I nuovi trend economici dopo il lockdown

A cura di Nathan Sheets, Chief Economist di Pgim Fixed Income, gestore delegato di Pramerica Sgr

La pandemia di coronavirus ha causato crisi umanitarie, sociali ed economiche senza precedenti per ampiezza e rapidità di diffusione a livello globale, lasciando i governi, i sistemi sanitari, le comunità, le aziende e le famiglie sopraffatte. Oltre un terzo della popolazione mondiale è stata in isolamento. La crescita globale del Pil nel 2020 è stata rivista al ribasso di oltre 7 punti percentuali, passando dal +3,3% prima della crisi al -4,3% attuale. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, questa vicenda potrebbe portare a una perdita di 9mila miliardi di dollari nella produzione globale attesa entro la fine del 2021.

Anche dopo la fine del grande lockdown che abbiamo vissuto, è probabile che la crisi porti a importanti cambiamenti strutturali e ciclici in tutto il mondo. Dal punto di vista economico, la recessione globale causata dalla pandemia potrebbe raggiungere un’intensità che non si vedeva dalla Seconda Guerra Mondiale. Oltre alle risposte fiscali e monetarie fino ad ora viste, ci sarà un impatto sull’occupazione, l’inflazione, il risparmio, gli investimenti e la stabilità finanziaria per molti trimestri a venire. Sul piano sociale, con le minoranze e le famiglie meno abbienti fortemente colpite, la crisi del coronavirus alimenterà le crescenti tensioni dovute all’aumento delle disuguaglianze di reddito e di ricchezza. Dal punto di vista politico, il grande lockdown intensificherà il braccio di ferro tra globalizzazione e sovranità nazionale, poiché la necessità di una risposta multilaterale a un agente patogeno che non rispetta i confini nazionali si contrappone alla necessità di chiudere i confini per proteggersi.

Riteniamo che gli investitori debbano concentrarsi su quattro cambiamenti strutturali che probabilmente riplasmeranno i modelli di business aziendali ben oltre l’attenuarsi della crisi legata al coronavirus.

• Una biforcazione delle supply chain internazionali in (a) catene di fornitura più resilienti, diversificate e multiregionali e (b) catene di fornitura “restaurate” che ritornino ai propri mercati nazionali, sia per una logica economica, sia per intervento del governo.
• Una transizione nella gestione delle scorte, da un modello efficiente e snello di tipo “just in time” a scorte più consistenti “just in case”, soprattutto a monte, in quanto le aziende bilanciano i costi di magazzino con l’incertezza legata all’approvvigionamento.
• Un’accelerazione significativa della tendenza verso imprese “weightless”, costruite su modelli leggeri in termini di capitali e tecnologicamente avanzati, basate su investimenti in software, ricerca & sviluppo, dati e proprietà intellettuale.
• Un ripensamento del modello di comunità urbana “live, work, play”, degli spazi per uffici di co-working che alimentano la gig economy, e della logistica, nonché degli spazi di deposito e stoccaggio delle merci necessari per sostenere le prossime ondate di ecommerce e retail online.

Fragilità nascoste nelle supply chain internazionali

Uno degli impatti più immediati e dannosi della pandemia da coronavirus è stato il drammatico collasso delle supply chian internazionali. Questo processo è iniziato in Cina, che ora rappresenta circa il 20% delle importazioni di beni intermedi e strumentali a livello globale.

Apple, ad esempio, dopo aver subìto la chiusura delle fabbriche cinesi a febbraio, ha improvvisamente fronteggiato nuove chiusure in Italia, Germania, Malesia e Corea del Sud, dove sono basati molti dei suoi produttori di componenti. Nel frattempo, i lockdown in Perù, Cile, Canada e Mongolia hanno bloccato le attività minerarie che producono le materie prime per la maggior parte dei componenti essenziali per gli smartphone.

La nostra ipotesi è che le catene di fornitura post-crisi si divideranno in due segmenti divergenti: un gruppo di aziende si affiderà in maniera ancora più significativa alle catene di fornitura globali, aumentandone la resilienza e diversificando geograficamente su più sedi; un altro gruppo farà un passo indietro rispetto all’esternalizzazione internazionale e farà ricorso all’automazione per riportare le attività sui mercati nazionali. In entrambi i casi, questo accelererà una tendenza che stava già emergendo a causa dell’aumento del costo del lavoro e dei rischi di una guerra commerciale: la diversificazione delle catene di approvvigionamento per il settore manifatturiero in luoghi lontani dalla Cina e verso altre aree geografiche.

Just in time vs. just in case

Per decenni, le aziende hanno cercato di ridurre i costi e la complessità delle proprie attività. Questa ricerca di efficienza ha portato all’uso estensivo della produzione “just in time” (Jit) e a uno snellimento della manifattura. La riduzione delle scorte in eccesso – che possono includere materie prime, semilavorati e persino prodotti finiti stoccati presso il produttore prima della spedizione – è un elemento essenziale per snellire la produzione. Infatti, il crescente patrimonio di “big data”, di intelligenza artificiale e di analisi avanzata dei dati ha permesso alle aziende di avvalersi di un maggior numero di strumenti per stimare la domanda dei consumatori intermedi e finali e perfezionare la gestione delle scorte, proprio con un modello Jit.

La pandemia in corso ha messo a nudo la mancanza di resilienza e flessibilità nell’attuale gestione dell’inventario di molte aziende, in particolare nei settori a monte della catena produttiva, dove le opportunità di sostituzione sono molto più limitate.

Le imprese weightless scaleranno i vertici più velocemente

Le aziende di tutto il mondo si sono spogliate delle loro caratteristiche tradizionali (fabbriche, macchinari e uffici brulicanti di dipendenti) andando ad adottare modelli a bassa intensità di capitali e asset, concentrandosi sugli investimenti in beni immateriali come la proprietà intellettuale, i software, le piattaforme online, i dati e gli algoritmi proprietari. Le attività immateriali rappresentano ora il 70% del valore dell’S&P Europe 350 e l’85% del valore dell’S&P 500 Usa. Un’accelerazione della transizione secolare verso aziende sempre più agili, ossia weightless, sarà una delle più importanti conseguenze commerciali del grande lockdown.

Man mano che le misure di distanziamento fisico si sono diffuse a livello globale, innumerevoli attività sono state forzate a operare a distanza: istruzione, assistenza sanitaria, vendita al dettaglio online. L’accelerazione forzata in termini di portata e ritmo nell’adozione della tecnologia durante la pandemia, che si è verificata in questi settori, ma in generale in qualunque business, probabilmente non si invertirà nell’era post-Covid. La maggior parte dei consumatori e dei lavoratori non ha avuto altra scelta e ha adottato soluzioni online, remote e virtuali. Avendo già pagato i costi di apprendimento e di adozione e avendo sperimentato la facilità d’uso di queste nuove tecnologie e soluzioni online, questi utenti non torneranno alle loro abitudini precedenti.

Purtroppo, questa tendenza accelera anche il superamento di operatori storici tradizionali e forse anche delle aziende che si sono aperte tardi al digitale. Gli investitori dovranno posizionare i loro portafogli in modo da evitare la potenziale morìa di questi operatori tradizionali, spinta tra l’altro dall’ulteriore rafforzamento delle aziende leader sul piano tecnologico.

Le aziende superstar, vale a dire quelle che dominavano il regno dell’online prima del grande lockdown, forse hanno tratto il massimo dal brusco passaggio all’attività virtuale, emergendo come infrastrutture insostituibili, nonché come fornitori di servizi essenziali. Conglomerati tecnologici come Tencent, Microsoft, Alibaba e Amazon, con una gamma tentacolare di servizi per le imprese e per i consumatori finali, hanno beneficiato enormemente del significativo aumento dell’attività online. Sono stati ben posizionati per catturare le impennate della domanda nel mondo virtuale, in ogni ambito, dal cloud computing, allo streaming di musica e video, agli strumenti di collaborazione, agli acquisti online e ai giochi.

Ripensare immobili e uffici

Assisteremo anche all’accelerazione di alcuni trend di lungo periodo nel settore immobiliare. Gli uffici non scompariranno ma si adatteranno a causa dell’esperienza del lavoro a distanza legata al lockdown e all’esigenza di igienizzazione e di rispetto delle regole di distanziamento, che ridurrà la domanda di spazi condivisi. L’industria e la logistica beneficeranno del nuovo segmento di consumatori pronti a fare la spesa online di generi alimentari e di altri beni deperibili e della pressione sulle complesse catene di approvvigionamento globali, che appunto, come detto, porterà probabilmente a un aumento dell’attività manifatturiera nazionale e nei Paesi vicini. Le proprietà residenziali, infine, cresceranno di valore al crescere dei requisiti di sicurezza e di spazio che presenteranno. Il lockdown infatti porterà probabilmente a un incremento del lavoro a distanza e a un aumento della domanda di uno spazio personale sicuro.

Conclusioni

Gli effetti delle crisi a cascata indotte dal coronavirus stanno ancora emergendo e i contorni del mondo dopo la pandemia rimangono molto incerti. Nel breve termine, una grave recessione globale dominerà l’attenzione delle imprese, dei politici e degli investitori. Allo stesso tempo emergeranno alcuni cambiamenti strutturali più duraturi. La nostra ricerca ha individuato diversi potenziali cambiamenti secolari. Solo il tempo ci dirà quali resteranno impressi nel panorama aziendale molto tempo dopo che le cicatrici finanziarie del grande lockdown si saranno rimarginate.
È imperativo per gli investitori di lungo termine guardare oltre l’immenso sconvolgimento di oggi per considerare come questo evento impatterà domani sui loro portafogli.

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