Perché il recupero delle quotazioni petrolifere sia sostenibile occorrerà infatti non solo una ripresa dal lato della domanda, cosa che sarà possibile solo una volta che il picco di pandemina di Covid-19 sarà superato in tutto il mondo, dall’altro che si ricomponga la guerra commerciale tra Arabia Saudita e Russia dal lato dell’offerta. Goldman Sachs, ad esempio, segnala come nonostante il calo più rapido del previsto degli investimenti dei produttori americani di shale oil (calati del 30%) non basterà a compensare l’accumulo di scorte nei prossimi 6 mesi nonostante la prevista riduzione in media di 0,9 milioni di barili al giorno per i prossimi tre trimestri.
E ancora: vi sono sì segnali di ripresa della domanda di petrolio cinese (Goldman Sachs prevede che la minor domanda passerà dai -3,4 milioni di barili di febbraio a -1,4 milioni in marzo e poi a circa -670 mila barili in aprile), ma il calo medio nel primo semestre sarà comunque di circa 1 milione di barili al giorno. Altrettanti danni produrrà la forte riduzione del traffico aereo e altri danni verranno dalla minore domanda italiana (il calo dovrebbe essere di circa 266 mila barili al giorno questo mese, di 112 mila il mese prossimo, e in media di 82 mila barili al giorno nel primo semestre) e quella, in arrivo, nel resto d’Europa e presumibilmente negli Usa tra questo e il prossimo mese, di cui peraltro gli analisti ancora non possono tener conto.
Morale: sul mercato potrebbe arrivare a esserci un picco di surplus di greggio di circa 6 milioni di barili al giorno (e comunque in media oltre 3 milioni di barili al giorno di surplus per tutto il primo semestre) destinato a causare ulteriori tensioni sui prezzi. Così anche in fase di rimbalzo delle quotazioni dei titoli petroliferi, che in questi giorni a Piazza Affari si sono visti scavalcare al ribasso da altri settori a partire dai consumi fuori casa, dalle infrastrutture e dai finanziari, sarà il caso di operare più in ottica di trading che di ricostituzione di una posizione stabile in portafoglio.
I titoli nella bufera
Tenendo semmai presente che se il calo dei prezzi del petrolio ha favorito i raffinatori, una risalita delle quotazioni dell’oro nero beneficerà le società attive nel settore dell’esplorazione, come Saipem, che disponendo in genere di una base costi più flessibile (oltre che di un beta più elevato), dovrebbero comunque soffrire meno della fase di incertezza dei prezzi petroliferi rispetto a produttori come Eni e rimbalzare più rapidamente. E infatti stamane in apertura a Piazza Affari Eni segnava +6,5% mentre Saipem recupera un 7,15% mentre Tenaris, che produce tubi per infrastrutture petrolifere, recuperava il 5,55% e Saras lo 0,5%, dopo però aver limitato all’8,5% le perdite nelle cinque sedute precedenti (contro il -35% di Saipem e il -40% di Eni).
Il clima di nervosismo sui mercati è peraltro evidente dal fatto che anche sui titoli sopra menzionati sono subito scattate prese di profitto che ne hanno ridotto in parte il recupero. Saipem in particolare, chiaramente in ipervenduto come confermano sia lo Stocastico sia l’indicatore di forza relativa (Rsi), oscilla intorno ai 2,04 euro dopo aver sfiorato in avvio i 2,10 euro per azione. Il titolo resta in un trend di brevissimo fortemente ribassista con un target a 1,867 euro e ulteriori supporti sotto tale livello a 1,85 e poi a 1,73 euro per azione, mentre le resistenze che potrebbero essere testate già in giornata sono a 2,18 e poi a 2,24 euro.
Sinché Saipem non tornerà sopra i 3 euro le strategie ribassiste (scattate alla rottura dei supporti in area 3,45-3,47 euro, vale a dire ormai ben il 70% al di sopra dei livelli correnti) la fase negativa non potrà considerarsi esaurita e per questo va raccomandata la massima prudenza e un’operatività su base giornaliera che consenta di prendere rapidamente profitto o tagliare altrettanto rapidamente ulteriori perdite.

A cura di Luca Spoldi, Cefa, 6 In Rete Consulting Ceo (www.6inrete.it)