Per Finma UBS deve dare i nomi al fisco americano

L’Autorità federale di vigilanza dei mercati finanziaria (Finma) ha impugnato il provvedimento ed è ricorsa contro la sentenza del Tribunale amministrativo federale (TAF), che il 5 gennaio scorso aveva giudicato illegale la trasmissione al fisco americano dei dati relativi a circa 300 clienti di UBS. 

 

Per l’Autorità la legge che regola il settore finanziario prevede che FINMA è responsabile anche della salvaguardia della funzionalità dei mercati finanziari, quindi assolvendo questa funzione, il Consiglio di amministrazione della FINMA, dopo consultazione con il Consiglio federale nel febbraio 2009, ha ordinato la consegna di dati dei clienti in quanto, in base a un’analisi approfondita della situazione, ha ritenuto fosse l’unica soluzione possibile per sottrarsi alla minaccia incombente di un procedimento contro la banca da parte delle autorità penali statunitensi che avrebbe compromesso l’esistenza della banca stessa e peggiorato gravemente le sue condizioni di liquidità, comportando possibili ripercussioni negative sull’intera economia svizzera.

 

La FINMA ha basato la sua decisione sugli articoli 25 e 26 della Legge sulle banche che le conferiscono il potere e il dovere, se vi sono “fondati timori” di “seri problemi di liquidità”, di ordinare “misure di protezione” definite in modo non esaustivo nella legge. Queste ultime, analogamente agli strumenti esplicitamente previsti dalla legge quali la moratoria o il divieto di effettuare pagamenti, possono anche pregiudicare i diritti di singoli creditori. Le misure di protezione possono essere adottate autonomamente, senza che vi sia un legame con un procedimento di risanamento o di fallimento.

 

Presentando ricorso la FINMA coglie l’occasione per sottoporre alla verifica del Tribunale federale il margine legale di manovra concessole dalla legge vigente quale ultima istanza nelle situazioni di crisi.

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