Coronavirus, la terza ondata colpisce i mercati emergenti

Dopo la prima ondata dell’epidemia di Covid-19 in Cina e in Asia orientale, e la seconda in Europa occidentale e Nord America, una terza ondata sembra ora in atto in diversi paesi emergenti. I mercati emergenti e i paesi di frontiera possono beneficiare delle esperienze e delle misure più efficaci messe in atto nei paesi colpiti in precedenza dalla pandemia. Tuttavia, la maggior parte di questi paesi non dispone di sistemi sanitari adeguati e delle risorse per affrontare l’emergenza sanitaria rispetto ai paesi sviluppati. L’epidemia da Covid-19 avrà effetti negativi molto significativi sulle prospettive economiche dei mercati emergenti, portando a recessioni. E’ l’analisi di Yerlan Syzdykov, Global Head of Emerging Markets, Alessia Berardi, Head of Emerging Markets Macro & Strategy Research e Abbas Ameli-Renani, Portfolio Manager, Emerging Markets Debt di Amundi.

In quale fase della pandemia si trovano i mercati emergenti? Quali paesi saranno, a vostro parere, maggiormente colpiti e quali potrebbero essere gli impatti economici su queste economie?
Analizziamo lo sviluppo dell’epidemia in modo sequenziale, in tutto il mondo. Abbiamo registrato il primo focolaio nella Cina continentale a gennaio 2020; il secondo focolaio si è verificato in Corea del Sud e nei paesi occidentali (Europa e Stati Uniti) nella seconda metà di febbraio; infine, nelle ultime settimane, abbiamo assistito a una sorta di terza ondata nei paesi emergenti e di frontiera. Tra i mercati emergenti, in termini di curva delle infezioni, Turchia, Brasile e Russia sembrano essere i più colpiti, seguiti da India e Perù. Detto questo, riteniamo ragionevole sottolineare che il numero dei decessi è ancora basso rispetto ai livelli registrati nei paesi sviluppati. Per quanto riguarda questa terza ondata di epidemia, la buona notizia è che i mercati emergenti e i paesi di frontiera possono beneficiare delle misure più efficaci messe in atto dai paesi già colpiti dalla pandemia. D’altro canto, la cattiva notizia è che la maggior parte dei paesi emergenti non dispone di sistemi sanitari adeguati per affrontare la grave epidemia in atto. Per quanto riguarda gli impatti economici, la combinazione della diffusione dell’epidemia e delle relative misure di blocco attuate per contenerla, insieme agli shock esterni derivanti da una domanda più debole dall’estero e da flussi turistici più deboli, spingerà i mercati emergenti in recessione. La profondità e durata di tale recessione dipenderanno principalmente dalla dinamica della curva delle infezioni, dalla durata del blocco e dalla disponibilità a livello globale (accessibile anche ai paesi più poveri) di trattamenti per il virus e/o di un vaccino. Le difficoltà per la domanda interna saranno amplificate nelle economie più aperte, quelle ben integrate nella catena dell’offerta globale, o per i paesi esportatori di materie prime, così come in quelle economie più piccole altamente dipendenti dai flussi turistici.

Qual è la vostra valutazione riguardo alle azioni finora intraprese dalle autorità internazionali? I pacchetti di aiuti annunciati dal Fmi sono sufficienti per far fronte alla situazione?
Le autorità internazionali, come il Fmi e la Banca Mondiale, sono intervenute per sostenere le economie emergenti. Nelle ultime settimane, ad esempio, il Fmi ha ricevuto quasi 100 richieste di fondi o di allentamento del servizio del debito e le sta rapidamente analizzando. Il Fmi ha già diversi strumenti a disposizione, tra cui i Diritti Speciali di Prelievo (Special Drawing Rights – Sdr). Esistono due strumenti di finanziamento di emergenza con meno condizionalità rispetto a un vero e proprio programma del Fmi – i cosiddetti Rapid Credit Facility (Rcf) e Rapid Financing Instrument (Rfi) – entrambi accessibili ai paesi più poveri. A questi si può accedere in aggiunta ad un programma preesistente del Fmi, come ad esempio l’erogazione di fondi all’interno del programma Rcd approvato per il Niger.
Il Fmi ha diverse linee di credito, come la Flexible Credit Line (Fcl) per i paesi con vulnerabilità minime e istituzioni forti (il rinnovo richiesto dalla Colombia per il 2020 sarà probabilmente approvato) o la Precautionary Liquidity Line (Pll) per i paesi con vulnerabilità moderata. Nel contesto attuale, la questione riguarda più l’aumento della capacità di prestito che la disponibilità di una pluralità di strumenti. Ciò che il Fmi sta cercando di fare è rilanciare i suoi strumenti per aumentare le risorse disponibili: ad esempio, grazie al recente sostegno da parte di Regno Unito, Giappone, Paesi Bassi e Cina, il Catastrophe Containement and Relief Trust (Ccrt) è stato in grado di fornire un allentamento del servizio del debito a 25 paesi membri del Fmi (500 milioni di dollari): tra questi figurano la Repubblica democratica del Congo, il Gambia, il Mozambico, il Nepal e l’Afghanistan. Il Fmi sta chiedendo maggiori risorse ai suoi membri per fornire un ulteriore alleggerimento del servizio del debito nell’ambito del Ccrt per un periodo di due anni. Strumenti come i Sdr sono importanti nel contesto dei paesi di frontiera, come i piccoli paesi dell’Africa sub-sahariana che hanno bisogno di cuscinetti di riserve. Tuttavia, diventano meno adeguati in termini di dimensioni se consideriamo i mercati emergenti e i paesi di frontiera come un universo. Anche in questo caso, sono necessarie maggiori risorse.
Un ultimo punto riguardante la valutazione dell’impatto dell’allentamento del debito/cancellazione del debito è il ruolo della Cina. Negli ultimi anni, la Cina è diventata un creditore più importante per le piccole economie (ricche di risorse di base) in tutto il mondo. Quando parliamo di riduzione del debito, non dovremmo sottovalutare l’importanza di questo creditore non istituzionale e la natura commerciale dei suoi prestiti. Ciò può essere considerato un limite all’efficacia delle iniziative del Fmi e per ottenere maggiori risorse dagli Stati Uniti.

Vi aspettate che vengano implementate ulteriormente le politiche monetarie e fiscali? Quali paesi hanno più spazio di manovra e quali sono più vulnerabili?
Nel complesso, le autorità dei mercati emergenti si sono spostate verso un allentamento più aggressivo. A questo punto, lo stimolo è ancora guidato più dalle autorità di politica monetaria che dalle autorità fiscali, con poche eccezioni. Ad esempio, la South African Reserve Bank ha recentemente tagliato i tassi di 100 punti base in una riunione non programmata, mentre la Bank of Indonesia e il Ministero delle Finanze di quel paese hanno recentemente compiuto uno sforzo coordinato per pianificare un pacchetto di stimoli fiscali triennale. Nella sua ultima riunione, la Bank of Indonesia non ha agito sul tasso di politica monetaria, favorendo le misure macroprudenziali. In questa fase, ci si aspetta di più e dovrebbe arrivare, a nostro avviso, dal fronte fiscale. Detto questo, nell’universo dei mercati emergenti, al di là della valutazione diretta dello stimolo come sufficiente a rimettere in carreggiata i diversi paesi, dobbiamo considerare alcuni effetti associati legati agli stimoli politici, dove c’è poco spazio di manovra e forti vulnerabilità. La combinazione di tassi di crescita recessivi, un dollaro forte e prezzi del petrolio molto bassi potrebbe innescare declassamenti del rating (forte aumento osservato nelle ultime settimane), crisi valutarie e default nei casi peggiori. Al fine di valutare le difficoltà che i mercati emergenti stanno attraversando, dobbiamo valutare la fragilità fiscale e le vulnerabilità esterne. Di fatto, le metriche di bilancio nel 2020 peggioreranno sulla base del livello recessivo della crescita e delle misure fiscali attuate per affrontare la crisi del Covid-19. Allo stesso tempo, un dollaro forte o una valuta locale debole aumentano le vulnerabilità esterne. Sulla base di tutte le variabili, abbiamo elaborato un’analisi di stress da cui emerge che paesi come il Sudafrica, la Colombia, l’Ungheria o la Malesia sono più esposti su entrambi i fronti. Il Messico si troverebbe in una posizione peggiore se includessimo le passività potenziali sul fronte fiscale. Si tratta di un’analisi che continuiamo ad aggiornare sulla base del costante flusso di notizie riguardanti i fattori macroeconomici e gli annunci di politica economica.

Implicazioni dei bassi prezzi del petrolio per un periodo più prolungato sulle economie emergenti: quali paesi sembrano destinati a beneficiarne maggiormente?
In primo luogo, vorremmo sottolineare che il prezzo di equilibrio del petrolio basato sul modello domanda/offerta è attualmente molto più basso di quanto non fosse all’inizio dell’anno (da circa 55 $/bbl agli attuali 35 $/bbl), con il collasso della domanda. Il recente accordo OPEC+ ha agito sul fronte dell’offerta e per il momento ha stabilizzato la dinamica dei prezzi del petrolio, ma non ha risolto l’enorme gap tra domanda e offerta. Il contesto attuale favorisce i paesi importatori netti di petrolio, come India, Turchia o persino Cina, migliorando le loro posizioni esterne, mentre ha un impatto negativo sui paesi esportatori netti di petrolio, come Russia, Colombia, Messico e i paesi del Golfo. Tra i paesi produttori ed esportatori di petrolio, alcuni stanno soffrendo più di altri a causa dei maggiori costi di produzione o delle maggiori perdite fiscali. A questo proposito, la Russia è meglio posizionata rispetto alla maggior parte dei paesi del Golfo.

Le prospettive di investimento

Le classi di attività dei mercati emergenti sono state interessate da forti deflussi. Ritenete che il sentiment del mercato cambierà e qual è il fattore chiave per guardare avanti?
Il sentiment ha già iniziato a migliorare nei mercati emergenti, sia in termini di prezzi delle attività finanziarie che di flussi. Pensiamo che il principale fattore scatenante sia stato il “panico politico” da parte dei policymaker globali su due fronti: 1) i timori per la salute che hanno portato all’attuazione di politiche di lockdown che hanno permesso agli investitori di prevedere un eventuale trend di ribasso nella diffusione del virus; e 2) i timori di depressione economica che hanno portato a pacchetti di stimolo in tutto il mondo. La combinazione di questi due fattori ha fatto sì che i mercati fossero in grado di guardare oltre il periodo di completo collasso dell’attività economica. Riteniamo che il fattore chiave per guardare avanti sarà la durata delle misure di blocco che dovranno rimanere in vigore e se il rischio di una seconda ondata di diffusione del virus si concretizzerà una volta che le misure saranno gradualmente revocate.

Qual è la vostra opinione sulle attuali valutazioni nei mercati emergenti?
Riteniamo ci sia valore nel debito esterno dei mercati emergenti, in particolare nel segmento high yield, dove gli spread si sono già ampliati ai livelli della crisi finanziaria globale. Riteniamo che i titoli sovrani high yield beneficino dei significativi supporti forniti dalle istituzioni finanziarie internazionali. Ciò è già entrato in gioco sulla base della recente approvazione all’erogazione di fondi da parte del Fmi a paesi come il Ghana, il Senegal e il Gabon. Nell’ambito del debito in valuta locale, siamo positivi sulla dinamica dei tassi, considerando la crisi del Covid-19 come uno shock deflazionistico. Il livello relativamente basso del debito denominato in dollari tra i principali paesi emergenti e l’assenza di pressioni inflazionistiche dovrebbero consentire alle banche centrali dei mercati emergenti di ritenere accettabile un certo indebolimento delle loro valute. Non vediamo alcuna pressione su tali banche centrali per aumentare i tassi e prevediamo un significativo allentamento monetario in generale in futuro. Le valute dei mercati emergenti sono la nostra classe di attività meno favorita. Lo shock di crescita negativo per i mercati emergenti è significativo. L’assenza di margini di manovra fiscali tra le economie dei mercati emergenti implica che la maggior parte delle decisioni espansive pesano sulle banche centrali dei mercati emergenti. Ciò potrebbe erodere il differenziale di interesse a favore delle valute emergenti, rendendo tale classe di attività vulnerabile a una continua sottoperformance.

Vi aspettate che i paesi ristrutturino il debito in futuro e questi eventi sono già prezzati?
Sì, ci aspettiamo che alcuni paesi ristrutturino il debito nel 2020. Tali paesi comprendono, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, Argentina, Libano, Zambia ed Ecuador. Se da un lato potremmo assistere a maggiori ribassi rispetto ai livelli attuali, dall’altro la maggior parte dell’aggiustamento si è già verificata, a nostro avviso, in termini di movimenti dei prezzi delle attività.

Quali sono le vostre principali convinzioni in merito a obbligazioni e azioni dei mercati emergenti?
Nel debito sovrano in valuta forte, tra i paesi del Golfo vediamo un valore elevato in Bahrein grazie alle importanti riforme economiche. Vediamo inoltre valore in Indonesia, visti i risultati ottenuti a livello macroeconomico negli ultimi anni, e riteniamo che sarà in grado di superare la tempesta fiscale legata al Covid-19. Riteniamo che il debito quasi sovrano in America Latina offra un interessante rapporto rischio/rendimento in Brasile, Messico e Perù. Infine, per la prima volta dal primo semestre del 2019, riteniamo che il potenziale rialzo del debito sovrano argentino sia superiore al potenziale ribasso.
Per quanto riguarda il debito in valuta locale, vediamo valore negli attivi russi sia per la dinamica valutaria che per la dinamica dei tassi. Riteniamo che in Messico ci sia spazio di riduzione dei tassi, soprattutto rispetto alla Colombia. Per quanto riguarda la Colombia, siamo negativi sul peso colombiano, in quanto riteniamo che la valuta debba indebolirsi ulteriormente per far fronte ai problemi della bilancia dei pagamenti. Per quanto riguarda il Sud Africa, vediamo valore nella dinamica dei tassi, ma non in quella valutaria, in quanto riteniamo che la valuta abbia ampi spazi di deprezzamento, date le dinamiche di crescita estremamente deboli. Infine, in Asia restiamo negativi sulle valute sensibili alla crescita, come Cina e Corea del Sud. Riteniamo che il ringgit malese abbia spazio per un ulteriore deprezzamento e che la rupia indonesiana abbia già registrato la maggior parte del suo aggiustamento.
Per quanto riguarda le azioni, siamo relativamente difensivi: preferiamo i paesi con cuscinetti fiscali (alcune economie asiatiche, come la Cina) in quanto sono in una posizione migliore per far fronte ai crescenti deficit a sostegno della crescita rispetto a quelli con uno spazio di manovra limitato. Inoltre, in questo momento, abbiamo una preferenza per i paesi con solide basi domestiche, poiché riteniamo che mostreranno resilienza durante questa fase di ridotta attività economica. D’altro canto, siamo molto difensivi sui paesi legati alle materie prime, alle esportazioni e al turismo, come i paesi dell’America Latina. Riteniamo che la Russia resti una convinzione di lungo termine e crediamo che si riprenderà non appena il prezzo del petrolio risalirà. A livello settoriale, abbiamo una forte convinzione sulla tecnologia e sull’IT e stiamo analizzando opportunità di investimento nei settori ciclici in Asia alla luce del miglioramento riguardo alla diffusione dell’epidemia di Covid-19 nell’area.

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