Obbligazioni, apertura di credito o recupero prematuro?

A cura di Massimo De Palma, Responsabile team Multi Asset Italia di Gam (Italia) Sgr

Le minori tensioni globali hanno consentito al credito di recuperare parzialmente dopo la forte discesa dei due mesi precedenti. Rientro dagli eccessi o recupero prematuro? Cosa ci dicono per ora i dati.

Gli spread del credito negli ultimi mesi hanno registrato escursioni violente, mentre gli operatori da un lato cercavano faticosamente di quantificare gli effetti destabilizzanti del virus su attività produttive e consumi, e dall’altro quelli del petrolio, la cui caduta verticale ha sensibilmente peggiorato i fondamentali dell’intero comparto dell’Energia. La correzione è stata particolarmente marcata sul segmento high yield: in due mesi l’indice globale ha ceduto più del 20% e lo spread è passato dai 360 punti base del 20 gennaio ai 1100 circa del 25 marzo. Da questo massimo, complice la maggior fiducia nel carattere transitorio della crisi covid, lo spread si è compresso fino ai 760 punti base attuali. Con la medesima scansione temporale, l’investment grade è passato fra febbraio e marzo dai 90 ai 240 punti base di spread, per poi ripiegare a 190 punti base. A fronte di un recupero degli indici nell’ordine del 40-50%, ci sembra opportuno condurre qualche riflessione.

Innanzitutto, cosa prezzano i mercati? I valori descritti sono compatibili con un tasso atteso di insolvenza del 2,7% nel caso dell’investment grade e dell’11% sugli high yield globali. Per quanto riguarda i junk bond europei, le attese implicite nei prezzi si attestano al momento al 9%.

Confrontando questi valori con gli ultimi report delle principali agenzie di rating, i quali prevedono un’escalation dei tassi d’insolvenza fino al 4-6% nell’anno in corso e all’8% nel 2021 per i titoli con peggior merito creditizio, possiamo concludere che i mercati prezzino un’evoluzione favorevole della crisi e in tempi ragionevoli, con una bassa probabilità assegnata a scenari più deteriori. Anche lo spread del settore dell’energia di 1200 punti base implica un tasso di insolvenza elevato (17%), ma in linea con le attese per il 2020.

L’high yield a questi livelli presenta dunque opportunità di lungo periodo, ma rimane esposto a diversi rischi. Il principale è il fattore tempo: un prolungamento della crisi, e dei suoi effetti su domanda e offerta, aprirebbe alla possibilità di “tassi d’insolvenza a due cifre, specialmente nel 2021”, come segnalato nel report di Fitch di metà aprile. In secondo luogo, l’high yield statunitense, contrariamente a quello europeo, ha un’incognita aggiuntiva, legata all’alto peso del comparto dell’energia.

Per quanto concerne l’investment grade, il livello di spread attuale appare interessante, soprattutto nel contesto del supporto offerto da banche centrali e governi. Anche in questo ambito però ampia diversificazione e selettività appaiono d’obbligo. A maggior ragione in questa crisi, la cui configurazione colpisce come mai avvenuto in passato alcuni settori (trasporto aereo, materiali, consumi ciclici, etc) risparmiandone altri.

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