Petrolio, guerra dei prezzi: dividendi a rischio per le società del settore

A cura di Mark Lacey, Head of Commodities di Schroders

Dopo il fallimento dei dialoghi con la Russia lo scorso weekend sulle quote di output, il Regno dell’Arabia Saudita ha dichiarato a tutti gli effetti una guerra dei prezzi nel mercato del petrolio, portando a un crollo del prezzo ufficiale di vendita di 7-8 dollari al barile per l’Europa e gli Usa e di 4-6 dollari al barile in Asia. Inoltre, a livello locale è stata data la notizia che l’Arabia Saudita aumenterà le esportazioni, portandole fino a 800mila barili al giorno in un mercato in cui l’offerta è già eccessivamente alta.

Si tratta del maggiore taglio dei prezzi del petrolio dal 2004 almeno, e ciò spinge i prezzi di alcuni tipi di petrolio come Arab Light ai minimi sin dal quarto trimestre del 2009, mentre in Europa Arab Light verrà scambiato a 10,25 dollari in meno rispetto al Brent crude.

Questa mossa potrebbe costare al Paese una stima di 120 miliardi di dollari, dato che l’attuale prezzo non è profittevole. Infatti, le quotazioni del greggio oggi sono significativamente inferiori al pareggio contabile di tutti i produttori dell’Opec. È difficile immaginare che questi prezzi possano essere sostenibili senza tagli significativi ai programmi fiscali, che a loro volta porterebbero a notevoli turbolenze. Inoltre, l’attuale prezzo del greggio è inferiore ai costi operativi dell’industria non-Opec, dato che le maggiori società petrolifere integrate necessitano di ottenere almeno 35 dollari al barile per sostenere i costi operativi.

Dividendi a rischio

Se il prezzo medio del petrolio sarà di 35 dollari al barile per il resto del 2020, i flussi di cassa totali per le compagnie petrolifere si ridurranno del 50%-60%. I dividendi di tutte le società integrate non saranno coperti con un prezzo di 35 dollari al barile. Sebbene non riteniamo che vedremo tagli nei dividendi nel breve termine, in assenza di una ripresa del prezzo del greggio tali tagli diventeranno una certezza. Nessuno nell’industria è infatti in grado di lavorare a 30 dollari al barile.

Con la prospettiva di un’Arabia Saudita che intende aumentare le esportazioni, il mercato del petrolio potrebbe vedere un accumulo continuativo delle scorte per tutto il 2020. Questo è il motivo per cui il prezzo del petrolio è crollato del 30% in una sola notte. Le società petrolifere quotate che operano in questo contesto non sono mai state così fragili negli ultimi 20 anni. Gli investitori hanno venduto le proprie quote, in quanto i timori Esg (ambientali, sociali e di corporate governance) indirizzano il capitale verso il settore delle rinnovabili. I pochi detentori che rimangono stanno chiedendo ritorni elevati agli azionisti, e ciò sta limitando il capitale.

Questo regime del capitale sta aumentando i vincoli all’offerta futura del settore. Se il prezzo del petrolio recupererà, la risposta in termini di offerta da parte delle società petrolifere quotate sarà la più limitata di sempre.

Rischi in aumento e accumulo di scorte inevitabile

I rischi per gli equilibri del petrolio nei prossimi mesi riguardano decisamente la domanda e il fatto che nel breve termine sarà inevitabile un ampio accumulo di scorte. Tuttavia, a differenza del periodo 2013-2018, la crescita dell’offerta non-Opec oltre il breve periodo ora sta rallentando notevolmente ed è contenuta e insufficiente in termini assoluti.

Se guardiamo al periodo 2021-2025, il mercato del greggio soffrirà sul lato dell’offerta. Abbiamo quindi bisogno che l’Opec aumenti la produzione oltre l’attuale spare capacity. Di conseguenza, ironicamente, il modo in cui vediamo il mercato del petrolio è semplice. Più resteremo fissi sui prezzi attuali, più l’offerta verrà rimossa dall’industria. Ciò mette il mercato di fronte a una fase di notevole stretta e di prezzi molto più elevati, finché alla fine entreremo in un periodo di domanda stabile e di ripresa dei rifornimenti.

Affinché si verifichi questa stabilizzazione, abbiamo bisogno che il coronavirus si affievolisca, che l’attività industriale riparta e che le industrie riducano le scorte. Nel brevissimo periodo, è difficile che ciò accada, ma se guardiamo oltre il breve termine, i rischi al rialzo per le quotazioni del petrolio sono significativi.

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