Bond ai tempi del coronavirus tra asset rifugio, banche centrali e tassi di cambio

“I mercati del reddito fisso continuano a essere volatili, poiché gli investitori si trovano ad affrontare la probabile dislocazione economica causata dai necessari tentativi del governo di arginare l’avanzata del coronavirus”. Con questa premessa Ariel Bezalel, Head of Strategy, Fixed income e Harry Richards, gestore Fixed Income e responsabili del fondo Jupiter Dynamic Bond di Jupiter AM, analizzano il mercato obbligazionario nell’epoca del coronavirus.

“Abbiamo assistito a un sell-off che ha avuto un impatto indiscriminato su titoli rifugio, che fossero governativi, investment grade o high yield”, notano i due esperti. “Una caratteristica chiave di questo sell-off è stata la vendita forzata da parte di investitori che hanno dovuto cedere gli asset più liquidi per raccogliere cassa. Ciò ha colpito duramente i Treasury statunitensi. Tuttavia, non si è trattato di uno sviluppo del tutto scioccante – un’azione simile sui prezzi è stata vista durante la crisi finanziaria globale, quando si è rivelata essere solo temporanea. Una volta che i flussi caotici rallentarono, i fondamentali furono riaffermati e i rendimenti dei Treasury calarono. Ora assistiamo di nuovo a questa dinamica, con i Treasury che mostrano segni di stabilizzazione dopo la ‘fase di liquidazione'”.

Bezalel e Richards prevedono che gli asset rifugio come i titoli di Stato continueranno a stabilizzarsi a tempo debito e a proseguire il loro trend di relativa sovraperformance, ma in generale gli investitori dovrebbero essere pronti a una maggiore volatilità. Nel segmento delle obbligazioni societarie, molte aziende saranno influenzate negativamente dalle misure di contenimento del virus adottate e il rischio di downgrade aumenterà man mano che un numero crescente di società sarà colpito dal rallentamento economico, in allargamento. Per questo motivo il sell-off sui mercati del credito è stato finora grave quanto quello dei titoli azionari.

In risposta alla crisi, sono stati annunciati numerosi programmi di stimolo monetario e fiscale in tutto il mondo. Tra questi, la Bank of England ha tagliato i tassi base dallo 0,25% allo 0,1%, la Reserve Bank of Australia ha tagliato i tassi dallo 0,5% allo 0,25% e ha annunciato quantitative easing e il controllo della curva dei rendimenti, mentre la Banca Centrale Europea ha annunciato un nuovo programma di acquisto di obbligazioni, per un valore totale di 750 miliardi di euro.

Le mosse più significative, tuttavia, sono arrivate dagli Stati Uniti, dove il governo ha annunciato un pacchetto di stimolo fiscale da 2mila miliardi di dollari. Nel frattempo, sul fronte della politica monetaria, la Federal Reserve ha annunciato l’acquisto di una quantità illimitata di titoli del Tesoro statunitense (ovvero un quantitative easing illimitato) e ha impegnato 300 miliardi di dollari per l’acquisto di obbligazioni societarie investment grade e titoli garantiti da asset (asset-backed securities). Questa è la prima volta che la Fed acquisterà debito societario per sostenere il mercato del credito, quindi la mossa è stata inaspettata e ha avuto un impatto positivo sui mercati.

“La differenza fondamentale nella risposta politica attuale rispetto alla crisi finanziaria globale – spiegano Bezalel e Richards – è l’aggiunta di misure fiscali aggressive che vengono gradualmente svelate insieme agli stimoli monetari a livello globale. Tutto sommato, c’è una quantità colossale di liquidità che viene immessa nell’economia globale. Le banche centrali segnalano di temere l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato. È anche incoraggiante vedere che i governi e le banche centrali hanno imparato la lezione del 2008 e faranno tutto il necessario per garantire il pieno funzionamento del sistema bancario”.

Tutto ciò è in definitiva positivo sia per i titoli di Stato che per i mercati del credito corporate, “anche se è opportuno ribadire che rimarranno volatili. Con il perdurare della volatilità, non è improbabile che si possa assistere all’intervento della Fed per l’acquisto di azioni, come sta facendo da tempo la Bank of Japan. Siamo da molto convinti che i mercati sviluppati alla fine seguiranno il percorso economico tracciato dal Giappone”, sottolineano gli esperti di Jupiter AM.

Che proseguono: “Sui mercati dei cambi abbiamo assistito a movimenti drastici, con un notevole rafforzamento del dollaro Usa che ha sovraperformato tutte le principali valute. In qualità di valuta di riserva mondiale, riteniamo che stiamo entrando in un periodo in cui il dollaro Usa sarà il re, spinto in parte dalla carenza di dollari nei mercati offshore. Ciò causerà probabilmente un notevole danno all’economia globale, soprattutto nei mercati emergenti, dove il debito denominato in dollari è stimato intorno ai 12mila miliardi in aggregato: semplicemente non ci sono abbastanza dollari che vadano al mondo esterno in questo momento critico. Diverse economie del Medio Oriente, in particolare l’Oman, sono destinate a soffrire a causa del forte calo del prezzo del petrolio, poiché esso riduce i ricavi in dollari della regione, il che potrebbe a sua volta minacciare l’ancoraggio valutario in dollaro statunitense”.

In conclusione, “stiamo cercando attentamente segnali che il mercato abbia prezzato l’impatto peggiore del coronavirus. Questo non accadrà probabilmente fino a quando i livelli di infezione non raggiungeranno il picco in Europa e negli Stati Uniti. Quel giorno sembra ancora molto lontano. Per usare la Cina come esempio, ci è voluto circa un mese per raggiungere il suo picco di infezioni, ma ciò è avvenuto con misure di blocco molto più severe di quanto non sia probabile che avvenga in Occidente. Una nota positiva è che l’attività economica in Cina ha appena iniziato a riprendersi, il che è un segnale incoraggiante come principale motore della crescita globale. Detto questo, ci aspettiamo una lenta ripresa economica quando arriverà, non un rimbalzo a V“.

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