Coronavirus, in Italia riduzioni retributive solo in un’azienda su dieci

Due aziende italiane su tre prevedono che la pandemia da Covid-19 avrà un impatto negativo sul business nel prossimo anno, ma solo una su dieci ha ridotto le retribuzioni, una percentuale costante in base alla diversa tipologia di dipendenti. Lo rivela l’indagine “2020 Covid-19 Survey, Italy” condotta da Willis Towers Watson su 55 aziende di grandi dimensioni, per il 75% multinazionali, attive in Italia nei principali settori di mercato.

Metà dei datori di lavoro (49%) prevede poi di ridurre temporaneamente l’orario di lavoro, ma nessuno prevede di farlo attraverso dei licenziamenti. Tre aziende su quattro stanno modificando invece gli obiettivi del sistema di incentivazione di breve periodo, adattandoli alla situazione secondo un’analisi discrezionale che tenga anche conto della motivazione delle persone.

Riguardo al telelavoro, se prima della pandemia la maggior parte delle organizzazioni aveva meno del 25% delle persone che lavorano da casa, ora in 7 aziende su 10 gli smartworker sono più del 75%. Il dato è sensibilmente più alto rispetto agli Stati Uniti, dove un’indagine parallela (Covid-19 Employer Readiness Survey) ha rilevato che l’aumento è stato dal 14% al 39%.

Prevale l’incertezza sull’orizzonte temporale su cui si dovranno applicare queste misure: il 78% non aveva fissato, al momento del sondaggio, alcuna data di fine a causa dell’incertezza della situazione.

“Stiamo vivendo un momento cruciale dal quale potrebbe scaturire una vera e propria reingegnerizzazione del nostro Paese. L’efficacia dello smartworking, riconosciuta sia dai datori di lavoro che dai lavoratori, darà un nuovo impulso alla digitalizzazione e alla modernizzazione del lavoro”, dice Edoardo Cesarini, Amministratore Delegato di Willis Towers Watson.

Tutti i datori di lavoro hanno intrapreso azioni per proteggere la sicurezza dei loro dipendenti: le più diffuse sono la disinfezione dei luoghi di lavoro (94%), la disponibilità agevolata di gel igienizzanti (92%) e l’utilizzo dei device aziendali per lo smart working (87%).

“Proteggere la salute dei dipendenti, dei clienti e della comunità è una preoccupazione primaria per tutti i datori di lavoro, tuttavia le aziende, soprattutto quelle quotate, devono tenere conto anche dei risultati finanziari”, commenta Rodolfo Monni, Responsabile Indagini Retributive di Willis Towers Watson in Italia. “Questo è un momento di leadership determinante per molte organizzazioni – spiega Monni -. I datori di lavoro che intraprendono azioni forti per mettere le persone al primo posto saranno nella posizione migliore per migliorare il benessere dei dipendenti, ripristinare la stabilità e raggiungere il futuro successo aziendale”.

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