Oro, prospettive brillanti nonostante la recente fase di volatilità

Con l’intensificarsi dei timori riguardo al coronavirus e il collasso del prezzo del petrolio, abbiamo registrato una corsa verso la liquidità in tutte le asset class. L’oro e l’azionario aurifero sono stati anch’essi colpiti in questa fase di stress. I prezzi dell’oro sono crollati, per poi tornare a livelli invariati per quest’anno, mentre l’azionario legato all’oro è ora in calo sull’anno.

“I motivi alla base di ciò sono molteplici”, spiega James Luke, co-gestore del fondo Schroder Isf Global Gold di Schroders. “La rapida liquidazione di posizioni speculative sui futures ha avuto un impatto. Soprattutto nei Paesi in cui i prezzi dell’oro sono ai massimi in valuta locale, come l’Australia, è aumentato il fenomeno dell’hedging da parte dei produttori. Ciò avviene quando un produttore concorda un prezzo futuro di vendita specifico per l’oro”.

Non solo. “Il metallo giallo è stato anche acquistato come strumento di protezione per le posizioni sugli indici azionari. È possibile che le dimensioni del calo del mercato azionario possano forzare una liquidazione degli hedge in un contesto in cui la liquidità è ridotta. È interessante notare che i rivenditori di oro fisico stanno registrando vendite a livelli record”, continua Luke.

L’esperto nota che “i titoli azionari legati all’oro sono stati colpiti anche dai cali dell’equity. D’altra parte, l’azionario aurifero continua a rientrare nella categoria dei produttori di commodity ed è incluso in molti indici azionari di più ampio respiro. Ciò implica che eventi di liquidazione disordinati, come ad esempio la vendita forzata, possono spingere i titoli azionari auriferi verso il basso nel breve termine”.

Inoltre, anche le oscillazioni nel mercato petrolifero hanno influenzato questa asset class. “Il calo dei prezzi del petrolio ha avuto come effetto maggiore quello di far crollare le aspettative sull’inflazione. Ciò ha fatto aumentare anche la volatilità dell’oro, spingendo al rialzo i tassi di interesse, dato che le aspettative sull’inflazione sono calate più velocemente dei rendimenti nominali. L’oro è infatti molto sensibile a questi fattori nel breve termine”.

Minore volatilità nel prossimo futuro

In un mondo di debito elevato e tassi di interesse bassi, secondo Luke le politiche che emergeranno in reazione all’attuale crisi rappresenteranno un nuovo paradigma. “Ci aspettiamo che i tassi di interesse verranno mantenuti a livelli vicini allo zero, se necessario anche attraverso massicci programmi di quantitative easing e di espansione di bilancio delle banche centrali, e che la politica fiscale verrà utilizzata per spingere l’inflazione al ribasso verso i target. La politica fiscale può assumere varie forme e non scartiamo a priori la possibilità di un intervento sulla linea dell’’helicopter money’. Non potremmo immaginare un contesto più favorevole per il prezzo dell’oro”.

Inoltre, alla base delle performance dell’oro ci sono driver strutturali precisi, al di là delle turbolenze di breve termine. “Anche prima dell’attuale crisi abbiamo sostenuto che al momento ci troviamo nelle prime fasi di un’impennata strutturale degli investimenti in oro monetario sia da parte degli investitori privati che delle banche centrali, spinta da due fattori principali. In primo luogo, c’è un’alta probabilità che il debito globale molto elevato peserà sulla crescita globale, rendendo impossibile la normalizzazione delle politiche monetarie e spingendo i policymaker verso soluzioni non convenzionali più estreme nella prossima fase di declino (la classica trappola del debito). Ciò porterà a tassi di interesse reali molto negativi e a un focus sempre maggiore sui rischi del debito sovrano. Entrambi questi risvolti dovrebbero essere molto positivi per i prezzi dell’oro”.

Il secondo fattore, secondo il gestore di Schroders, è rappresentato da un dollaro storicamente sopravvalutato e da una crescente attenzione verso il deficit Usa e verso la sostenibilità fiscale. Tale focus potrebbe diventare ancora più importante dopo le elezioni di novembre 2020, indipendentemente da chi sarà il vincitore. “Sulla base della velocità con cui si evolverà il contesto macroeconomico, ci sorprenderebbe se l’oro non dovesse toccare nuovi massimi storici superiori ai 2mila dollari l’oncia nei prossimi anni”.

L’azionario aurifero a un punto di svolta

“L’oro ha un’identità duale e condivide con altri metalli come il rame alcune caratteristiche da commodity, come l’offerta mineraria e la domanda fisica da parte dei consumatori. Tuttavia, il metallo giallo ha anche una chiara identità monetaria. Questo è il motivo per cui le banche centrali, che nel 2019 hanno acquistato quantità record di oro, detengono questo metallo nelle loro riserve monetarie. Nell’attuale contesto macro, riteniamo che le caratteristiche monetarie dell’oro siano dominanti per la determinazione del suo prezzo“, continua Luke.

Che aggiunge: “Riteniamo che l’azionario aurifero continui a essere in parte incompreso. Sostanzialmente, riteniamo che le miniere d’oro producono un asset monetario che offre prospettive molto solide. Tuttavia, al momento questi titoli hanno valutazioni molto contenute, essendo considerati come produttori di commodity. Ciò in parte è dovuto all’incapacità del settore di generare rendimenti solidi negli ultimi anni, soprattutto tra il 2005 e il 2015”.

Tuttavia, conclude l’esperto, “i produttori di oro oggi si trovano in una posizione molto diversa rispetto agli anni passati, sia in termini di generazione di rendimenti che di disciplina nella gestione. Ad esempio, anche dopo la recente correzione dei prezzi dell’oro, i produttori di tale metallo mostrano margini quasi doppi rispetto a quelli visti nel 2011, al culmine dello scorso bull market per l’oro. Al contrario, le valutazioni sono molto più basse. Con il cambiamento del contesto macro, riteniamo che il 2020, nonostante il maggiore stress di breve termine, sarà ricordato come un momento storico di svolta per il settore“.

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