Sportelli trasparenti: una montagna di carta

di Giuseppe G. Santorsola*

Entra in vigore dal 2010 la nuova disciplina della Banca d’Italia sulla “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e di correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”. Sostituisce la precedente del 2003, con l’obiettivo difficile e sfidante di creare un Testo Unico e garantire al cliente informazioni più semplici con una corretta percezione dei diritti, degli obblighi e dei costi connessi ai servizi, nonché una migliore concorrenza delle condizioni fra i diversi intermediari e una sana e prudente gestione e organizzazione interna degli intermediari.

Una plausibile motivazione dell’intervento è riconducibile alla eccessiva sequenza di episodi negativi del trascorso decennio quali i tango bonds, le obbligazioni Cirio e Parmalat, il trattamento dei conti correnti, la incostante disciplina contrattuale dei mutui, l’offerta non conforme di prodotti derivati e la gestione non trasparente della commissione di massimo scoperto. Il tutto ha messo in discussione il ruolo della banca quale collettore istituzionale del risparmio nelle sue più capillari formule, con potenziali impatti sui rischi legali e reputazionali delle banche. Le nuove regole, che tengono conto del tipo di servizio e delle caratteristiche della clientela, prevedono: la semplificazione del contenuto dei documenti per i prodotti più diffusi (conti correnti e i mutui); una più chiara illustrazione dei diritti, con guide pratiche elaborate di fatto dalla Banca d’Italia; una maggiore immediatezza delle informazioni rese, sopratutto sui costi dei servizi; l’invio al correntista di un rendiconto annuale per confrontare i costi effettivi del conto corrente con quelli di analoghi prodotti; la disciplina di un conto corrente semplice, caratterizzato da un canone annuo fisso per la clientela dai bisogni più standard e di base. Il documento ripropone un intervento “registico” della Banca d’Italia che si contrappone agli schemi degli ultimi due decenni di azione “arbitrale”, conseguente alla liberalizzazione dei mercati e alla armonizzazione comunitaria delle normative.

Ciò è da leggere come l’insoddisfazione delle Autorità in merito alla autoregolamentazione reclamata più volte alle banche, sviluppata con l’operazione Patti Chiari, di fatto mai completata e abbandonata nel tempo da diversi istituti bancari. L’obiettivo è certamente condivisibile nello spirito con talune perplessità applicative: i tempi di implementazione delle procedure sono lenti e disomogenei; i passaggi contrattuali riproporranno nei rapporti con la clientela difficoltà già riscontrate nella applicazione della direttiva MiFID sui servizi finanziari; si può temere la creazione di abbondante documentazione cartacea, di obblighi di firma e di una ulteriore difficoltà nella gestione della relazione con il cliente, già opacizzata negli ultimi anni.

*Università Parthenope di Napoli

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