Emergenti, i benefici sul lungo periodo superano le difficoltà imminenti

A cura di Polina Kurdyavko, Head of Emerging Markets di BlueBay Asset Management

Pur non essendo mai stata un’amante dei gatti, tre settimane fa mi sono trovata ad adottarne uno, Freeda, quando il suo padrone, uno studente giapponese, è stato richiamato in patria dai genitori per i timori legati a Covid-19. Questo nuovo arrivo ha spinto tutta la famiglia a capire rapidamente come gestire un gatto. Mi sembra che gli investitori nei mercati emergenti, in modo simile, abbiano dovuto fare un corso accelerato su come investire nell’era del Covid-19 e del prezzo del petrolio a 25 dollari. Come posizionare i portafogli in fasi di incertezza come questa?

Gli indici sull’obbligazionario emergente sono scesi del 10-20% nel mese di marzo. Riteniamo che una strategia bilanciata che sovrappesi i bond investment grade più solidi, insieme ai crediti che vengono già scambiati a livelli distressed, rappresenti il giusto approccio al momento. Tra i bond investment grade che hanno visto ampi riprezzamenti pur continuando a offrire ampie riserve e liquidità troviamo, tra i sovrani, Russia, Qatar, Israele e Cina. Alcuni altri Paesi sono già a livelli distressed (Argentina, Ecuador, Libano), il “dolore” è già stato prezzato dagli investitori e l’insieme dei rischi che stanno affrontando è di natura più procedurale.

Ma cosa significa questa crisi per i mercati emergenti? Quali bond racconteranno una storia di successo e quali una storia disastrosa? Quali sono le fonti di approvvigionamento di liquidità e la loro condizionalità? Gli investitori condivideranno l’onere del debito e quale sarà il percorso per la ristrutturazione? Abbiamo cercato di rispondere ad alcune di queste domande.

Gran parte dei Paesi asiatici considerati investment grade – circa un terzo dell’obbligazionario emergente – rappresentano storie di successo. La Cina è stato il primo Paese a rispondere in modo efficiente alla sfida del virus, beneficiando al contempo di prezzi del petrolio inferiori. Per questo l’attività economica in alcuni settori, come il real estate, è quasi tornata alla normalità. Altre storie di successo riguardano i mercati che non necessitano di finanziamenti in dollari e che hanno bilanci solidi, compresi Russia e alcuni Paesi dell’Europa emergente (come la Polonia), oltre a Cile e Perù in America Latina.

Dall’altro lato, ci aspettiamo che il Fmi fornirà liquidità a quei Paesi che non hanno riserve o mercati domestici sufficientemente strutturati per i loro bisogni di liquidità. Tali programmi solitamente prevedono il focus su una spesa più contenuta e su un’agenda di riforme, ma questa volta riteniamo che l’atteggiamento sarà più accomodante, per aiutare i Paesi ad affrontare la crisi umanitaria. Sebbene sia probabile che gli investitori inizialmente accoglieranno positivamente questa notizia, la questione si sposterà rapidamente sulla sostenibilità del debito e sul peso che potrebbe ricadere sui creditori.

Per i grandi emittenti high yield, come Sudafrica e Turchia, riteniamo che l’assistenza del Fmi sarà fondamentalmente legata alla volontà dei Paesi di impegnarsi. In passato entrambi i Paesi si erano dimostrati riluttanti ad entrare nei programmi del Fmi, affidandosi ai mercati domestici che contano per due terzi del debito totale, nella volontà di mantenere autonomia a livello di politiche. Riteniamo che entrambi i Paesi potrebbero ricredersi se la crisi da Covid-19 dovesse durare più a lungo del previsto.

Per altri Paesi high yield più piccoli, ci sono diverse opzioni a disposizione per ristrutturare il debito. Riteniamo che lo scenario migliore sarebbe sul modello di ristrutturazione del debito seguito dall’Uruguay nel 2003. Il Paese ha chiesto uno sgravio di liquidità senza tagli di capitale o cedole ed è stato in grado di garantire un’operazione volontaria con oltre il 90% dei creditori, che ha esteso il suo profilo di scadenza di cinque anni. Un’alternativa sarebbe una ristrutturazione del debito con una parziale ripartizione degli oneri, come fatto dall’Ucraina nel 2014.

La regione più a rischio a nostro avviso è l’Africa Subsahariana: se il prezzo del petrolio dovesse rimanere così represso e l’impatto del virus dovesse estendersi fino a fine 2020, potremmo vedere svariati Paesi in questa regione muoversi verso la ristrutturazione del debito. Lo scenario peggiore a nostro avviso sarebbe un default del debito senza spazio per la negoziazione, come successo per esempio a Cuba negli anni ’80 o in Venezuela nel 2017. Non ci aspettiamo tuttavia che i Paesi emergenti compresi negli indici rientreranno in questa categoria.

Sebbene questa crisi abbia alcune similitudini con quelle precedenti, mostra anche aspetti inusuali. Generalmente dopo una crisi i livelli di debito scendono, questa volta invece è probabile che il mondo ne uscirà con un debito più elevato. Alla fine, dovremo confrontarci con il dilemma di una crescita inferiore combinata con un debito più elevato. Ci sono tre modi di gestire tale problema: tassi negativi, inflazione o cancellazione del debito. Pur essendo una crisi globale, manca una risposta politica globale proveniente da un fronte unito. Semmai, sembra che le autorità stiano perseguendo un’agenda più nazionalista di prima.

Nonostante gli ostacoli imminenti, pensiamo che, in ultima analisi, questa crisi si tradurrà probabilmente in un bisogno strutturale di rendimento e il credito sovrano emergente potrebbe essere nella posizione migliore per rispondere a questa necessità. In passato, di fronte a dislocazioni simili, il credito emergente ha generato rendimenti a doppia cifra nei due anni successivi e questa crisi non sarà un’eccezione. Alcuni Paesi emergenti probabilmente beneficeranno dell’iniezione di liquidità, mentre altri potrebbero dover seguire un percorso di ristrutturazione con sfide di breve termine, offrendo nonostante ciò il potenziale per gestire i problemi strutturali e implementare un’agenda di riforme nel medio periodo.

Di fronte a una crisi scatta in tutti noi la modalità sopravvivenza. Pur non sottovalutando le sfide attuali, è bene ricordare che spesso i benefici di lungo termine superano le difficoltà nel breve. Sebbene il percorso non sia ancora chiaro, nel giro di pochi anni quando valuteremo gli effetti della crisi, probabilmente vedremo cambiamenti strutturali positivi in alcuni Paesi emergenti e un universo di investimento che ha offerto il potenziale per rendimenti a doppia cifra.

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