi e anomalie, e in questo scenario il contesto attuale può essere inquadrato come un contesto che porterà ad opportunità alpha man mano che le cose si placano.

Tuttavia, per il momento, la natura di questo shock è in gran parte senza precedenti (l’esempio della Sars sembra ormai largamente irrilevante) e l’incertezza prevarrà. Pertanto, mantenere bassi i livelli di rischio continua a essere, a nostro avviso, un approccio prudente. Anche se il coronavirus è un elemento difficile da integrare nella propria analisi, osserviamo che il punto di massimo pessimismo potrà essere raggiunto nelle prossime due settimane. Questo potrebbe infatti coincidere con il momento in cui Covid-19 sarà ufficialmente dichiarato pandemico dall’Oms.

Secondo la nostra opinione, un tale passo potrebbe porre le basi per la realizzazione di una politica globale coordinata che faciliti la risposta. Si è tentati di pensare che, man mano che le cose miglioreranno e la paura si placherà, ci potrà essere un ritorno alla normalità. Il panico può persistere per un certo periodo di tempo, ma una volta che la stabilizzazione arriverà, il rimbalzo dell’attività potrebbe rivelarsi forte, soprattutto se l’allentamento delle politiche sarà attuato proprio al sorgere del sole.

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