L’allarme suona ancora più forte

di Patrizio Pazzaglia

Il campanello d’allarme cui si era accennato la settimana scorsa si è fatto più squillante, complici le influenze negative a seguito di alcuni interventi dialettici e operativi da parte delle autorità istituzionali.
A quello, per ora di tipo verbale, riguardante la minaccia di Obama di riscrivere regole più rigide per il sistema finanziario a stelle e strisce, si è aggiunto, da parte cinese, il provvedimento di aumento della riserva obbligatoria delle banche locali, al fine di limitare l’eccessiva espansione del credito. L’impatto di una regolamentazione che limiti il trading proprietario delle banche americane e le partecipazioni dalle stesse detenibili in quote di hedge funds e fondi di private equity è stato stimato da JP Morgan in circa 13 miliardi di minori ricavi già a partire dal prossimo anno.
Al di là dell’effetto psicologicamente negativo sui mercati borsistici, le dichiarazioni di Obama, seppure vagamente populiste soprattutto alla luce della perdita di consenso delle ultime settimane, non sono criticabili se l’obiettivo è la stabilità del sistema finanziario di medio-lungo termine. L’importante è che non si esageri intervenendo con limiti troppo stringenti, ma non è pensabile che l’America corra questo rischio rappresentato da un eccesso di dirigismo.
La parte Repubblicana e le fortissime lobbies della finanza Usa limiteranno infatti l’efficacia e lo spessore dell’eventuale riforma e queste interferenze potranno risultare benefiche, costituendo un deterrente nei confronti di provvedimenti troppo indigesti agli operatori di Wall Street.
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