Pil Italia a -6,5% nel 2020, Prometeia: “Non basteranno due anni per la ripresa”

Ipotizzando una lenta e selettiva rimozione dei blocchi produttivi a partire da inizio maggio, il centro studi Prometeia prevede una contrazione del Pil italiano nel 2020 del 6,5%. E in base alle stesse previsioni, il rimbalzo sarà solo graduale verso l’autunno, toccando il +3,3% nel 2021 e il +1,2% nel 2022.

“Le politiche della Bce – sottolinea Prometeia – allenteranno le tensioni sui titoli di Stato nel breve periodo, ma l’intervento fiscale del governo non potrà che essere limitato nel sostenere la domanda”. Secondo Prometeia, a fine 2020 il rapporto deficit/Pil avrà raggiunto il 6,6% e quello debito/Pil il 150%.

“Forte piano europeo ed Eurobond o è a rischio l’Unione”

Il rapporto Prometeia sottolinea che “l’Italia, con un settore servizi e turismo caratterizzato da piccole e medie imprese, e un settore pubblico con un debito già elevato, rischia di essere tra gli Stati più fragili“. E la gestione del dopo-coronavirus sarà cruciale per il futuro stesso dell’Unione europea: “Nessun paese potrà uscire da solo dalla crisi”, scrivono gli economisti della società di consulenza. “Occorre un forte e tempestivo piano a livello europeo per fronteggiare l’emergenza e rilanciare l’attività economica: non solo sotto il profilo finanziario, ma anche della crescita reale”.

Gli esperti di Prometeia si esprimono a favore di “emissioni di titoli europei“, che permetterebbero di ridurre gli oneri sui bilanci nazionali e di “fare anche un passo in avanti verso la creazione di quel safe asset continentale che potrebbe favorire la diversificazione del rischio dei sistemi finanziari. Non procedere su questa strada rischierebbe di indebolire il progetto europeo, mettendone a rischio il futuro”.

Il coronavirus abbatte la fiducia di imprese e famiglie a marzo

Intanto l’emergenza coronavirus affossa la fiducia di aziende e famiglie italiane. In base alle stime Istat, a marzo si registra una forte diminuzione sia dell’indice di fiducia dei consumatori (da 110,9 a 101,0) sia di quello relativo alle imprese (da 97,8 a 81,7). Il Covid-19 e le conseguenti misure di contenimento adottate dal governo per limitare il contagio hanno pesantemente influenzato gli umori, osserva l’Istituto. Gli indici si portano così sui valori registrati, rispettivamente, a giugno 2013 e gennaio 2015.

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