Bitcoin nuovo bene rifugio?

Il Bitcoin? Potrebbe essere un rifugio per l’investitore, se gli effetti del Coronavirus continuassero a propagarsi nello spazio e nel tempo e si tramutassero in crisi.

I mercati stanno reagendo all’allarme Covid-19: i tre grandi indici Usa hanno ceduto oltre il 10% in pochissime giornate e si avviano a chiudere forse la settimana peggiore dalla grande crisi del 2008 e lo spread italiano ha dato segnali di allargamento, ha superato quota 170. Segnali che richiedono attenzione ma, forse, non ancora identificabili come vero panico. Se la tensione però dovesse prolungarsi e innescare la già intravista frenata nell’economia, questo porterebbe, come già in passato, a effetti sulla politica monetaria che facilmente tornerebbe sul sentiero dell’espansione: con conseguenti e fisiologici scenari inflattivi.

Uno scenario, si spera, ancora remoto, ma rispetto al quale il Bitcoin rappresenta un investimento capace di proteggere il portafoglio. Questo possibile orizzonte infatti non ha prodotto particolari movimenti sul Bitcoin, ma ha provocato un generale effetto incertezza sulle decisioni di spesa e investimento. E dato che la criptovaluta non sta ancora reagendo alla potenziale crisi, potrebbe essere il momento giusto per posizionarsi in modo da cogliere i benefici del rialzo che ci attendiamo.

Le ragioni non risiedono esclusivamente negli effetti Covid-19 sull’economia e sui mercati – anche perché va considerato che per la conta dei danni, a partire dal temporaneo blocco della produzione in Cina, si dovrà attendere qualche mese. Facendo un discorso più generale, la tensione del sistema finanziario con cui conviviamo – con un Pil mondiale a 60mila miliardi di dollari e asset finanziari a circa il quadruplo – rappresenta un equilibrio fragile che i piccoli, o grandi, cigni neri che ciclicamente si affacciano sulla scena, rischiano di “far saltare”.

La funzione reale del Bitcoin si vedrebbe, dunque, nel caso in cui un cigno nero come Covid-19 dovesse innescare iper-reazioni sui mercati e i risparmiatori. Perché? Perché rappresenta l’unico strumento che consente di effettuare reale trasferimento di moneta e non di credito (come avviene nel caso dei pagamenti con carta o bonifico intermediati dalle banche tradizionali). È caratterizzato da un’offerta fissa, mentre la domanda dipende da fattori diversi ma che non sono correlati con quello che accade alle asset class tradizionali.

Per un piccolo risparmiatore con un profilo di rischio moderato, la quota di Bitcoin in portafoglio dovrebbe attestarsi tra l’1% e il 2% del patrimonio complessivo: una quota che non espone a effettivi rischi in caso di repentine fluttuazioni e allo stesso tempo migliora l’alpha complessivo di portafoglio in presenza di nuovi picchi, come quelli del 2013 e del 2017 che hanno generato un rendimento rispettivamente del 6.700% e del 1.200% per chi avesse detenuto il Bitcoin per 12 mesi.

Il momento è propizio anche in vista di un’altra fortunata circostanza: ci aspettiamo un nuovo picco di prezzo nel 2021, a seguito dell’halving programmato dal sistema per il prossimo giugno. Un fenomeno che dimezza il rendimento dei miner (persone o società che inseriscono le transazioni all’interno della rete e di fatto fanno funzionare il mercato del Bitcoin): da 12,5 monete ogni dieci minuti a 6,25. Questo fenomeno, come già accaduto a novembre 2012 e a luglio 2016, dimezzerà da un giorno all’altro l’offerta di Bitcoin nuovi ed è probabile che innescherà un rialzo sensibile del prezzo, che è determinato, banalmente, dall’equilibrio tra domanda e offerta.

Occorre dunque sgombrare il campo da un pregiudizio: il Bitcoin non è solo un investimento da trader ma può essere un elemento di diversificazione – con le caratteristiche di decorrelazione e solidità illustrate – in un portafoglio bilanciato per piccoli investitori quale che sia il loro profilo di rischio. E con un’ottica di medio periodo, è un investimento che non ha mai deluso le aspettative finora: ad esclusione solo del 2018, tutti gli anni dal 2012 hanno registrato rendimenti positivi a due cifre, tanto che ad oggi il valore del Bitcoin (7.900 euro) è ben 2.000 volte il valore del 2012 (4 euro).  Prospettive molto interessanti in un mondo che si muove nel “rendimento zero”.

A cura di Christian Miccoli, co-fondatore e Ceo di Conio

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