Ma non è una novità. “Un veloce sguardo al passato evidenzia come M2 sia cresciuto del 56% da settembre 2008 (crisi di Lehman Brothers), mentre il bilancio aggregato di Bce, BoJ e Federal Reserve è più che triplicato. La differenza tra le due serie è una misura dell’utilizzo della politica monetaria cosiddetta ‘non convenzionale’. Ma non solo”, aggiunge Tentori. “È anche una misura generale del gap che si apre tra l’economia reale e il mondo della finanza. Dietro al concetto effimero di stabilità dei prezzi, si cela una delle più grandi operazioni di de-leveraging del settore privato nella storia. Quando qualcosa va storto nell’economia subentra la banca centrale con il Qe, in modo tale da sostenere le quotazioni e permettere cosi una graduale riduzione dei rischi finanziari accumulati durante il periodo di espansione congiunturale. Questa è l’essenza della ‘central bank put’, dottrina promulgata nei 19 anni di Alan Greenspan a capo della Fed”.
La stabilità dei prezzi è quindi stata raggiunta? “Una domanda lecita, direi, visto il massiccio utilizzo del Qe, della enorme ingerenza delle banche centrali nella relazione millenaria tra rischio e rendimento. Guardiamo alla media storica della variazione dei prezzi al consumo da settembre 2008 a oggi: 1.6% negli Stati Uniti, 1.3% in Eurozona e 0.3% in Giappone. Qualcosa è andato storto, ma non per i mercati, dove l’indice S&P 500 si è rivalutato di ben 190%. Sarà così anche questa volta? Questo non lo so, dipenderà in larga parte dalla durata effettiva della pandemia e del lockdown delle economie. Ma se l’economia dovesse riprendersi anche solo marginalmente più in fretta di quanto è prezzato, allora ci troveremmo con un eccesso di liquidità a rincorrere un deficit di asset finanziari. È probabile che il rally azionario partito il 24 marzo (+30% a oggi) non sia null’altro che una espressione di questo enorme surplus di liquidità sui mercati“.